Nel grande comandamento dell’ascolto e dell’amore, il Signore Dio ci chiede di amare anche con tutta la mente. E oggi Gesù ci rimprovera proprio questo, di non usare l’intelligenza, la memoria, l’esperienza per orientarci nella vita spirituale, per discernere l’oggi di Dio, come invece usiamo fare per orientarci nella vita tout court.
Questo rimprovero di Gesù è molto importante: vivere nella fede senza usare tutta l’intelligenza che abbiamo, senza sforzarci di ricordare e di meditare per discernere nelle Scritture e nella vita ciò che è giusto, demandando ad altri la nostra responsabilità di discernere, dunque senza la passione che mettiamo nelle cose che più ci stanno a cuore, è ipocrisia, dice Gesù.
Poi racconta una parabola su ciò che è giusto, e urgente, fare: fare la pace con gli avversari, rinunciare all’inimicizia. “Quando vai con il tuo avversario davanti al magistrato, procura di accordarti con lui”. Gesù ha appena detto, nelle righe che precedono, che non è venuto a portare la pace ma la divisione, e dunque patire inimicizia è parte integrante della vita dietro a Gesù.
La vita è vista come un cammino verso chi giudicherà con giustizia tra noi e i nostri avversari che camminano con noi. Gesù, che ci ha già dato il comandamento dell’amore dei nemici, oggi ce ne dice l’urgenza e la quotidianità: camminando con l’avversario, datti da fare per accordarti con lui. E ci rivela che è innanzitutto nel nostro interesse, che accordarci con chi ci è ostile ci conviene: perché la vita dietro a Gesù ci rende consapevoli di essere noi per primi debitori e ingiusti verso il nostro prossimo, a meno che la trave nel nostro occhio non ce lo impedisca.
La vita di conversione è fatta della fatica di rigettare la propria inimicizia, che fa di noi stessi l’avversario del nostro prossimo, e della fatica di accordarsi con chi ci è ostile non per colpa nostra: questa fatica, così difficile e penosa, e che ci ripugna profondamente, Gesù dice che è la cosa migliore per noi, la sola che ci preservi dalla miseria e dalla prigione.
Accordarci con chi ci è avversario, a torto o a ragione, è supremo esercizio di libertà: da se stessi, dai torti subiti, dalle proprie pretese, dall’idea fasulla della propria giustizia.
E noi, che temiamo le parole di chi ci è ostile come se ci potessero rovinare, scopriamo che solo le nostre parole hanno il potere di salvarci o di perderci (cf. Lc 19,22 a): quelle con cui chiediamo perdono al nostro prossimo che abbiamo ferito, e quelle con cui perdoniamo chi ci ha fatto torto.
sorella Maria della comunità monastica di Bose
Leggi il brano del Vangelo
Lc 12, 54-59
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù diceva alle folle:
«Quando vedete una nuvola salire da ponente, subito dite: “Arriva la pioggia”, e così accade. E quando soffia lo scirocco, dite: “Farà caldo”, e così accade. Ipocriti! Sapete valutare l’aspetto della terra e del cielo; come mai questo tempo non sapete valutarlo? E perché non giudicate voi stessi ciò che è giusto?
Quando vai con il tuo avversario davanti al magistrato, lungo la strada cerca di trovare un accordo con lui, per evitare che ti trascini davanti al giudice e il giudice ti consegni all’esattore dei debiti e costui ti getti in prigione. Io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo».
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.
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