È ormai scesa la sera, e noi siamo imbarcati con lui. È una traversata, quella che ci attende. Ma ancora non sappiamo che cosa il buio porterà con sé: forse una navigazione tranquilla; o nubi gravide di pioggia? Stanotte, sarà maltempo, mentre lui riposa, vicinissimo ai suoi e, insieme, lontanissimo, immerso nel sonno: novello Giona! (cf. Gn 1,4-6).
Presenza e assenza, tempesta e bonaccia, ansietà e placido sonno, inquietudine e calma, ululato del vento e morbidezza di un cuscino, timore e serenità, paura e fiducia. Una scena dipinta con tratti di colori contrastanti, specchio di quelle che, spesso, sono le condizioni “meteorologiche” del nostro intimo, delle vicende relazionali, familiari, comunitarie, sociali ed ecclesiali che viviamo e che attraversiamo. Il panico assale chi teme di diventare spettatore del proprio naufragio; e il panico si fa grido, invocazione:
Svégliati! Perché dormi, Signore?
Àlzati, vieni in nostro aiuto!
Salvaci per la tua misericordia! (Sal 44,24a.27)
Strappato al suo sonno, il Cristo si desta, si risveglia (cf. Mc 4,39) – un verbo che lascia intravvedere la filigrana pasquale di questa pagina evangelica – e manifesta la sua potenza e la sua autorità sugli elementi della natura, cioè su quelle forze indomabili che, normalmente, sfuggono al controllo dell’uomo. In lui traspare un’energia di creazione e di ri-creazione, capace di instaurare l’ordine del kósmos sull’informe del cháos, in una scena che rinnova i prodigi dell’“In-principio”, quando nell’alba del mondo Dio fece sorgere la luce dall’abisso indistinto delle tenebre e separò le acque (cf. Gen 1,1-8).
Sotto gli occhi dei discepoli, increduli e incapaci di comprendere, si sta manifestando, dietro la prossimità quotidiana di quel Maestro che pensavano di conoscere, l’azione potente di Dio stesso.
Sembra di riascoltare le parole del salmista che, in tempi lontani, aveva cantato le opere meravigliose compiute dall’Altissimo:
Altri, che scendevano in mare sulle navi,
videro le opere del Signore e le sue meraviglie nel mare profondo.
Egli parlò e scatenò un vento burrascoso, che fece alzare le onde:
salivano fino al cielo, scendevano negli abissi; si sentivano venir meno nel pericolo.
Nell’angustia gridarono al Signore, ed egli li fece uscire dalle loro angosce.
La tempesta fu ridotta al silenzio, tacquero le onde del mare.
Al vedere la bonaccia essi gioirono, ed egli li condusse al porto sospirato (Sal 107,23-30).
Il Cristo compie le opere del Dio di Israele. Il che suscita inevitabilmente la domanda sulla sua identità: chi si cela dietro il volto feriale di quel Maestro che si fa compagno di viaggio, per le strade e sul mare?
Per tante vite inconsolate
la bontà consisterebbe
nell’aprire in sé
un’area di riposo
per chi geme
sotto il fardello
di segrete lividure,
nell’essere un volto
rischiarato dal proprio cuore,
una voce di gelsomino,
una bonaccia
per le tempeste interiori (G. Baudry).
Cristo è stato – ed è – quel riposo, quel volto illuminato, quella voce, quella calma sul mare. Noi, forse, siamo solo naviganti impauriti, ma – senza neppure sapere come – anche a noi può venir dato di essere, con lui e in lui, volto e voce accoglienti per i nostri compagni di navigazione, e loro per noi…
fratel Emanuele della comunità monastica di Bose
Dal Vangelo secondo Marco
In quel medesimo giorno, venuta la sera, Gesù disse ai suoi discepoli: «Passiamo all’altra riva». E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui.
Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?».
Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, càlmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?».
E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?».
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.
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