Ancora nel tempo di pasqua, ma alla vigilia dell’ascensione e pentecoste. I dodici, dopo anni di vita in comune con Gesù e soprattutto dopo i fatti di pasqua, sanno che non possono più vivere senza di lui. Non sempre l’hanno capito, ma sempre hanno sentito di appartenergli. Ora, nella stanza del cenacolo, testimone della grande liturgia che ha preceduto il calvario e dell’incontro con il risorto, ascoltano – turbati – parole di addio come “orfani”, “abbandonati”, “non mi vedrete più”. Rasentano lo sconforto perché Gesù parla di partenza e lontananza dello sposo. Resta loro un’unica presa, una sola parola: amate!
Gesù assicura che lo avrebbero rivisto coloro che lo amano. Non una semplice apparizione, ma una venuta della Trinità nel cuore di chi chiama Dio “Abbà – Padre” e identifica gli uomini come fratelli amati dallo stesso Padre. Abitati da Dio. Basta questo a cambiare e riempire una vita.
Gesù vuole una vicinanza più grande. Lo Spirito di Dio ci fa intimi della Trinità, ci porta in Dio: avvolti dall’amore del Padre, tutto manifestato nel Figlio, viviamo dello stesso spirito di unità e di comunione. Per questa cima dell’anima Gesù indica la condizione: “Se mi amate, osserverete i miei comandamenti” e il “primo” dei comandamenti è l’amore, di Dio e del prossimo. Il nome di Dio è Amore, Deus Caritas est.
Il Paràclito ricorda e insegna ogni cosa, come invoca la dolcissima sequenza: Vieni Spirito Santo, manda a noi dal cielo un raggio della tua luce. Vieni, padre dei poveri, Vieni, datore dei doni, Vieni, luce dei cuori. Consolatore perfetto, ospite dolce dell’anima, dolcissimo sollievo. Nella fatica riposo, nella calura riparo, nel pianto conforto. O luce beatissima, invadi nell’intimo il cuore dei tuoi fedeli. Senza la tua forza, nulla è nell’uomo, nulla senza colpa. Lava ciò che è sordido, bagna ciò che è arido, sana ciò che sanguina. Piega ciò che è rigido, scalda ciò che è gelido, drizza ciò che è sviato. Dona ai tuoi fedeli che solo in te confidano i tuoi santi doni. Dona virtù e premio, dona morte santa, dona gioia eterna. Amen.
Il grande teologo russo Sergej Bulgakov, nell’opera Il Paraclito, scrive: “Lo Spirito santo dimora nel mondo. Egli ci è dato, e guai a noi se non siamo nello Spirito! Ma noi preghiamo e attendiamo un nuovo dono della pentecoste universale, una nuova risposta a interrogativi senza risposta, una nuova creazione, una nuova ispirazione che trasfigurerà la vita e la trascinerà incontro a Cristo che viene. Non avendo lo Spirito, lo bramiamo, languiamo per ottenerlo. Senza di lui, tutta la nostra epoca storica freme per i brividi della morte”. Lo Spirito, il consolatore, cura i brividi di paura con le sue carezze dell’anima. Riferendosi proprio al brano del Vangelo di questa domenica, Bulgakov scrive: “L’ultimo discorso terreno di Cristo espone il mistero trinitario e glorifica la santissima Trinità: è la meraviglia delle meraviglie, il vangelo dei vangeli, la parola più dolce di Gesù dolcissimo”.
Mons. Angelo Sceppacerca
Fonte – Diocesi Triveneto