“E si misero a pregarlo di andarsene dal loro territorio”. L’esorcismo compiuto da Gesù, il primo in terra pagana secondo Marco, libera un uomo ma mette in crisi una comunità. Appena Gesù mette piede in quella terra è l’indemoniato a supplicarlo: “Non tormentarmi!”; ma poi sarà la gente della città, informata dai mandriani che hanno assistito all’accaduto, a supplicarlo di andarsene.
La presenza di Gesù destabilizza, fa traballare il fragile equilibrio su cui si regge quella comunità. Una comunità che non sa integrare la presenza di un uomo vittima di ciò che lo abita: questi vive isolato in luoghi di morte, e loro lo tengono lontano, incapaci di favorirne un cammino di umanizzazione. Una comunità che non è disposta ad assumersi il costo sociale che questo implicherebbe: la perdita di un capitale di duemila porci è già troppo! “Lo supplicarono di andarsene”: non tormentarci, la tua presenza ci mette in discussione, quel che ci chiede e che produce non ci conviene.
Gesù sbarca in terra pagana, in un paese ostile, occupato da forze che asserviscono, disumanizzanti e potenzialmente distruttive. Lui, uomo vero come Dio l’ha voluto, è straniero quando mette piede sulle terre della nostra umanità ancora da evangelizzare. Ma la sua umanità, narrazione del Padre, può rigenerare la nostra, ridestarla alla vita.
Come in questo incontro con un uomo disumanizzato, spersonalizzato, lacerato. Le forze caotiche che lo abitano e agiscono in lui lo rendono intrattabile e pericoloso per sé e per gli altri. Nel tentativo di arginare la sua violenza lo si è legato, ma invano. Piuttosto, come scioglierlo dalla sofferenza che lo lega? Come risvegliare in lui la vocazione rivolta da Dio a ogni Adamo? Come restituirgli la speranza di una dignità e un’integrità personali smarrite o forse mai conosciute?
Gesù non lo fugge. Non lo mette a tacere, entra in un dialogo, gli chiede come si chiama. Lo fa parlare perché arrivi a nominare il suo male.
Costui è abitato da Legione: quando parla dà voce ad altri, senza arriva a dire io; quando agisce è agito da forze bestiali di cui non è soggetto. L’ascolto di Gesù lo rende cosciente del conflitto interiore che lo abita e gli permette di sfogare all’esterno un male destinato ad affogare nella morte a cui tende, come i porci nel mare.
L’ascolto è già terapeutico, quando c’è possibilità di dirsi. Perché mi avviene questo? Che cosa vive in me? Domande da riformulare al noi, quando è una comunità a riflettere su di sé: da cosa ci lasciamo determinare? Che cosa ci porta dove non vogliamo? Come resistere alla disumanizzazione che ci minaccia?
Se questo rende consapevoli delle pulsioni di morte che ci abitano e ci portano a fare e farci del male, l’incontro con Gesù può essere vittoria in noi di colui che ha vinto la morte e la sua potenza. Solo lui, il Vivente, venuto a cercarci tra le nostre tombe, ha la forza di entrare nella nostra casa (cf. Mc 3,27), legare l’uomo forte (che qui ha la forza di una legione!) e salvare da se stessa l’umanità (qui spinta all’autolesionismo, disumanizzata a tal punto da agire contro se stessa).
Dio santo, Dio santo e forte, abbi pietà di noi!
fratel Fabio della comunità monastica di Bose
Dal Vangelo secondo Marco
[better-ads type=”banner” banner=”84722″ campaign=”none” count=”2″ columns=”1″ orderby=”rand” order=”ASC” align=”right” show-caption=”1″][/better-ads]
In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli giunsero all’altra riva del mare, nel paese dei Gerasèni. Sceso dalla barca, subito dai sepolcri gli venne incontro un uomo posseduto da uno spirito impuro.
Costui aveva la sua dimora fra le tombe e nessuno riusciva a tenerlo legato, neanche con catene, perché più volte era stato legato con ceppi e catene, ma aveva spezzato le catene e spaccato i ceppi, e nessuno riusciva più a domarlo. Continuamente, notte e giorno, fra le tombe e sui monti, gridava e si percuoteva con pietre.
Visto Gesù da lontano, accorse, gli si gettò ai piedi e, urlando a gran voce, disse: «Che vuoi da me, Gesù, Figlio del Dio altissimo? Ti scongiuro, in nome di Dio, non tormentarmi!». Gli diceva infatti: «Esci, spirito impuro, da quest’uomo!». E gli domandò: «Qual è il tuo nome?». «Il mio nome è Legione – gli rispose – perché siamo in molti». E lo scongiurava con insistenza perché non li cacciasse fuori dal paese.
C’era là, sul monte, una numerosa mandria di porci al pascolo. E lo scongiurarono: «Mandaci da quei porci, perché entriamo in essi». Glielo permise. E gli spiriti impuri, dopo essere usciti, entrarono nei porci e la mandria si precipitò giù dalla rupe nel mare; erano circa duemila e affogarono nel mare.
I loro mandriani allora fuggirono, portarono la notizia nella città e nelle campagne e la gente venne a vedere che cosa fosse accaduto. Giunsero da Gesù, videro l’indemoniato seduto, vestito e sano di mente, lui che era stato posseduto dalla Legione, ed ebbero paura. Quelli che avevano visto, spiegarono loro che cosa era accaduto all’indemoniato e il fatto dei porci. Ed essi si misero a pregarlo di andarsene dal loro territorio.
Mentre risaliva nella barca, colui che era stato indemoniato lo supplicava di poter restare con lui. Non glielo permise, ma gli disse: «Va’ nella tua casa, dai tuoi, annuncia loro ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ha avuto per te». Egli se ne andò e si mise a proclamare per la Decàpoli quello che Gesù aveva fatto per lui e tutti erano meravigliati.
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.
Puoi ricevere il commento al Vangelo del Monastero di Bose quotidianamente cliccando qui