Gesù non è un fantasma
I fantasmi fanno sempre paura, e anche quando il cinema ha provato a farci qualche film commedia, l’elemento paura c’è sempre anche tra una risata e l’altra. I fantasmi sono spesso rappresentati come qualcosa di incorporeo che assomiglia vagamente alla persona defunta. Il fantasma non si può toccare e non può avere contatti con il mondo vivente se non con una apparenza semi invisibile. Il fantasma in fondo dice che la persona defunta non c’è più e il distacco è per sempre.[better-ads type=”banner” banner=”84722″ campaign=”none” count=”2″ columns=”1″ orderby=”rand” order=”ASC” align=”right” show-caption=”1″][/better-ads]
Gesù non è un fantasma! Lo ha già detto una volta ai suoi discepoli (Vangelo di Marco 6,45-52) quando appare camminando sul lago, e al grido di paura “è un fantasma!” lui risponde “sono io”, indicando non solo che è lui in carne ed ossa ma anche che in lui è presente concretamente Dio (“sono io” è il nome di Dio rivelato a Mosè sul Monte). Anche dopo la resurrezione Gesù fa di tutto per far capire che il suo ritorno come vivente non è da fantasma, ma come reale nuova presenza concreta. Gesù nella storia non è un fantasma ma il suo corpo è ancora nel mondo: Gesù Cristo continua ad agire, amare, camminare, toccare, amare in modo concreto nella storia attraverso il suo corpo che la Chiesa, la comunità dei battezzati.
La Solennità del Corpo e Sangue del Signore (il Corpus Domini) celebra proprio questo, cioè la Chiesa Corpo del Signore e L’Eucarestia come presenza reale di Gesù nella sua Chiesa. Gli evangelisti raccontano che nell’Ultima cena Gesù con un pane e con il calice del vino dona ai discepoli i segni della sua presenza e una sorta di sintesi della sua storia. Con un pane spezzato e condiviso, e con un calice di vino, Gesù dice “questo sono io” e anche “questo siete voi nel momento in cui siete in comunione con me e tra voi”. Il Maestro e amico compie questi gesti per i suoi discepoli prima che di affrontare la sua passione, morte e resurrezione. Questi festi dell’ultima cena la Chiesa successivamente li ha raccolti come modalità per non perdere la fede nella presenza reale di Gesù dentro la storia, per far si che non rimanga di lui un fantasma.
Quando celebro l’Eucarestia con la mia comunità, in quei gesti e parole della liturgia, sento che Gesù davvero è concreto, reale, presente. La sua presenza è in quel pane e in quel vino, nella comunità che celebra, nelle Parola proclamata. La Chiesa è il Corpo di Cristo, lo rende reale e attuale, per questo “deve” celebrare l’Eucarestia, per non perdere questa identità profonda e non ridurre Gesù ad un fantasma del passato di cui si ricordano le gesta lontane. È vero, va riconosciuto con franchezza, che le nostre assemblee domenicali non sempre sono una immagine “forte” di questa presenza corporea di Cristo: l’unità di chi è presente a messa non è così sincera e il senso di fraternità è spesso molto debole. E questo è evidente anche dalla modalità con cui viene vissuta la messa, dove il canto, la risposta, il calore tra le persone sono molto bassi.
Tutto questo poi si riflette inevitabilmente anche nel modo di essere Corpo di Cristo fuori dalla celebrazione quando la comunità cristiana non risulta così unita, e la testimonianza di Cristo nel mondo sembra più di facciata che di sostanza. La comunità quindi diventa più un fantasma di Cristo che il suo Corpo reale. Raccogliamo ancora l’invito di Gesù a salire “nella stanza al piano superiore” e celebrare con lui la Cena. La Messa ogni domenica è l’occasione rinnovata settimanalmente di ritrovare Gesù vivo e presente, nel pane e nel vino, nella sua Parola e nella sua Comunità. Il Corpo e Sangue di Cristo che assumiamo in chiesa, diventano per noi occasione per diventare sempre di più Corpo e Sangue di Gesù nel mondo. E da fantasmi anche noi diventiamo Gesù morto e risorto per tutti.