XXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO B – MARCO 7,1-8.14-15.21-23
In quel tempo, 1. si riunirono attorno a lui i farisei e alcuni degli scribi, venuti da Gerusalemme.
Da questa domenica la Liturgia riprende la lettura del Vangelo di Marco dopo l’interruzione con il capitolo sesto del Vangelo di Giovanni.
Gesù viene interrogato dagli scribi (che conoscono la legge) e dai farisei (che si lodano di osservare la legge) circa le norme liturgiche che comportavano una purezza rituale molto rigorosa, sotto pena di peccato. Per la religione ebraica l’osservanza era una questione di primaria importanza e i numerosi precetti rendevano difficile la vita della gente.
Da Gerusalemme, gli avversari erano giunti appositamente in Galilea per indagare circa la predicazione e l’attività di Gesù, forse su richiesta dei farisei del posto.
- Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani impure, cioè non lavate 3. – i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavati accuratamente le mani, attenendosi alla tradizione degli antichi
L’evangelista Marco spiega nei dettagli le usanze ebraiche in quanto si rivolge ad una comunità proveniente dal paganesimo, che non conosceva la loro cultura. Riguardo alle norme dello stare a tavola, era impossibile per gli ebrei prendere cibo con gli stranieri, con i pagani, con i peccatori, perché ritenuti impuri (cfr. Atti 10,28).
La controversia tra Gesù e i suoi avversari nasce dalle regole di purificazione in uso. Era prescritto che le mani dovessero essere lavate prima del pasto. Contravvenire a questa prescrizione significava non essere osservanti della legge.
I discepoli di Gesù, tuttavia, vanno a tavola senza prima aver fatto l’abluzione rituale delle mani. Questo comando nella Torah è rivolto solo ai sacerdoti che devono fare l’offerta, il sacrificio (cfr. Esodo 30,17-21), ma certi gruppi intransigenti e integralisti pretendono che i loro adepti si comportino come i sacerdoti che servono al tempio, con un’osservanza ossessiva di norme di purità.
Gesù vuole che i suoi discepoli siano liberi da prescrizioni che non è Dio a richiedere. Si tratta di manifestazioni esteriori che Gesù non approva perché non coincidono con la vera adesione a Dio.
- e, tornando dal mercato, non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, di stoviglie, di oggetti di rame e di letti -,
Quando tornavano dal mercato gli ebrei facevano un bagno completo per purificarsi dall’impurità contratta a contatto con le persone e con le merci. Altre norme rituali erano il lavaggio di stoviglie e di altri oggetti.
- quei farisei e scribi lo interrogarono: “Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?”.
I farisei sono scandalizzati dal comportamento trasgressivo dei discepoli, che non rispettano integralmente le norme ereditate dal passato.
Anche oggi siamo appesantiti dalle regole del potere, del mercato, della moda, della convenienza, del prestigio, ma l’unica legge che Dio ci prescrive è quella dell’amore.
Gesù è venuto per liberare l’uomo dalle schiavitù accumulate, frutto di tradizioni che non coincidono con l’intenzione del Creatore.
- Ed egli rispose loro: “Bene ha profetato Isaia di voi, ipocriti, come sta scritto: “Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me.
La compassione di Gesù si scontra con la formale esteriorità dei farisei che non si accorgono e non condividono per nulla le fatiche, le sofferenze, le angosce della gente. Gesù sana i malati che gli portano, consola gli afflitti, risuscita i morti. I farisei, invece, disquisiscono circa questioni di grande marginalità. Tutto questo fa dire a Gesù quanto grande è la distanza tra il comportamento farisaico e la bontà di Dio Padre, che ha viscere di tenerezza e di compassione per il popolo sofferente.
Il profeta Isaia (29,13) afferma la distanza tra la ritualità esterna e l’interiore adesione a Dio. Gesù riprende le sue parole ed accusa di ipocrisia i suoi avversari.
“Ipocriti!”: il termine significa “bugiardo”, “non autentico”. Nel teatro greco l’ipocrita è il protagonista principale dello spettacolo. Siccome gli attori greci e romani usavano grandi maschere appositamente costruite per amplificare la voce, il termine greco hypokritès identifica, in modo metaforico, colui che simula un personaggio che non è in realtà. In senso negativo è diventato sinonimo di astuzia e malvagità, di finzione, di ostentazione di azioni o sentimenti buoni, di dissimulazione dei difetti, di inganno.
Nel contesto evangelico “ipocrita” si riferisce a chi desidera emergere sugli altri, colui che fa del proprio io il suo dio. In questo versetto, i farisei vengono chiamati ipocriti perché si pongono una “maschera” per apparire quello che non sono. In realtà hanno il cuore lontano sia da Dio che dall’uomo.
- Invano mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di
I farisei impongono dottrine e precetti che sono frutto di giudizi umani, per detenere il potere sulle folle. Sono adoratori non di Dio, ma di se stessi.
Gesù vuole scuotere gli scribi e i farisei perché sono caduti nell’errore di stravolgere la volontà di Dio. Essi, infatti trascurano i comandamenti per osservare le tradizioni umane.
- Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini”.
I farisei pensano di rendere culto a Dio, ma in realtà sostituiscono i suoi comandamenti con precetti umani, fatti passare per volontà divina.
- Chiamata di nuovo la folla, diceva loro: “Ascoltatemi tutti e comprendete bene! 15. Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro.
La liturgia salta i versetti dal 9 al 13. Dal versetto 14 Gesù non si rivolge più ai farisei, ma alla folla: insegna che il male viene scelto dall’uomo e viene dall’interno di decisioni prese nel proprio cuore, non dall’esterno. La conseguenza dell’insegnamento di Gesù è la cancellazione delle norme rituali levitiche. Rivendica che ogni realtà vivente è buona. Azioni buone o cattive dipendono dal buono o dal cattivo uso di quanto si ha a disposizione.
- Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, 22. adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. 23. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall’interno e rendono impuro l’uomo”.
Gesù ora si rivolge ai discepoli che, tornati a casa, chiedono spiegazioni al Maestro. Elenca dodici vizi, unico elenco presente nel Vangelo. Alla base di tutti i comportamenti malvagi ci sono i ragionamenti perversi, da cui scaturiscono tutti i mali, perché ottenebrano la coscienza. Sono tutti peccati che riguardano il rapporto contro il prossimo. “Saremo giudicati sull’amore” (cfr. Matteo 25,31-46), quindi il peccato è la scelta del male, dell’odio, della divisione, dell’affermazione personale per schiacciare gli altri.
Gesù vuole che fuggiamo il pericolo di dare più importanza alla forma che alla sostanza. Dobbiamo vigilare perché la mentalità mondana non si annidi in noi, perché la vanagloria, la superbia e l’avarizia non inquinino il nostro pensare e il nostro agire. Il centro dell’esperienza di fede è l’amore a Dio e al prossimo, non il legalismo o il ritualismo.
Il fine della vita cristiana è l’unione con Dio e la comunione con il prossimo, da raggiungere liberandoci dalle sollecitazioni al male; dalle esteriorità, dal legalismo di riti formali.
Gesù ci invia ai poveri, agli esclusi, agli emarginati, come ha fatto Lui in prima persona, posando il suo sguardo sui bisogni e sulle sofferenze di quanti vivono ai margini della società.
Abbiamo bisogno di fare discernimento perché la norma ultima di comportamento sia trasparente e sincera. Solo così potremo fare la volontà di Dio e abbracciare tutti i fratelli in un unico amore.
Saremo così i benvenuti al banchetto eterno, al quale il Padre attende tutti noi, suoi figli, bisognosi di perdono, di misericordia, di tenerezza. Nel suo eterno abbraccio non ci sarà più divisione alcuna, nessuna ipocrisia, ma vivremo tutti nella verità e nell’amore. Cominciamo già qui, in terra, ad anticipare, con la conversione, questa infinita gioia!
Suor Emanuela Biasiolo delle Piccole Suore della Sacra Famiglia