Papa Francesco, nell’istituire la III domenica del Tempo Ordinario, come la “Domenica della Parola”, vuole che essa sia dedicata alla Parola di Dio: celebrata, riflettuta e proclamata. Le letture di questa domenica parlano giustamente della “Parola di Dio”: che fu rivolta a Giona perché costui andasse ad annunciare la Parola agli abitanti di Ninive, nella prima lettura, nella seconda, Gesù proclama il Vangelo e chiama alcuni discepoli per continuare la sua missione.
Giona: uomo della Parola
Nel libro di Giona, l’autore lo presenta come un uomo afferrato dalla Parola del Signore, per ben due volte, risuona l’espressione “la Parola del Signore fu rivolta a Giona”. Troviamo nella Bibbia, e più precisamente nei libri profetici, quest’espressione: “la Parola del Signore fu rivolta a…” oppure “gli fu rivolta la Parola del Signore”. Queste frasi esprimono, nel loro significato letterale, il momento in cui la Parola del Signore diventa un avvenimento nella storia e nella vita di qualcuno; la Parola del Signore irrompe nella vita degli uomini, Dio, con la sua Parola, cerca l’uomo, affinché questi possa essere il portatore del messaggio della Sua Parola. La Parola è detta e donata da Dio per gli uomini, è Dio che gratuitamente rivela la sua Parola, inoltre non è detta e donata per essere conservata, ma per essere “proclamata”, annunciata. Infatti, il Signore dice a Giona “Alzati, va’ a Nìnive, la grande città, e annuncia loro quanto ti dico”.
La prima volta Dio si rivolge a Giona affidandogli la missione di proclamare che la malizia del popolo di Ninive è salita fino al Signore: “alzati – dice il Signore – va’ a Ninive la grande città e in essa proclama che la loro malizia è salita fino a me“. Ma Giona, incaricato di questa missione, disobbedisce, fuggendo lontano per non essere a disposizione del Signore: non è disponibile per la missione affidatagli. Giona crea delle barriere alla Parola del Signore, ma Questi lo riconduce a Sé, quindi la Parola gli è rivolta “per la seconda volta” sempre con la stessa missione: annunciare. Ancora una volta Dio manifesta la sua pazienza verso gli uomini. Ecco Dio con Giona ha avuto pazienza e ha aspettato anche i suoi tempi. “Si potrebbe pensare che rifiutando la proposta di Dio, prendendosi del tempo, Giona diventi più tollerante nei confronti di Nìnive…il rifiuto… il considerare Ninive una città perduta si tramuta in dialogo con i perduti …Ora Giona è pronto ad annunciare con pazienza, lasciando da parte ogni pregiudizio perché per primo ha sperimentato la pazienza e la volontà di recupero di Dio nei suoi confronti”.
La missione di Giona è annunciare e proclamare la Parola del Signore; proclamare tutto quanto gli è stato detto e lo fa con pazienza e amore. Si tratta di predicare la conversione del popolo di Ninive, un popolo che è ormai considerato segno di maledizione. La città di Ninive è una città malvagia e sanguinaria, per cui Giona trova difficoltà ad andarci anzi ha percorso il cammino opposto, ma Dio fa di tutto per mandare Giona dove questi non vuole andare. La seconda volta Giona si alza e va, ma soprattutto “cominciò a percorrere la città per un giorno di cammino e predicava”. La sua predicazione ha effetto: “I cittadini di Nìnive credettero a Dio e bandirono un digiuno, vestirono il sacco, grandi e piccoli.”.
Gesù proclama e chiama per proclamare.
L’Evangelista Marco introduce Gesù direttamente in Galilea, dopo l’arresto di Giovanni, mentre sta proclamando il Vangelo. Questo Vangelo, questa Buona Notizia che investirà il mondo, non è di Gesù, non è il risultato della sua intuizione o del suo progetto, ma appartiene a Dio: Egli annuncia il Vangelo di Dio; così come Giona annuncia la Parola del Signore, Gesù proclama la Buona Notizia di Dio. La predicazione di Gesù è incentrata su quattro temi principali: completezza del tempo, vicinanza del regno, conversione e, in ultima analisi, le buone notizie. Gesù in prima persona è il proclamatore, l’annunciatore della Buona notizia, ma vuole anche chiamare altri per continuare la sua missione. Infatti, nella seconda parte, Marco si concentra sulla narrazione della chiamata dei primi discepoli. La chiamata ha quattro caratteristiche: è un’iniziativa di Gesù che chiama persone concrete, è categorica, è esigente ed è radicale; si tratta di aderire a uno stile di vita e, in ultima analisi, richiede una risposta immediata, totale e incondizionata.
Su richiesta di Gesù, Simone e suo fratello Andrea, Giacomo e suo fratello Giovanni, sono chiamati dalle loro realtà e quotidianità: (erano pescatori) ad abbandonare la barca ed il padre per seguirLo. L’invito di Gesù è perseverante: “veniamo” è la risposta immediata. Infatti, Marco ripete per due volte “seguirono immediatamente”. In entrambi i casi sottolinea un totale distacco dalla vita, dalle attività, dal rapporto e dal mondo precedente. Lasciando le reti (il mestiere) e il padre (la famiglia), seguirono Gesù per essere con Lui; viaggiare con Lui, al suo fianco per formare una nuova famiglia, diventare missionari per annunciare il Vangelo di Dio.
Ogni discepolo missionario si sente, come afferma Papa Francesco, “chiamato a testimoniare, nei vari ambienti di vita, il Vangelo di Cristo. Questa missione è autentica solo a partire da suo centro immutabile che è Gesù. Non è un’iniziativa dei singoli fedeli né dei gruppi e nemmeno delle grandi aggregazioni, ma è la missione della Chiesa inseparabilmente unita al suo Signore. Nessun cristiano annuncia il Vangelo “in proprio”, ma solo inviato dalla Chiesa che ha ricevuto il mandato da Cristo stesso. È proprio il Battesimo che ci rende missionari. Un battezzato che non senta il bisogno di annunciare il Vangelo, di annunciare Gesù, non è un buon cristiano”.
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