Da Nazaret a Cafarnao
Il IV capitolo del Vangelo di Luca è contraddistinto dalla presenza di due note contrastanti. La prima è la lunga «nota tenuta», costituita dal riferimento al settimo giorno. Di sabato Gesù entra nella sinagoga di Nazaret (cf. Lc 4,16), insegna a Cafarnao (cf. 4,31), scaccia il demonio con la sola forza della parola (cf. Lc 4,31) senza infrangere il precetto sabbatico (attende la fine del settimo giorno per guarire i malati imponendo loro le mani, Lc 4,40). L’altra nota è la presenza di un ripetuto contrasto. Il riposo tranquillo e sicuro del sabato (cf. Gen 2,3; Es 20,8-11; Dt 5,12-15) deve fare i conti con una realtà di segno opposto: l’ostilità dei propri concittadini a Nazaret (cf. Lc 4,23-30), la potenza del demonio a Cafarnao (cf. Lc 4,33-35), la forza della malattia in casa di Simone (cf. Lc 4,38-39).
A Nazaret la svolta narrativa è repentina e all’apparenza persino immotivata. Gesù sembra comportarsi come una specie di «maestro del sospetto»; pare infatti svelare quanto era celato sotto uno stupore ammirato e innocente: «Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati (verbo thaumazein) delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: “Non è costui il figlio di Giuseppe?”» (Lc 4,22). La replica di Gesù suona troppo dura: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico cura te stesso” (…) In verità io vi dico: nessun profeta è ben accetto nella sua patria» (Lc 4,23-24). Una delle ragioni di questo brusco salto di tono è imputabile all’operazione di smussare gli spigoli propria di Luca. Il terzo Vangelo presenta infatti come testimoniale una meraviglia espressa da Marco in tono più ruvido: «“Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle non stanno tutte qui da noi?”. Ed era per loro motivo di scandalo» (Mc 6,3).
Luca ricorre al più consueto patronimico («figlio di Giuseppe») in luogo di un più inquietante matronimico («figlio di Maria») e sopprime ogni riferimento ai fratelli e alle sorelle. Inoltre egli propone la scena della sinagoga di Nazaret come atto iniziale della missione di Gesù; perciò, a differenza di Marco e Matteo, non è nelle condizioni di descrivere i prodigi compiuti in precedenza a Cafarnao e in altre zone della Galilea.
Il «nemo propheta in patria» in Luca diviene quindi improvviso e quasi ingiustificato. Per rendere ragione di questo passaggio repentino sono chiamati in causa antichi esempi nei quali Elia soccorre la vedova di Sarepta ed Eliseo guarisce Naman il siro senza che i due profeti facessero nulla in favore delle vedove e dei lebbrosi di Israele (cf. Lc 4,25-27; cf. 1Re 17,1-6; 2Re 5,1-14).
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QUARTA SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO
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Lc 4, 21-30 Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù cominciò a dire nella sinagoga: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato». Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!”». Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidòne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro». All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino. C: Parola del Signore. A: Lode a Te o Cristo.Fonte: LaSacraBibbia.net
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