Commento al Vangelo del 24 Marzo 2019 – Wilma Chasseur – Lc 4, 1-13

QUAL E’ IL NOSTRO ROVETO ARDENTE?

La prima lettura ci presenta la figura di Mosè e il bellissimo brano del roveto ardente. C’è un bel commento del Cardinal Martini del quale mi servo: “La vita di Mosè” .
Mosè era potente in parole e in opere, superdotato, istruito, vice-faraone. Quando stava per compiere i 40 anni gli venne l’idea di difendere gli Ebrei e di liberarli dagli Egiziani, ma dopo averne ucciso uno, dovette fuggire alla veloce e mettersi in salvo. Credeva di poter contare sulle sue forze e capacità per salvare il suo popolo, diventarne il condottiero che l’avrebbe liberato dalla schiavitù d’Egitto e invece che cosa accadde? Dovette fuggire e rimanere per 40 anni nel deserto a fare praticamente niente, sicuramente non il condottiero di un popolo, ma il pastore di un gregge neanche suo, ma di suo suocero, e perse ogni velleità di fare il leader. Ma i tempi di Dio non sono i nostri. Ecco che quando Mosè ha ormai 80 anni e non ha più nessuna intenzione di partire, Dio lo chiama da un roveto che arde senza consumarsi .

La doppia chiamata

Pieno di meraviglia si avvicina e si sente chiamare due volte per nome (le grandi chiamate bibliche hanno questo particolare della doppia chiamata: “Abramo. Abramo”, “Samuele, Samuele”, segno che contraddistingue un grande destino). Pensate lo choc di Mosè: in pieno deserto dove non c’era anima viva si sente chiamare per nome! Pieno di paura si avvicina e risponde “Eccomi”. Ma la voce lo blocca: “Fermati, togliti i sandali, perché il luogo dove stai è un luogo sacro”. Mosè che ora ha ben presente di essere un povero fallito, rifugiato da ormai 40 anni nel deserto, non si fa più nessuna illusione, ma è proprio ora che il Signore lo investe di una missione e lo manda. Allora capisce che non aveva capito niente perché l’iniziativa parte sempre da Dio. A volte ci vuole tutta una vita per capire che non avevamo capito niente. Quando aveva deciso lui di farsi condottiero del suo popolo era stato rispedito al mittente per 40 anni, ma ora non è lui che decide, ma Dio che lo manda. Ecco il passaggio cruciale: nelle opere di Dio bisogna passare dal voler andare, all’essere mandati. La missione non te la puoi imporre tu, ma ti dev’essere affidata da un altro. E a Mosè, per capire questo, ci sono voluti 40 anni. Ma ora è pronto, anche se non ha nessuna voglia di andare: ha 80 anni (“manda qualcun altro Signore”). Quando si sente ormai inadeguato Dio lo manda: ora và. Bisogna passare dal voler fare qualcosa, fosse anche per la gloria del Signore, all’essere mandati da Lui. Queste sono le credenziali: “Dirai: Io-Sono mi manda”. Finché dicevi solo “io vengo”, non eri pronto. Ma ora “questo è il mio nome per sempre”. Ed è nel mio nome che ti mando.

Quanti figli ha Dio?uanti figli ha Dio?

Ora cerchiamo di adattare a noi questo testo: quand’è che noi ci sentiamo dire: “togliti i sandali?” Quando ci mettiamo in adorazione. Quello è il nostro roveto ardente dal quale Dio ci chiama. E capiterà magari anche a noi come ai tre apostoli della trasfigurazione, Pietro, Giacomo e Giovanni, di “vedere l’invisibile e capire l’incomprensibile”. E di sentire che il Signore dice anche a noi: “Tu sei il mio figlio prediletto”. Perché quanti figli ha Dio? Uno solo: l’Unigenito. In Lui ci siamo tutti noi, figli nel Figlio e ciò che dice a Lui, lo dice ad ognuno di noi.

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