Commento al Vangelo del 28 Marzo 2021 – don Giovanni Berti (don Gioba)

Passione di corpi

Quella che ascoltiamo questa domenica delle Palme è una Passione di corpi che si incontrano e si scontrano, che si toccano per dire amore o la sua assenza, per unire o per tradire.

Il corpo dell’uomo Gesù fin dal suo concepimento in Maria è luogo di tutta l’esperienza di Dio che incontra l’umanità. La nostra fede non è fatta di parole e basta, di formule o teorie, ma prima di tutto è fatta di corpi umani. Il primo quello di Gesù e poi il nostro, il mio.
Nel lungo racconto evangelico di questa domenica, con il quale da tradizione liturgica ci introduce alla Settimana Santa, ho voluto soffermare la mia attenzione più alla dimensione corporea che alle parole, consapevole che non si possono separare nettamente. Ho voluto però raccogliere la provocazione dei tanti gesti fisici descritti dall’evangelista Marco per lasciarmi davvero “toccare” da questo racconto che è sempre uguale nella forma letteraria, ma ogni volta è nuovo, non perché cambiano le parole, ma perché sono io ad essere diverso dall’ultima volta che l’ho ascoltato. Il Vangelo quindi è sempre nuovo per ognuno che lo affronta legandolo alla propria vita.

Questa Quaresima mi ha riservato una esperienza fisica davvero molto intensa, che per ben tre settimane ha occupato tutte le mie energie e pensieri. Mi sono ammalato di covid, e dopo i primi giorni di febbre nei quali sembrava avere un decorso abbastanza indolore a casa, sono stato ricoverato per due settimane in ospedale per polmonite. L’attenzione per il mio corpo e per quella cosa così banale che è il respirare è diventata la priorità su tutto. Ho davvero “toccato” con mano la mia dimensione fisica umana così fragile, e nello stesso tempo ho sperimentato come i gesti fisici più piccoli di cura da parte dei sanitari mi hanno davvero salvato, e mi hanno ridonato autonomia. Quante piccole azioni fisiche e gesti mi hanno ridonato salute e vita, sia quelli che ho visto che quelli dei quali non mi sono reso conto. Ho sentito tante mani sul mio corpo per accudirlo, pulirlo, curarlo e finalmente renderlo di nuovo autonomo. E sono stati tutti gesti di amore, fatti con tanta professionalità, ma per me erano davvero segno di un Amore più grande.

Il racconto della Passione secondo Marco si apre con un racconto che viene poco ricordato, eppure Gesù stesso dice che sarà ricordato nei secoli. Si tratta dell’episodio dell’unzione di Betania, quando poco prima del precipitare degli eventi, Gesù in casa di un lebbroso (un malato… un maledetto secondo la mentalità religiosa perversa del tempo) viene raggiunto da una donna che senza parole compie un gesto particolare, fisico, che colpisce Gesù nell’animo mentre scandalizza altri. Questa donna rompe un vaso e versa tutto il suo prezioso contenuto sul capo di Gesù. È un gesto che richiama la sposa del re che profuma il suo sposo, richiama una consacrazione che è riservata solo ai sacerdoti e richiama il gesto totale di amore che Gesù sta per fare con il suo corpo sulla croce. La donna rompe il vaso perché tutto il profumo cada su Gesù, senza tenere nulla per sé stessa, senza rimpianti o calcoli umani. Questa donna riconosce con un gesto che tutta la vita fisica di Gesù è un corpo donato agli uomini per amore, totalmente senza riserve e calcoli. Questa donna ha capito Gesù più di tutti gli altri, compresi i suoi discepoli che litigano, si scandalizzano, scappano e non sono capaci di rimanere fedeli. Il gesto di amore totale della donna fa da contrasto ad un altro gesto che Gesù riceverà sulla sua testa, il bacio di Giuda. Quel gesto fisico che in apparenza sembra amore in realtà comunica il suo contrario.

E infine è davvero singolare che un pagano, un centurione, che non è certamente un discepolo di Gesù, vedendo il modo con il quale Gesù muore arriva a capire tutto di lui (“il centurione, che si trovava di fronte a lui, avendolo visto spirare in quel modo, disse: “Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!”). La vetta della fede non passa per le parole ma per i gesti, per l’esperienza concreta della vita donata per amore.

Le due settimane di ospedale mi hanno donato questa esperienza fisica che non pensavo toccasse così profondamente anche il mio spirito. Ho capito molto del Vangelo e di come sia davvero la “buona notizia” di Dio che entra nella vita e che attraverso anche i più piccoli gesti concreti della vita, se sono per amore, mostrano Dio!

Il nostro fragile e limitato corpo è davvero luogo dell’incontro con Dio molto più del più grandioso santuario o edificio di culto. I nostri gesti d’amore, anche quelli più semplici, sono più potenti di qualunque liturgia. Posso anche pensare di avere la fede più grande del mondo, ma se i miei gesti non comunicano vita e amore, allora mi allontanano da Dio e lo tradiscono quotidianamente.
Di questa donna che versa il prezioso nardo sul capo di Gesù non viene detta l’identità, ma il Signore stesso dice che il suo gesto sarà ricordato per sempre.

Io conosco l’identità di questa donna, e ne sono profondamente certo. Il nome di questa donna è tutti i nomi di chi mi ha curato, si chi ha versato il suo tempo, la sua professionalità, la sua preoccupazione su di me. Questa donna è la mia comunità parrocchiale di Moniga che ha fatto di tutto per farmi arrivare una vicinanza che mi ha ridato energia. Questa donna sono tutti coloro che ho visto prendersi cura senza riserve e calcoli per altri.

Gesù sulla croce è morto abbandonato solo apparentemente. I suoi amici erano fuggiti ma quell’olio dal suo capo era arrivato al cuore… e così ha donato la sua vita, ha donato il suo corpo per amore, e per sempre, mostrando così la via di Dio.


Fonte: il blog di don Giovanni Berti (“in arte don Gioba”)

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