Il commento al Vangelo della domenica a cura di don Mauro Pozzi parroco della Parrocchia S. Giovanni Battista, Novara.
MORIRE PER RISORGERE
La storia dell’umanità e del popolo ebraico è un pendolo che oscilla tra l’unione con Dio e l’allontanamento da lui. Gli ebrei, gli eletti, hanno subito tra le tante prove, l’esilio all’epoca di Geremia. Il profeta annuncia però un tempo di riconciliazione in cui sarà costituita un’alleanza nuova ed eterna, come quella sancita con Noè. L’iniziativa di questo patto viene da Dio che scriverà la legge nel cuore degli uomini. È quello di cui parlerà San Paolo dicendo che lo Spirito abita nell’intimo dei credenti come un maestro interiore. Gesù offre se stesso come vittima di espiazione e apre la porta del Regno non solo agli ebrei ma a tutta l’umanità, attuando la promessa che Dio fece ad Abramo, il cui nome appunto significa padre dei popoli. I greci che nel vangelo vogliono incontrare il Maestro, rappresentano i pagani che bussano alla porta del Regno, ma non potranno essere accolti se non dopo la resurrezione del Cristo. Questo è il senso dell’immagine del seme che non può dare frutto se prima non muore. Il sacrificio di un solo chicco genera una intera spiga. Gesù è il nostro modello, come da lui germoglia l’umanità nuova, così anche noi dobbiamo dare la vita per produrre frutto. Egli usa un linguaggio molto diretto, che non lascia spazio al compromesso: per meritare l’eternità bisogna odiare la propria vita. Non è un invito al suicidio o allo spreco, ma a non considerare l’esistenza terrena come l’unico nostro orizzonte. Il vero amore conosce necessariamente il sacrificio. Non si può generare senza dolore, né si può far crescere e nutrire i propri figli senza condividere con loro il proprio pane e il proprio tempo. Gesù stesso, guardando la passione che lo aspetta, è turbato, la sua umanità, come la nostra, teme il dolore e la morte, ma è determinato a realizzare la sua missione di Salvatore. La glorificazione del Padre si manifesta nel sacrificio del Figlio. Anche noi possiamo essere partecipi di questa gloria generando. Infatti la fecondità è il fine del vero amore. Il chicco che non dona se stesso rimane da solo, dall’egoismo non si miete nulla. La morte e la resurrezione fanno del Cristo l’origine della nuova umanità, che non conosce confini di razza e di nazionalità. In questo si compie il giudizio del mondo. L’amore di Gesù è come una pietra che si pone sul cammino: o la si usa per salire o ci si schianta contro. Il crocifisso, innalzato da terra, attira a sé coloro che lo guardano e provano ad imitare il suo esempio. Il cristianesimo è una scelta d’amore, non semplicemente una consuetudine. È più di una religione, è una vita da vivere e far vivere.
Gv 12, 20-33 In quel tempo, tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa c’erano anche alcuni Greci. Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli domandarono: «Signore, vogliamo vedere Gesù». Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. Gesù rispose loro: «È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato. In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà. Adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora! Padre, glorifica il tuo nome». Venne allora una voce dal cielo: «L’ho glorificato e lo glorificherò ancora!». La folla, che era presente e aveva udito, diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: «Un angelo gli ha parlato». Disse Gesù: «Questa voce non è venuta per me, ma per voi. Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me». Diceva questo per indicare di quale morte doveva morire