Siamo ormai giunti al termine dell’Anno liturgico e, quest’oggi, ultima domenica prima dell’Avvento, si celebra la festa di Cristo Re dell’universo.
Questa celebrazione ci ricorda che noi apparteniamo a Gesù, apparteniamo a Lui completamente. Siamo suoi per creazione, perché tutto è stato creato per la sua gloria; e siamo suoi per redenzione, in quanto Lui ci ha salvati a prezzo del suo Sangue.
Regno eterno e universale,
regno di verità e di vita,
regno di santità e di grazia,
regno di giustizia, di amore e di pace. (prefazio)
San Paolo scrive ai cristiani di Corinto e annuncia la risurrezione di Cristo dai morti, primizia di coloro che sono morti. Per san Paolo il Re dell’universo è il Cristo risorto. Nei Vangeli il Re dei Giudei è il Crocifisso: la sua corona è un fascio di spine conficcate sul capo, il suo trono il patibolo ignominioso… sulla croce c’era pure la scritta con il motivo della condanna, I.N.R.I. Gesù Nazareno, Re dei Giudei.
In verità, le due realtà non si possono separare: la morte in croce è dono del Figlio al Padre e a tutti gli uomini; la risurrezione è invece dono del Padre al Figlio e a tutti gli uomini.
Senza la prima, la seconda non poteva esserci. Tutti nutriamo la speranza di risorgere l’ultimo giorno; e anche abbiamo la consapevolezza che tutti dovremo morire.
Nella seconda lettura S. Paolo dice: “È necessario che Cristo regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi. L’ultimo nemico a essere annientato sarà la morte”. Paolo allude alla lotta di Cristo contro le forze del male; lo ha fatto nei brevi anni della sua vita mortale, ma continua ancora a farlo, secondo la promessa fatta agli apostoli, prima della sua ascensione: “Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo.” (Mt 28,20).
Infatti, la regalità di Cristo non è una verità soltanto ultraterrena, la regalità di Cristo si realizza e si manifesta già qui, già ora!
Dobbiamo percepire nella fede questa presenza forte, rassicurante, che incoraggia anche noi a lottare, contro le forze del male, con l’arma della carità su cui saremo giudicati: opere buone corporali (come dice il Vangelo) verso l’emarginato, il migrante che sbarca sulle nostre spiagge, l’affamato e il disoccupato, e spirituali, preghiera per i peccatori, l’istruzione religiosa, e il buon esempio di una vita cristiana a cominciare dalla famiglia, fino alla società.
La carità cristiana è quella che ci fa riconoscere Gesù nel prossimo, per amarlo e servirlo.
Cristo è Re della tre Chiese: la trionfante, che gode Dio, la purgante, anime che Gesù rende capaci di vedere Dio e la pellegrina, no che nella fede riceviamo da Gesù la forza per fare il bene.
Ricordiamo i martiri messicani degli anni 1914 – 1930: spicca la figura di P. Michele Pro, gesuita, che muore fucilato a 36 anni esclamando “Viva Cristo Re”.
Noi sappiamo per fede che la vita terrena non finisce con la morte e la vita eterna non comincia dopo la morte. La nascita è l’inizio di una vita che non finisce; la morte è il passaggio dalla dimensione finita a quella eterna; per cui la vita è una sola, questa che viviamo ora nel tempo e che diventerà eterna con la nostra morte temporale.
Alla fine della vita terrena “saremo giudicati sull’Amore” (S. Giovanni della Croce); il giudizio del grande Re non si baserà su altro che sulle azioni di carità, virtù che non verrà mai meno. Bisogna quindi amare fino alla fine Dio e gli uomini: mai Dio senza l’uomo e mai l’uomo senza Dio.
La Madonna è Regina, perché Madre del Re, ci segua materna durante la nostra vita terrena e infonda nei nostri cuori il vero amore a Dio e ai fratelli.
Per gentile concessione del sito consolata.org