Commento al Vangelo del 29 aprile 2018 – Azione Cattolica

Se per definirsi “pastore”, Gesù ha avvertito il bisogno di specificare che si tratta di “quello bello”, allo stesso modo qui per definire se stesso come “vite”, egli sente il bisogno di aggiungere questo particolare attributo, che lo caratterizza come “la vite vera”. Pertanto, non si tratta di una “vite” qualsiasi, ma di quella “vera”: questi è Gesù. Perché questa rivendicazione? È evidente qui lo sfondo veterotestamentario dell’immagine della vite e della vigna, con cui più volte viene identificato Israele.

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È intenzione del Signore non solo di appropriarsi dell’immagine, ma anche e soprattutto di evidenziarne il compimento. La vigna, scelta da Dio e da lui preparata con cura (Israele), trova il suo compimento nella persona di Gesù di Nazaret, la vera vite, di cui vignaiolo e padrone è il Padre stesso. Si sta parlando, in altri termini, del raggiungimento del progetto di Dio nell’opera di amore realizzata dal Figlio, il suo pieno compimento in Gesù.

Egli è “la vite vera”, curata premurosamente dal Padre celeste. Colpisce che coloro che sono ancorati a questa “vite” non solo vi appartengono in qualità di “tralci”, ma posseggono una specifica qualità, definita come “purezza”(«voi siete già puri»; v. 3a), motivata dall’annuncio della Parola (v. 3b). Ai tralci non resta che rimanere uniti alla vera vite, per essere esattamente tralci, che portano molto frutto e che vivono, di conseguenza, la relazione del discepolato. Il verbo maggiormente presente in questa straordinaria dialettica d’amore tra la vite e i tralci è, per l’appunto, il verbo “rimanere” (7 ricorrenze).

Esso esprime in modo meraviglioso il senso dell’appartenenza piena e totale alla vite, che è il Cristo Signore. Tra gli altri verbi, alcuni (tagliare, potare, raccogliere, gettare, bruciare) sintetizzano l‘azione del Vignaiolo nei confronti dei tralci; altri (portare frutto, non poter far nulla, chiedere, volere) esprimono l’identità straordinaria del discepolo, il quale, poiché amato e curato dal Padre, è chiamato a portare frutto e glorificare il Padre di Gesù. Portare molto frutto e divenire, di conseguenza, sempre più discepoli del Signore: questo è l’unico modo per rendere gloria al Padre che è nei cieli, lodarlo e glorificarlo.

O Vite meravigliosa di speranza, rendici tuoi tralci per sempre; fa’ che non smarriamo mai la nostra identità. Tienici fortemente ancorati a te; tagliaci, potaci, purificaci nel fuoco del tuo amore. Fa’ che amiamo il Padre tuo e nostro, affinché portando nel nostro cuore il frutto della fede, lo glorifichiamo con tutta la nostra vita. Amen.

Fonte

LEGGI IL BRANO DEL VANGELO
V DOMENICA DI PASQUA – ANNO B

Puoi leggere (o vedere) altri commenti al Vangelo di domenica 29 Aprile 2018 anche qui.

Gv 15, 1-8
Dal Vangelo secondo Giovanni

1«Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. 2Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. 3Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. 4Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. 5Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. 6Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. 7Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. 8In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli.

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

  • 29 Aprile – 05 Maggio 2018
  • Tempo di Pasqua V
  • Colore Bianco
  • Lezionario: Ciclo B
  • Anno: II
  • Salterio: sett. 1

Fonte: LaSacraBibbia.net

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