Il tempio, edificato quale “casa di preghiera per tutte le genti” (Is 56,7) era stato progressivamente trasformato in luogo di commercio, in “un covo di ladri” (Ger 7,11). Alla vista di tale spettacolo desolante, la passione, l’amore bruciante di Gesù per Dio suo Padre e per il luogo dimora della sua presenza, cioè la sua santa collera, si accende con forza: egli scaccia i venditori dal tempio.
Alla vista di questo e degli altri gesti e parole con cui Gesù insegna quotidianamente nel tempio, le autorità religiose di Israele reagiscono cercando di farlo morire: egli dà fastidio, narra un volto di Dio irricevibile, dunque va tolto di mezzo al più presto… Al momento, però, non possono procedere: “non sapevano che cosa fare, perché tutto il popolo pendeva dalle sue labbra nell’ascoltarlo”.
Espressione intrigante, che compare una sola volta nei vangeli. Altrove si dice che la gente era stupita dell’insegnamento di Gesù, perché la sua parola era piena di autorevolezza (exousía; cf. Lc 4,32), non come quella dei mestieranti della religione (cf. Mc 1,22; Mt 7,29). Ma solo qui leggiamo che il popolo è sospeso, è appeso alle labbra di Gesù (“suspensus erat”, dice la traduzione latina). Lo stesso verbo greco (con la differenza di un piccolo prefisso) è utilizzato da Gesù per affermare che ai due comandi dell’amore di Dio e del prossimo “sono appesi tutta la Legge e i Profeti” (Mt 22,40), cioè l’intera rivelazione della volontà di Dio.
Ecco il punto: il popolo, con il suo infallibile “senso della fede”, coglie nell’insegnamento di Gesù la sintesi di tutta la volontà di Dio. Coglie che l’unica cosa veramente sensata sulla terra è la buona notizia dell’amore ricevuto e donato: per questo non vorrebbe mai smettere di ascoltare Gesù, perché comprende che nelle parole, nei gesti, nella vita di quest’uomo c’è tutto l’essenziale per coltivare la relazione con Dio. Ovvero tutto l’essenziale per vivere un’esistenza che porti in sé i segni dell’amore, perché “Dio è amore” (1Gv 4,8.16).
Eppure questa stessa gente pochi giorni dopo, interrogata da Pilato, risponderà: “Crocifiggilo! Crocifiggilo” (Lc 23,21). Cos’è successo? Ciò che spesso capita anche a noi: è bello ascoltare Gesù, la sua parola fa ardere il cuore (cf. Lc 24,32), ma poi fatichiamo terribilmente a vivere come lui ha vissuto e ci ha chiesto di fare, a vivere il Vangelo. Un Messia così, debole, non-violento, che accetta di essere ingiustamente condannato pur di continuare a vivere l’amore fino alla fine, è francamente troppo! E allora preferiamo che sia tolto di mezzo, non lasciamo attecchire la sua parola in noi fino a lasciarle portare il frutto dell’amore (cf. Lc 8,11-14). Quando rifiutiamo di accogliere il Vangelo, di dargli carne nella quotidiana concretezza delle nostre relazioni, è come se stessimo rifiutando Gesù, dunque come se lo condannassimo a nostra volta, qui e ora.
Certo, possiamo sempre pentirci, come le folle che, dopo averlo visto morire sulla croce, “ripensando a quanto era accaduto se ne tornavano battendosi il petto” (Lc 23,48). Il Signore ci perdonerà, se il nostro pentimento sarà sincero. Ma forse dovremmo arrivarci un attimo prima, cercando davvero, nei fatti, di “pendere dalle sue labbra”. Ogni giorno abbiamo almeno un’occasione per farlo.
fratel Ludwigdella comunità monastica di Bose
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù, entrato nel tempio, si mise a scacciare quelli che vendevano, dicendo loro: «Sta scritto: “La mia casa sarà casa di preghiera”. Voi invece ne avete fatto un covo di ladri».
Ogni giorno insegnava nel tempio. I capi dei sacerdoti e gli scribi cercavano di farlo morire e così anche i capi del popolo; ma non sapevano che cosa fare, perché tutto il popolo pendeva dalle sue labbra nell’ascoltarlo.
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.
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