Una scena drammatica e impietosa: un colle, tre croci per un supplizio atroce, reso ancora più ignominioso perché al centro di quelle croci pende un innocente, Gesù di Nazaret.
Tutt’intorno un “popolo che stava a vedere” (attonito, smarrito, ingrato?), e tanta derisione e scherno da parte dei capi: «Salvi se stesso, se lui è il Cristo di Dio, l’eletto»; dei soldati: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso»; di uno dei malfattori, appeso al suo lato: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!».
Non è la prima volta che Gesù viene invitato a snaturare la sua personalità e la sua missione. Ai suoi orecchi forse riecheggiano le tentazioni del diavolo nel deserto all’inizio della sua evangelizzazione, ma ora, come allora, rimane saldo nelle sue decisioni, sopportando quelle pene indicibili, fino in fondo, fino a quando “tutto è compiuto”. Che grande mistero! Non solo perché un Dio si fa uomo, «in tutto simile all’uomo fuorché nel peccato», e si lascia crocifiggere, ma anche perché viene a instaurare un Regno nel segno della croce, il suo emblema. Il regno di questo mondo è fatto di potere, di gloria, onori e piaceri: vi ha diritto di cittadinanza non solo l’onesto, ma anche chi si procaccia i beni e la carriera con ogni mezzo, chi corrompe e si lascia corrompere, chi usa sopraffazioni sull’altro, chi coltiva l’arte del proprio egoismo.
L’altro Regno, quello di Dio, è tutt’altra cosa: in esso ha diritto di cittadinanza e di ricompensa chi si fa piccolo, chi si mette all’ultimo posto, chi si fa prossimo al prossimo nell’accoglienza, nel soccorso dei bisogni, nel curare le ferite, chi soffre, chi ha capacità di perdonare anche i propri nemici, chi pecca, purché si penta, chi cerca la gloria di Dio e il suo Regno, chi vive per amore. È questa la parola magica che diversifica i due regni: l’amore. Gesù ci ha dato l’esempio, ha sanato, ha avuto compassione, ha perdonato anche i suoi carnefici, ha sofferto.
Se vogliamo far parte del suo Regno, dobbiamo seguirlo sulla sua strada. È sull’amore, verso Dio e verso i fratelli, che saremo giudicati.
Signore, mi capita di far fatica a restarti fedele.
Nutro il mio egoismo di cose inappaganti,
come il “popolo che sta a guardare”,
mi mostro indifferente e insensibile di fronte
all’affamato e al disprezzato,
vivo come se tu non ci fossi: perdonami, Signore.
Fa’ che io segua l’esempio del buon ladrone:
che riconosca le mie colpe e t’invochi per essere salvato.
Desta in me sempre il desiderio di Paradiso; sii tu, solo tu,
il Re che voglio seguire.