Commento al Vangelo del 25 settembre 2011 – don Mauro Pozzi

Il commento al Vangelo della domenica a cura di don Mauro Pozzi parroco della Parrocchia S. Giovanni Battista, Novara.

TRA IL DIRE E IL FARE

Obbedire al proprio padre è il dovere di ogni figlio e l’ubbidienza vera non è quella generata dalla paura della punizione, ma dalla libera adesione della coscienza che capisce che quanto richiesto è giusto. Certe volte però i figli, specialmente quando sono adolescenti, tendono a rifiutare di obbedire ai genitori per partito preso. Anche noi siamo stati vittime di questo rifiuto dell’autorità e qualche volta ci succede ancora. È una forma di ribellione per affermare la propria individualità, come per dimostrare a sé stessi di essere autonomi e capaci di decidere per proprio conto. Per cui di fronte a un ordine ricevuto bisogna far lavorare un po’ la coscienza prima di decidere. Un buon padre sa che prima di giudicare occorre aspettare che le vere intenzioni si manifestino al di là delle parole. Infatti non basta dire di sì o di no, quel che conta sono i fatti. Ciò che differenzia i due figli della parabola sta proprio nella onestà della loro coscienza. Il primo è ipocrita, tiene buono il padre a parole e poi disobbedisce, mentre il secondo, più impulsivo, è capace di rivedere in modo critico le sue posizioni e cambiare opinione. Uscendo dalla metafora Gesù paragona coloro che lo rifiutano al primo figlio. Sono coloro che a parole dicono di fare la volontà del Padre, ma nei fatti non sanno superare i propri pregiudizi. Per obbedire bisogna aver fiducia e mettere da parte il proprio io. I farisei e i religiosi di quel tempo, si aspettavano un Messia diverso da Gesù, avrebbero voluto che fosse il restauratore del regno di Israele in senso politico, mentre il Maestro parlava sì del Regno, ma di quello dei cieli. Lo rifiutarono perché non seppero andare oltre queste attese del tutto terrene. La gente semplice e i peccatori invece accolgono con gioia la novità del vangelo, perché è una prospettiva di libertà interiore. Chi si sente orgogliosamente giusto è accecato dalla sua presunzione. Possiamo servirci di questa lezione per esaminare la nostra coscienza e verificare se sappiamo obbedire o diciamo di sì solo a quello che ci fa comodo. Molto spesso si sente dire che non tutti i precetti che la chiesa afferma si possono accettare. Essere cristiani però non è un fatto individuale per cui uno possa stabilire in autonomia quello che è giusto e quello che è sbagliato. Se fosse così non andremmo oltre il peccato originale, che è appunto il voler prescindere da Dio nel giudicare il bene e il male. In questo senso bisogna saper mettere da parte il proprio io, cioè ammettere che il proprio giudizio è parziale e accettare con fiducia quello che il Padre ci chiede, anche se talvolta va contro la nostra volontà.

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