Omelia del giorno 25 ottobre 2015
La missione è ‘vedere’ Gesù, per contagiare il mondo di speranza
XXX Domenica del Tempo Ordinario – Anno B
- Colore liturgico: verde
- Ger 31, 7-9; Sal.125; Eb 5, 1-6; Mc 10, 46-52
Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, mentre Gesù partiva da Gèrico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!».
Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!».
Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Àlzati, ti chiama!». Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù.
Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Va’, la tua fede ti ha salvato». E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada.
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.
- 25 – 31 ottobre 2015
- Tempo Ordinario XXX, Colore verde
- Lezionario: Ciclo B | Anno I, Salterio: sett. 2
Fonte: LaSacraBibbia.net
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Domenica scorsa si è celebrata la Giornata mondiale missionaria. Ogni anno, ad ottobre, la Chiesa tutta è invitata a riscoprire questa sua vocazione missionaria, ricordando le parole di Gesù, dette prima di tornare al Padre: “Andate in tutto il mondo e portate il messaggio del Vangelo a tutti gli uomini.”
In questi giorni tanto si parla, grazie anche al Sinodo dei vescovi, della missione della famiglia nella Chiesa. Del resto c’è nell’aria – e lo affermano tanti esperti – una appassionata ricerca di Dio, come voglia di figli prodighi, nauseati dal mondo, di conoscere il Padre e tornare da Lui.
Così bene descriveva il caro e beato Paolo VI questa attesa in un’omelia del lontano 1955:
C’è una strana sinfonia di nostalgici che sospirano al Cristo perduto; di pensosi che intravedono qualche evanescenza di Cristo; di generosi che da Lui imparano il vero eroismo; di sofferenti che sentono la simpatia per l’Uomo dei dolori; di delusi che cercano una parola ferma, una pace sicura; di onesti che riconoscono la saggezza del vero Maestro; di volenterosi che sperano di incontrarlo sulle vie diritte; di tanti che confidano la loro avventura spirituale e dicono la loro felicità per averlo trovato: “Di Te, Gesù, abbiamo bisogno”.
Credo proprio che molti stiano uscendo dalla indifferenza, di fronte alla conoscenza profonda di Dio: indifferenza che è però ancora in troppi, perché si parla di tutto, che è spesso il nulla dello spirito e ancora troppo poco di Dio, come fosse un argomento che annoia. E quello che preoccupa è che questo avviene nelle famiglie, nelle scuole. Come a dire: “Dio non interessa!”. Ma è giunto il momento di uscire allo scoperto, mettendo al centro della famiglia la Bibbia, come sola ‘luce ai nostri passi’ e la conoscenza di Dio come il solo ‘tesoro’, che può dare senso al nostro esistere. È un impegno che non possiamo più delegare né ignorare. È la grande carità che si deve usare verso i fratelli, gli amici, i vicini: “Di Te, Gesù, abbiamo bisogno!”.
Ma è anche vero che bisogna essere ‘ciechi’ per non accorgersi di quanto avviene per e contro questa missione: non solo nel mondo, ma anche in modo subdolo nei Paesi cristiani. Viene da pensare ai tanti fratelli, costretti a vivere la fede come nelle catacombe, sempre a rischio di essere imprigionati, come è capitato anche a tanti Vescovi. E come non ‘vedere’ i tanti fratelli costretti a lasciare i loro Paesi per la continua persecuzione nei loro confronti?
Il nostro è davvero tempo di martiri: martiri che fanno seriamente riflettere sulla nostra pigrizia, sul nostro silenzio, sulla mancanza di coraggio nel testimoniare e donare la luce del Vangelo ovunque, a cominciare dalle nostre famiglie. Pensando a tutti questi nostri fratelli, perseguitati nel mondo per la loro fede, dovrebbe assalirci una grande confusione, considerando la nostra paura nell’essere missionari nella nostra Nazione, per timore di essere ‘emarginati’ perché credenti. Ma perché, spesso, nei credenti ci sono così tanti timori e reticenze, quasi una sorta di ‘vergogna’ o viceversa un uso strumentale della propria appartenenza cristiana? Forse il Vangelo di oggi può davvero darci una risposta. Ci sono troppe cecità nelle nostre vite. C’è bisogno di luce per vedere Gesù che passa, di gridare contro corrente, di chiedergli di liberarci da ciò che ci incatena e di seguirlo sulla via di ogni giorno. Senza luce non si passa dal voler emarginare all’accoglienza, dall’individualismo egocentrico alla comunità e alla solidarietà.
Forse siamo proprio noi i veri ’ciechi’; non come Bartimeo, illuminato da una fede semplice e totale!
Come possiamo testimoniare la Luce dell’amore e della Verità, che è Gesù, se non lo ‘vediamo’, se non facciamo esperienza della Sua Presenza salvifica nella nostra vita?
Abbiamo molto da imparare, nel nostro cammino di fede, da Bartimeo che “al sentire che c’era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: ‘Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me’.
Molti lo sgridavano per farlo tacere, ma egli gridava più forte: ‘Figlio di Davide, abbi pietà di me!’.
La folla, e forse anche alcuni tra i discepoli, sono i veri ciechi: credono di conoscere chi è Gesù, credono di vederci e di sapere come deve comportarsi chi segue Gesù, credono di difenderlo, di proteggerlo zittendo chi grida. Non è possibile seguire Gesù e ascoltare la sua parola se non si fa caso al grido del povero o peggio ancora si cerca di zittirlo.
Nei ‘molti che lo sgridavano’ Papa Francesco, in un’omelia a Santa Marta ha riconosciuto due tipologie di cristiani: “Gente che, anche oggi, non sente il grido dei tanti che hanno bisogno di Gesù… indifferenti … E’ gente egoista, vive per se stessa …Sono cristiani di nome, cristiani di salotto, cristiani di ricevimenti, ma la loro vita interiore non è cristiana, è mondana … Poi, ci sono i rigoristi, quelli che Gesù rimprovera, che caricano tanti pesi sulle spalle della gente e invece di rispondere al grido che chiede salvezza allontanano la gente”. Ma c’è anche “il gruppo dei cristiani che hanno coerenza fra quello che credono e quello che vivono, e aiutano ad avvicinarsi a Gesù, alla gente che grida, chiedendo salvezza, chiedendo la grazia, chiedendo la salute spirituale per la loro anima”.
Sono coloro che, come Gesù, sanno ‘fermarsi’ o come alcuni tra i discepoli danno speranza e coraggio, perché si fidano della potenza misericordiosa del Maestro, venuto per salvare tutti, senza eccezioni.
[ads2]Allora, Gesù si fermò e disse: ‘Chiamatelo’. E chiamarono il cieco dicendogli: ‘Coraggio! Alzati, ti chiama’. Egli, gettato via il mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. Allora Gesù gli disse: ‘Che vuoi che io ti faccia?’. E il cieco a lui: ‘Rabbunì, che io riabbia la vista’. E Gesù gli disse: ‘Va’, la tua fede ti ha salvato’. E subito riacquistò la vista …’, ma Gesù non attribuisce la guarigione a se stesso, ma alla fede di Bartimeo, che tornato finalmente a vedere, vede quel volto che misteriosamente il suo cuore già amava e, dopo quanto ha ricevuto, il suo amore non può che aumentare. Ora ‘vede’ che senza di Lui la sua vita non avrebbe più senso, senza di Lui non potrebbe più vivere, ed allora vi è un’unica cosa sensata che gli resta da fare: “e prese a seguirlo per strada”. (Mc, 10, 46-52)
Da quel giorno, il ‘cieco che vede’ diventa il ‘discepolo che segue’ il Signore sulla sua via, sentendo l’urgenza di farlo conoscere ai fratelli. Diventa testimone credibile, missionario della salvezza, che lui stesso ha sperimentato.
Antonio Riboldi – Vescovo
www.vescovoriboldi.it