Commento al Vangelo del 29 Aprile 2018 โ€“ p. Fernando Armellini

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Padre Fernando Armellini, biblista Dehoniano, commenta il Vangelo di domenica 29 Aprile 2018.

Chi appartiene a Cristo?

โ€œFuori della chiesa non cโ€™รจ salvezzaโ€. รˆ celebre questa affermazione, pronunciata nel III secolo da Cipriano, vescovo di Cartagine, e non sempre interpretata nel modo corretto.

Molti cristiani in passato hanno commesso lโ€™errore di identificare il regno di Dio con lโ€™istituzione ecclesiale cui appartenevano, hanno ostentato arroganti sicurezze, coltivato pregiudizi nei confronti delle altre religioni e definito gli altri impuri e lontani. Nei casi piรน aberranti sono anche ricorsi alla forza per costringere alla conversione e al battesimo.

Chiesa e regno di Dio non combaciano. Ci sono zone dโ€™ombra nella chiesa che si autoescludono dal regno di Dio, perchรฉ in esse alligna il peccato e ci sono margini enormi al di lร  dei confini della chiesa che rientrano nel regno di Dio, perchรฉ vi agisce lo Spirito.

โ€œPraticanteโ€ non equivale a โ€œinserito nel corpo di Cristoโ€. โ€œCredenteโ€ non รจ colui che si limita alle pratiche religiose: messa, sacramenti, preghiere, devozioni, ma chi, a imitazione di Cristo, pratica la giustizia, la fraternitร , la condivisione dei beni, lโ€™ospitalitร , la fedeltร , la sinceritร , il rifiuto della violenza, il perdono dei nemici, lโ€™impegno per la pace.

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La linea di demarcazione fra chi appartiene e chi non appartiene a Cristo non passa nel campo del sacro, ma in quello dellโ€™amore allโ€™uomo e โ€œchiunque pratica la giustizia, a qualunque popolo (e religione) appartenga, รจ accetto a Dioโ€ (At 10,35).

Per interiorizzare il messaggio, ripeteremo:

โ€œOvunque germogliano lโ€™amore, la gioia, la pace, il perdono, lรฌ รจ presente lo Spirito del Risortoโ€.

Prima Lettura (At 9,26-31)

In quei giorni Paolo, 26 venuto a Gerusalemme, cercava di unirsi con i discepoli, ma tutti avevano paura di lui, non credendo ancora che fosse un discepolo.
27 Allora Barnaba lo prese con sรฉ, lo presentรฒ agli apostoli e raccontรฒ loro come durante il viaggio aveva visto il Signore che gli aveva parlato, e come in Damasco aveva predicato con coraggio nel nome di Gesรน. 28 Cosรฌ egli potรจ stare con loro e andava e veniva a Gerusalemme, parlando apertamente nel nome del Signore 29 e parlava e discuteva con gli ebrei di lingua greca; ma questi tentarono di ucciderlo. 30 Venutolo perรฒ a sapere i fratelli, lo condussero a Cesarรจa e lo fecero partire per Tarso.
31 La chiesa era dunque in pace per tutta la Giudea, la Galilea e la Samaria; essa cresceva e camminava nel timore del Signore, colma del conforto dello Spirito Santo.

Alcuni anni dopo la sua conversione, Paolo decise di fare un viaggio a Gerusalemme. Voleva incontrare Pietro e conoscere quella comunitร  che prima aveva ferocemente perseguitato. Tutti erano al corrente del suo radicale cambiamento di vita, tuttavia, nei suoi confronti, cโ€™era ancora molta diffidenza e, prima di accoglierlo, si voleva verificare la soliditร  della sua decisione (v. 26). Intervenne Barnaba, un discepolo eminente e stimato da tutti per la sua generositร  (At 4,36-37) e dedizione alla causa del vangelo. Egli conosceva bene Paolo, era al corrente della sua preparazione biblica e aveva intuito che avrebbe potuto divenire un grande apostolo. Lo prese con sรฉ e lo presentรฒ alla comunitร .

Dopo questo primo, difficile impatto con i nuovi fratelli di fede di Gerusalemme, per Paolo si aprรฌ subito un aspro conflitto con gli esponenti piรน fanatici dellโ€™istituzione religiosa giudaica i quali cercarono addirittura di ucciderlo. Lo consideravano un eretico, un traditore della fede e delle tradizioni dei padri (vv. 28-30). Era solo lโ€™inizio di una lunga serie di persecuzioni che lโ€™Apostolo avrebbe sopportato per Cristo.

Il messaggio contenuto in questo episodio va ben oltre lโ€™informazione biografica.

Quando, per la prima volta dopo la conversione, Paolo si recรฒ a Gerusalemme, aveva giร  svolto โ€“ secondo quanto egli stesso riferisce nella lettera ai galati โ€“ un ministero apostolico nel regno dei nabatei (lโ€™attuale Giordania) e a Damasco, dove lโ€™etnarca del re Areta aveva cercato di catturarlo. Non aveva annunciato Cristo ai pagani di propria iniziativa: la missione gli era stata affidata, lungo la via di Damasco, dallo stesso Gesรน (Gal 1,11-16). Eppure, malgrado avesse ricevuto una rivelazione davvero speciale, non si sentรฌ autorizzato ad agire indipendentemente dai fratelli di fede, volle subito instaurare rapporti stretti con la comunitร  madre di Gerusalemme, presieduta da Pietro.

Avrebbe avuto mille ragioni per seguire la propria strada. Prima degli altri aveva intuito le scelte pastorali giuste, si era reso conto che la comunitร  cristiana rischiava di chiudersi in un ghetto, che avrebbe dovuto sciogliere gli ormeggi che la tenevano legata allโ€™istituzione giudaica e lanciarsi verso il mondo. Ma erano una minoranza coloro che, nella chiesa, la pensavano come lui e lo stesso Pietro era esitante.

Che fare? Andarsene per proprio conto, senza curarsi degli altri?

Attraverso il comportamento di Paolo, lโ€™autore degli Atti vuole lanciare un messaggio a coloro che, anche oggi, si dedicano con passione alla causa del vangelo, ma si sentono poco capiti dalla loro comunitร ; devono affrontare incomprensioni e divergenze e forse sono tentati di abbandonare tutto o di isolarsi. Paolo ha cercato, fin dallโ€™inizio, lโ€™unitร  con i fratelli di fede e, anche in seguito, nessun contrasto riuscรฌ mai ad allontanarlo dalla comunione ecclesiale.

Seconda Lettura (1 Gv 3,18-24)

18 Figlioli, non amiamo a parole nรฉ con la lingua, ma coi fatti e nella veritร . 19 Da questo conosceremo che siamo nati dalla veritร  e davanti a lui rassicureremo il nostro cuore 20 qualunque cosa esso ci rimproveri. Dio รจ piรน grande del nostro cuore e conosce ogni cosa.
21 Carissimi, se il nostro cuore non ci rimprovera nulla, abbiamo fiducia in Dio; 22 e qualunque cosa chiediamo la riceviamo da lui perchรฉ osserviamo i suoi comandamenti e facciamo quel che รจ gradito a lui.
23 Questo รจ il suo comandamento: che crediamo nel nome del Figlio suo Gesรน Cristo e ci amiamo gli uni gli altri, secondo il precetto che ci ha dato. 24 Chi osserva i suoi comandamenti dimora in Dio ed egli in lui. E da questo conosciamo che dimora in noi: dallo Spirito che ci ha dato.

Anche se ci sforziamo di vivere in modo coerente con la nostra fede, ci rendiamo conto di rimanere peccatori e Giovanni ce lo ricorda allโ€™inizio della sua lettera: โ€œSe diciamo che siamo senza peccato, inganniamo noi stessi e la veritร  non รจ in noiโ€ (1 Gv 1,8). Come sapere allora se siamo uniti a Cristo oppure no, se siamo tralci in cui รจ presente la sua linfa, cioรจ il suo Spirito o se siamo rami secchi e improduttivi?

Lo stupore di Gesรน di fronte alla fede della donna cananea (Mt 15,28) e del centurione di Cafarnao, la sua esclamazione: โ€œPresso nessuno in Israele ho trovato una fede cosรฌ grandeโ€ (Mt 8,10), la constatazione che esistono tanti pagani buoni e generosi, come Cornelio che โ€œfaceva molte elemosine al popolo e pregava sempre Dioโ€ (At 10,2) obbligano a chiedersi se chi, pur non essendo battezzato, conduce una vita integra non sia in qualche modo giร  unito a Cristo.

Nel brano di oggi Giovanni risponde a questi interrogativi e suggerisce il criterio che permette di stabilire chi appartiene realmente a Cristo. Ciรฒ che discrimina non รจ il fatto di avere il proprio nome scritto nei registri della parrocchia, ma di accogliere lo Spirito che รจ libero come il vento, che non si lascia monopolizzare da alcuna istituzione, nemmeno da quella ecclesiale e agisce in chiunque lo accolga.

Cโ€™รจ un segno inequivocabile della sua presenza: le opere di amore.

Nel versetto che precede immediatamente il nostro testo, Giovanni introduce cosรฌ il suo pensiero: โ€œSe uno ha ricchezze di questo mondo e vedendo il suo fratello in necessitร  gli chiude il proprio cuore, come dimora in lui lโ€™amore di Dio?โ€ (v. 17) e conclude: โ€œFiglioli, non amiamo a parole nรฉ con la lingua, ma coi fatti e nella veritร โ€ (v. 18). Il segno della presenza dello Spirito di Cristo non sono le professioni di fede proclamate a parole, ma le opere concrete in favore dellโ€™uomo.

Colui che non possiede lo Spirito di Dio non puรฒ produrre opere di amore, se le compie รจ segno che รจ unito a Cristo e a Dio.

Anche coloro che non hanno conosciuto Cristo, se amano, possono essere certi di avere in sรฉ la vita divina, perchรฉ โ€œlโ€™amore รจ da Dio e chiunque ama รจ generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perchรฉ Dio รจ amoreโ€ (1 Gv 4,7-8).

La lettura continua con una delle affermazioni piรน belle di tutta la Bibbia. Se facciamo un bilancio della nostra vita, siamo costretti ad ammettere di avere commesso errori, ci rendiamo conto di essere stati condizionati da difetti e da abitudini che non siamo stati capaci di correggere; per questo non riusciamo a liberarci dal pensiero che anche Dio ci rifiuti e ci condanni, come fa il nostro cuore.

La risposta di Giovanni รจ consolante: se ci impegniamo nellโ€™amore concreto al fratello, non dobbiamo piรน aver paura delle nostre miserie, delle nostre fragilitร  e nemmeno del giudizio severo pronunciato dal nostro cuore; di qualunque cosa esso ci rimproveri, potremo rassicurarlo, perchรฉ โ€œDio รจ piรน grande del nostro cuoreโ€ (v. 20).

La piรน diabolica delle tentazioni รจ quella che ci fa immaginare Dio piรน piccolo del nostro cuore. Una madre รจ disposta a perdonare qualunque errore al figlio, anche se egli non รจ pentito del male commesso. Eppure questa stessa madre puรฒ essere convinta che Dio, essendo giusto, un giorno manderร  suo figlio allโ€™inferno. Chi non rifiuta questo pensiero ritiene che Dio sia piรน piccolo del suo cuore.

Vangelo (Gv 15,1-8)

In quel tempo Gesรน disse ai suoi discepoli: 1 โ€œIo sono la vera vite e il Padre mio รจ il vignaiolo. 2 Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perchรฉ porti piรน frutto. 3 Voi siete giร  mondi, per la parola che vi ho annunziato.
4 Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non puรฒ far frutto da se stesso se non rimane nella vite, cosรฌ anche voi se non rimanete in me. 5 Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perchรฉ senza di me non potete far nulla. 6 Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano.
7 Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarร  dato. 8 In questo รจ glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli.

5a Domenica di Pasqua anno B

La terra promessa รจ ricordata, nella Bibbia, non solo come quella dove โ€œscorrono latte e mieleโ€, ma anche quella dove crescono vigne e ulivi (Gs 24,13). Ogni famiglia ebrea coltivava, accanto alla casa, la vite che forniva ombra durante la lunga estate (1 Re 5,5) e preziosi grappoli che in parte venivano essiccati per fare uva passa e in parte erano pigiati per ottenere vino buono e forte.

Associate spontaneamente alla gioia e alla festa, la vite e la vigna sono usate spesso, nella Bibbia, in modo simbolico, sono espressione delle benedizioni di Dio. Anche Gesรน, cresciuto nel mondo agricolo della Palestina, si รจ servito di queste immagini nelle sue parabole e allegorie.

โ€œIo sono la vera viteโ€ (v. 1) รจ lโ€™affermazione solenne con cui Gesรน esordisce nel vangelo di oggi.

Per cogliere il significato e anche la componente provocatoria di questa frase รจ necessario tenere presente che la vigna del Signore, cantata dai profeti, era Israele, vite che aveva prodotto frutti copiosi di fedeltร , quando era โ€œcome uva nel desertoโ€ (Os 9,10) e quando rispondeva alle premure di Dio: โ€œLa vigna รจ deliziosa, cantate di lei! Io, il Signore, ne sono il guardiano, a ogni istante la irrigo; per timore che venga danneggiata, io ne ho cura notte e giorno. Vi fossero rovi e pruni, io muoverei loro guerra, li brucerei tutti insiemeโ€ (Is 27,2-5).

Simbolo di Israele-vigna del Signore era, nel tempio di Gerusalemme, la vite dโ€™oro che ricopriva le pareti del vestibolo e che andava sempre piรน estendendosi, grazie ai tralci, ai grappoli e ai pampini dโ€™oro offerti dai pellegrini.

La vigna-Israele era stata piantata sul terreno fertile di una collina, ma deluse il suo Dio e cominciรฒ a produrre uva acida (Is 5,1-4). Il Signore se ne dolse: โ€œIo ti avevo piantato come vigna eccellente, come mai ti sei trasformata in vigna bastarda?โ€ (Ger 2,21) e prese una decisione dolorosa, ma necessaria: โ€œToglierรฒ la sua siepe e si trasformerร  in pascolo; demolirรฒ il suo muro di cinta e verrร  calpestata. La renderรฒ un deserto, non sarร  potata nรฉ vangata e vi cresceranno rovi e pruni; alle nubi comanderรฒ di non mandarvi la pioggiaโ€ (Is 5,5-7).

Tuttavia le opere che Dio inizia non si concludono mai con un fallimento. Israele si era comportato da vite infedele, ma cosa fece il vignaiolo che โ€œsi aspettava giustizia ed ecco spargimento di sangue, si attendeva rettitudine ed ecco grida di oppressiโ€ (Is 5,7)?

Non la ripudiรฒ, nonostante le infedeltร , perchรฉ โ€œi doni e la chiamata di Dio sono irrevocabiliโ€ (Rm 11,29). Dal ceppo antico e sterile di questa vite fece germogliare, nel giorno di Pasqua, un virgulto nuovo, genuino: Cristo, la vite vera.

Gesรน รจ vite e i discepoli, che ne costituiscono i tralci, sono parte di lui ed รจ da loro che il Signore si attende frutti deliziosi: la giustizia, la rettitudine, lโ€™amore; per questo si comporta da giardiniere, da vignaiolo: li pota e li taglia (vv. 2-3).

Le due azioni erano compiute dai contadini in stagioni diverse dellโ€™anno. La prima aveva luogo durante lโ€™inverno e consisteva nellโ€™asportazione dei tralci inutili, la seconda, fatta in agosto, aveva lo scopo di rimuovere i germogli piรน deboli per favorire i migliori.

Lโ€™interpretazione piรน immediata di queste immagini puรฒ indurre alla tristezza, paiono infatti una severa minaccia nei confronti dei tralci morti e improduttivi, che potrebbero indicare i cristiani divenuti tiepidi o incoerenti con la loro fede. Il loro destino sarebbe il fuoco: โ€œChi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo brucianoโ€ (v. 6).

Si tratta di unโ€™interpretazione fuorviante e in contraddizione con la predilezione di Dio per i piรน deboli.

Potare e tagliare non sono immagini delle ritorsioni, ma delle premure di Dio nei confronti di ogni uomo e di ogni discepolo. Il fatto di essere inseriti in Cristo โ€“ o per azione diretta dello Spirito, come avviene per chi non ha ricevuto il battesimo, o per la rinascita โ€œda acqua e da Spiritoโ€, comโ€™รจ il caso dei cristiani โ€“ non mette nella condizione di produrre automaticamente frutti. I rami secchi non rappresentano gli individui che si comportano in modo poco edificante, ma le miserie, le infedeltร  al vangelo, le debolezze, i piccoli e grandi peccati presenti anche nel migliore dei discepoli. Nessuno ne รจ immune, tutti hanno un costante bisogno di purificazione.

La separazione manichea fra buoni e cattivi, fra chi si sente a posto perchรฉ appartiene allโ€™istituzione chiesa e chi ne รจ fuori, รจ una forma di arroganza spirituale e di ipocrisia. Chi vede rami secchi solo negli altri, chi pensa che solo gli altri abbiano urgente bisogno di potatura, chi pretende addirittura di escluderli dalla comunitร  o li dichiara reietti da Dio, รจ solo una persona supponente, scorge la pagliuzza nellโ€™occhio del fratello e non si rende conto della trave che cโ€™รจ nel suo (Mt 7,4).

รˆ segno di sfiducia nellโ€™opera purificatrice di Dio anche lo scoraggiamento di fronte alle miserie umane presenti nella chiesa. Le delusioni causate dai peccati di chi si professa cristiano possono portare qualcuno alla decisione sofferta di abbandonare la comunitร . Scelta comprensibile e meritevole di rispetto, ma pur sempre sbagliata. Chi non capisce i fratelli che sbagliano, chi li rifiuta si allontana anche dalla vite, Gesรน, che accarezzava i lebbrosi (Mc 1,41) ed era โ€œlโ€™amico dei pubblicani e dei peccatoriโ€ (Mt 11,19).

โ€œVoi siete giร  mondi, per la parola che vi ho annunziatoโ€ (v. 3). Non รจ una dichiarazione di innocenza dei discepoli, ma lโ€™indicazione dello strumento di cui il Padre si serve per potare.

Durante lโ€™ultima cena, Gesรน disse ai discepoli: โ€œVoi siete mondi, ma non tuttiโ€ (Gv 13,11). Si riferiva a Giuda, il discepolo che rappresenta chi, pur avendo dato la propria adesione a Cristo, coltiva progetti opposti ai suoi: il potere invece del servizio, la ricerca del primo posto invece dellโ€™ultimo. Giuda รจ lโ€™immagine di chi non permette al Padre di intervenire nella sua vita, di chi non si lascia โ€œmondareโ€ la mente e il cuore dalla parola di Dio e, per questo, corre il rischio di perire.

Il confronto con la persona di Gesรน e con la sua parola costituisce una continua, necessaria potatura. Questa parola โ€œรจ piรน tagliente di una spada a doppio taglio, essa penetra fino al punto di divisione dellโ€™anima e dello spirito, delle giunture e delle midolla e scruta i sentimenti e i pensieri del cuoreโ€ (Eb 4,12). Non cโ€™รจ angolo oscuro o segreto del cuore che sfugga alla sua luce, non cโ€™รจ ombra di morte che essa non dissolva. Indica i rami che vanno eliminati e le foglie inutili che tolgono spazio e raggi di sole ai tralci produttivi, mostra quanto siano effimere le manifestazioni esteriori di religiositร  cui non corrisponde unโ€™autentica adesione a Cristo.

Pur comportando un aspetto doloroso, essendo svolta dal Padre, questโ€™opera purificatrice รจ sempre motivo gioia; le mani di Dio feriscono solo per risanare (Gb 5,17). โ€œรˆ per la vostra correzione โ€“ spiega lโ€™autore della Lettera agli ebrei โ€“ che voi soffrite! Dio vi tratta come figli; e qual รจ il figlio che non รจ corretto dal padre?โ€ (Eb 12,7).

Le critiche, a volte dure e graffianti, che, da piรน parti, oggi sono rivolte alla chiesa, non possono essere liquidate, troppo facilmente, come espressioni astiose di gente prevenuta che non ama Cristo e che non merita alcuna considerazione. Potrebbero invece costituire richiami a una vita piรน coerente con la fede che professiamo, potrebbero essere una salutare potatura, anche se dolorosa.

A vantaggio di chi vengono prodotti i frutti? A gloria del Padre โ€“ risponde lโ€™ultimo versetto del brano (v. 8).

 Dio non si aspetta applausi e lodi. La sua gloria consiste nella manifestazione e nellโ€™effusione del suo amore sullโ€™umanitร . In vista di questโ€™opera i discepoli sono associati a Cristo, in perfetta unitร , perchรฉ insieme a lui costituiscono lโ€™unica vite.

La vite non produce uva per se stessa, ma per gli altri. Il tralcio trova la propria realizzazione quando si sente vivo, quando vede spuntare i germogli, i fiori, le foglie e i dolci grappoli.

Il cristiano non produce opere dโ€™amore per se stesso, per autocompiacersi della propria perfezione morale e nemmeno per ottenere un premio da Dio. Egli รจ come il Padre che sta nei cieli: ama senza aspettarsi nulla in cambio. La sua ricompensa รจ la gioia di vedere qualcuno felice, รจ verificare che lโ€™amore di Dio si รจ manifestato attraverso lui. Nulla di piรน, ma anche nulla di meno: questa รจ infatti la gioia stessa di Dio e, quando avrร  raggiunto in tutti la pienezza, sarร  il regno di Dio.

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[accordion title=โ€Chi รจ Fernando Armelliniโ€ load=โ€hideโ€]Ha conseguito la licenza in Teologia presso la Pontificia Universitร  Urbaniana e in Sacra Scrittura presso il Pontificio Istituto Biblico di Roma.
Ha perfezionato gli studi di storia, archeologia biblica e lingua ebraica presso lโ€™Universitร  di Gerusalemme.
Per alcuni anni รจ stato missionario in Mozambico.
Attualmente insegna sacra Scrittura, รจ accreditato conferenziere in Italia e allโ€™estero ed รจ autore di commenti alle Sacre Scritture.[/accordion]
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