La Parola del giorno: Is 52,7-10; Sal 97; Eb 1,1-6
Dal Vangelo secondo Giovanni (1,1-5.9-14 – forma breve)
In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta. Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto. A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità.
Siamo alla scena iniziale, o meglio, a ciò che la precede: prima di tutto, prima di ogni cosa, prima della scansione spazio-temporale. L’evangelista dilata all’infinito lo sguardo. Va all’origine, all’atto creativo da cui tutto è generato. Anche noi siamo immersi in questa meraviglia, rapiti da questa immensità.
Una certezza ci guida: tutto è nato da una volontà, da un grande desiderio. Quello di Dio di uscire da sé, dalla sua compiutezza, dalla sua armonia per farsi creazione. E nel disegno creativo concepire l’uomo, la creatura più bella e più desiderata, voluta per amore e pensata nella libertà, a sua immagine, come stampo iniziale, su cui innestare, liberamente, un processo continuo di somiglianza.
Come immaginare un Dio che esce da sé? Quasi impossibile. Assolutamente illogico. Solo cambiando parametri e inserendosi sulla lunghezza d’onda dell’amore questo è plausibile, appena concepibile. «In principio era il Verbo, e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso Dio»: la sua Parola, che è Egli stesso, diventa creazione. E soprattutto genera vita. In Gesù, suo Figlio prediletto, la Parola diventa carne. Stupisce pensare a un Dio che si fa uomo. All’infinitamente grande che si fa finitamente piccolo. È l’Emmanuele, il Dio vicino che non sovrasta dall’alto, che non vuole dominare, ma entrare nella carne, nella vita dell’uomo. È annullata la separazione Dio-uomo.
È la scelta dell’amore: senza mezze misure, con la totalità del dono di sé. Egli si presenta fragile, piccolo. È un bambino appena nato. Come tale ha bisogno di cura, attenzione, abbracci, tenerezza. È un Dio che ha bisogno dell’uomo, che sceglie di aver bisogno dell’uomo. È questo il suo abitare in mezzo a noi: la sua presenza non è passeggera, saltuaria. È uno stare, un esserci. È porre la sua dimora per condividere, perché risuoni in noi l’eco delle sue parole: “Sono con voi”.
È Lui la Luce, quella vera. Non abbaglia, non confonde: illumina! Perché ogni uomo, avvolto da questo chiarore, possa vedere per comprendere, per diventare se stesso, nella libertà, secondo il progetto di Dio.
Rendici, Signore, frammenti della tua luce, amministratori sapienti del tempo per liberarlo per te e per i fratelli, gestori oculati degli spazi che abitiamo, perché siano luoghi di servizio e condivisione, capaci di raccontare di te, con la nostra vita, felici di incontrarti in ogni uomo, soprattutto in chi è piccolo, povero, fragile, emarginato, testimoni credibili, perché «la creazione stessa attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio».