Quarta domenica di Quaresima
1 Sam 16,-13/ Ef 5,8-14/Gv 9,1-41
Illuminazioni
La sete infinita di infinito della Sposa samaritana, ora, è colma, sazia.
Non ha più vergogna della sua fragilità affettiva, della sua vita disordinata, degli inganni dati e ricevuti pur di avere una goccia d’acqua.
Stagnante.
Ora ha incontrato la sorgente. Ora lei stessa è divenuta sorgente che zampilla per le persone che, prima, non voleva incontrare. Non ci sono ostacoli, ruoli, peccati che la possano tenere lontana dallo Sposo che, stanco, l’ha cercata per amarla.
La sua è una vita passata a nascondersi, per timore di essere giudicata.
Lei è una peccatrice che diviene discepola e testimone.
Come il cieco nato.
Che storia.
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Dio ci vede
È Gesù che, passando, vede il cieco nato.
Non grida, il poveretto, non chiede, forse neppure sa chi sia il Nazareno. La sua è una vita fatta di ombre, di fantasmi. Non ha mai visto la luce, come desiderarla? Perché?
E Dio lo vede, vede il suo dolore, il suo bisogno, la sua pena, la sua vergogna.
Vergogna, certo, perché è un innocente che paga i peccati de genitori. Anzi, forse ha già commesso peccato nel grembo della madre, come sostenevano alcuni rabbini. È Dio che la punito, perché chiedere qualcosa a questo Dio terrificante? Così tutti pensano.
E invece.
Un po’ di fango sugli occhi, e l’uomo torna a vedere.
Gesù, intanto, se n’è andato, non vuole applausi, vuole solo dimostrare che Dio non è quel bastardo che a volte gli uomini (religiosi) dicono che sia.
Il cammino di illuminazione
Inizia un feroce dibattito: chi lo ha guarito? Perché? E perché di sabato?
Molti sono i personaggi coinvolti: la folla, i farisei, i suoi genitori, i discepoli…
Ma lui solo è il protagonista, il cieco che recupera prima la vista, poi l’onore, poi la fede.
Prima descrive Gesù come un uomo, poi come un Profeta, poi lo proclama Figlio di Dio. La fede è una progressiva illuminazione, passo dopo passo, ci mettiamo degli anni per riuscire a proclamare che Gesù è il Signore.
E anche la sua forza cresce: il suo senso di colpa svanisce, acquista coraggio. Interrogato, risponde, quando viene inquisito dai devoti, sa cosa dire. Infine è ironico, controbatte, argomenta. Come può un peccatore guarire un cieco nato? E osa: volete farvi discepoli anche voi? Non ha timore, nemmeno dei suoi genitori, pavidi, divorati dal giudizio degli altri, che si rifiutano di schierarsi, intimoriti dalla tragica logica comune.
È libero, il cieco. Ci vede, ci vede benissimo, con gli occhi e col cuore.
La tenebra
Chi crede di vedere, invece, cade nella tenebra più fitta.
Credono di sapere, i devoti, credono di sapere tutto. Non si mettono in discussione, come il cieco che ammette di non sapere. Loro sanno ed è il mondo, gentilmente, che si deve adeguare alle loro teorie. Prima dicono che il cieco mente, che non è mai stato cieco, poi affermano che Gesù è un peccatore, infine, davanti all’evidenza, perdono le staffe.
L’arroganza non ammette le ragioni degli altri, impone solo le proprie.
Credono di vedere, e sono loro i ciechi.
Accecati dalle loro false sicurezze, non si pongono dubbi. Sanno.
L’evangelista è caustico, nel suo ragionare: chi è il cieco del racconto?
Illuminazioni
È un progressivo cammino verso la luce, la fede. Nessuna apparizione o folgorazione, fidatevi, ma un lento incedere della verità in chi le lascia spazio nel proprio cuore.
Dio vede la nostra tenebra e desidera illuminare la nostra conoscenza, i nostri sensi.
E pone una sola condizione: lasciarci mettere in dubbio, porci delle domande, indagare.
Come il cieco che non sa, che si interroga, che argomenta.
Il rischio, invece, è di fare come i farisei che sono convinti di non avere nulla da sapere, nulla da capire. Sanno, e basta.
Quanti arroganti vedo intorno a me!
Nelle proprie convinzioni politiche, schierati a prescindere.
Quanti arroganti nelle proprie convinzioni agnostiche e anticlericali, atei a prescindere, rabbiosi per principio (fatevi un giro sul web!), intolleranti nel nome di una mal intesa idea di tolleranza.
Quanti arroganti fra noi cattolici, sempre armati, sulle difensive, santamente convinti di dover menare bastonate ai non credenti e, quel che è peggio, ai credenti che dubitano, che si interrogano, proprio come il cieco. Cattolici che si sentono in dovere di difendere la Chiesa a prescindere, scordandosi che essa è santa e peccatrice, sempre in riforma, cattolici che si arrogano il dovere di rilasciare patentini di cattolicità.
Lasciamo che il Signore ci restituisca la luce, lasciamo che la sua Parola ci conduca alla verità tutta intera. Le domande, gli interrogativi, ci aiutino a scoprire in lui il Signore risorto della nostra vita.