Commento al Vangelo del 26 Luglio 2020 – don Giovanni Berti (don Gioba)

“il mio tesoro…” sibila con la sua voce gracchiante Gollum, completamente soggiogato dal potere dell’anello che vuole tenere ad ogni costo! Gollum è una figura fondamentale nella storia de “il Signore degli Anelli” di J.R.R. Tolkien, che in un mondo immaginario popolato da personaggi fantastici narra lo scontro tra bene e male, e tutto ruota attorno ad un anello magico che riesce a possedere chi lo possiede, facendolo passare anche dalla parte del male. È quello che capita al povero Smeagol che venuto in possesso dell’anello forgiato dall’Oscuro Signore Sauron, pur di non perderlo viene trasformato nell’ambiguo Gollum, e proprio per la bramosia finirà distrutto anche lui insieme all’anello nel baratro infuocato di Orodruin.

Il Signore degli Anelli è diventato una saga cinematografica grazie al regista Peter Jackson che ha saputo ritrarre bene Gollum nella sua continua ambiguità tra bene e male proprio a causa del terribile anello.

Gesù parlando del Regno dei cieli, cioè della presenza e azione di Dio nel mondo, usa due esempi che in qualche modo hanno un legame con questa storia di Tolkein. Nella parabola dell’uomo che trova un tesoro nel campo, colpisce la determinazione di questo uomo nell’entrare in possesso del campo che nasconde il tesoro. L’uomo è disposto anche all’inganno pur di avere quel campo che non è suo. Nasconde il tesoro che ha scavato, non dice nulla, tanto meno al proprietario, e vende tutto per acquistarlo. Quel tesoro è il suo tesoro anche se forse non ne avrebbe diritto. Così come il cercatore di perle che trova la perla che cercava e per farla sua è disposto a rischiare tutto quel che possiede.
In questi racconti del Vangelo mi sembra davvero di rivedere la bramosia di Gollum e di tutti coloro che nella saga di Tolkien sono disposti a qualsiasi cosa, anche a perdere se stessi, per avere quel tesoro.

Gesù vuol far leva su questo desiderio profondo del tesoro per spingere ad interrogarci quanto ci teniamo davvero a Dio nella nostra vita. Dio, la sua Parola, la sua presenza e azione nella mia storia sono davvero un tesoro per me? Cosa sono disposto a dare per questo tesoro? Lo sento davvero come un “mio tesoro”?

Gesù ovviamente non sta pensando a Dio come ad una idea astratta, ma a Dio come scelta di vita, come “regno” concreto nel mondo. Ritenere Dio come tesoro della mia vita non è semplicemente e astrattamente il “credere che Dio esista”, ma avere Dio come punto di riferimento concreto per ogni mia scelta concreta di ogni giorno, in ogni situazione. Dio, come in qualche modo l’anello della storia di Tolkien che possiede chi lo possiede, vuole possedere me e modificare la mia vita nel profondo. Ma mentre l’anello forgiato da Sauron è per il male, Dio vuole condurmi al bene e modificare in bene la storia umana attraverso di me.

Gesù quindi mi invita a scavare con attenzione dentro il terreno delle mie giornate, dentro le relazioni che ho con le persone, dentro la mia comunità cristiana a cui appartengo, dentro anche quello che ho nel cuore e scoprire il tesoro di Dio, la perla preziosa della sua presenza. Devo scavare a fondo e cercare con attenzione evitando quindi di rimanere sempre superficiale e distratto come atteggiamento di vita spirituale, altrimenti rischio di non accorgermi del tesoro di Dio che mi sta sotto i piedi o sotto il naso.
Gesù alla fine dei suoi discorsi aggiunge un’altra immagine usando ancora la parola “tesoro”. Se divento discepolo scavatore e cercatore di Dio, alla fine la mia vita si trasforma come in una stanza di cose preziose che si accumulano e diventano sempre disponibili per me e per chi mi incontra. Se sono discepolo di Gesù imparo a trovare e a custodire la preziosità di Dio dentro la mia vita che diventa essa stessa un vero tesoro che altri possono trovare.

E sentirò nel profondo del cuore la voce di Dio che tenendomi in mano dice “il mio tesoro!”.

Fonte: il blog di don Giovanni Berti (“in arte don Gioba”)


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