AMATE I VOSTRI NEMICI
«In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 27. A voi che ascoltate, io dico: Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano, 28. benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano.
Il brano di questa domenica ci narra la seconda parte del “Discorso della Pianura” e ci invita a riflettere su tre interrogativi: chi è Dio per me, chi sono io per lui e chi devo essere io per gli altri. Dio è grazia e misericordia verso tutti, in particolare verso i poveri. Ciascuno di noi è un povero che riceve da Dio la salvezza. Siamo chiamati a metterci dalla parte di chi accoglie la sua grazia e la sua misericordia per verificare come sia il nostro comportamento verso gli altri, a seguito del bene ricevuto.
In questi due primi versetti ci sono quattro imperativi: amate, fate, benedite, pregate. Sono comandi impegnativi, ma per primo è stato Gesù a fare tutto questo. È come se Egli scrivesse la sua autobiografia: “Io ho fatto così, ora tocca a voi fare altrettanto”.
“A voi che ascoltate”: nel brano precedente Gesù si rivolgeva ai ricchi, ora si rivolge ai discepoli, a quella moltitudine immensa di poveri e di malati, venuta da tutte le parti (cfr. Luca 6,17-19).
I ricchi che non ascoltano il Signore sono i veri poveri. I poveri sono ricchi perché si aprono all’annuncio del Vangelo. I veri sordi sono quelli che non ascoltano. Coloro che ci sentono sono le persone che ascoltano e praticano l’insegnamento di Gesù.
“Io dico”: Gesù parla con autorità e si impone come “il Signore”.
“Amate i vostri nemici”: chi è il nemico? In questo contesto è il non credente. Ma in senso allargato è chi la pensa diversamente, chi ostacola il nostro cammino, chi ci fa del male. Il cristianesimo si è diffuso e si diffonderà, non con le crociate o le guerre “sante”, ma solo grazie a cristiani convinti, che esprimono nel perdono la forza dirompente del Cristo Crocifisso e Risorto.
“Fate del bene a coloro che vi odiano”: l’amore si verifica nel momento della prova, del dolore, del bisogno dell’altro. Non si può amare a parole, ma ci vogliono i fatti. Gesù ci insegna che amare è dare la vita!
“Benedite coloro che vi maledicono”: per Dio noi siamo tutti figli “benedetti”, cioè Egli dice bene di noi. Sul suo esempio, siamo chiamati a dire bene dei nostri fratelli e delle nostre sorelle, tanto più se parlano male di noi. Con la nostra mitezza vinceremo ogni durezza degli avversari.
“Pregate per coloro che vi maltrattano”: Gesù ha pregato il Padre per i suoi crocifissori, così ha fatto anche Stefano di fronte a coloro che lo lapidavano. Così siamo chiamati a fare anche noi verso quanti ci offrono spine invece che pane … Solo un cuore veramente puro, che ama Dio, può giungere a simile vertiginosa altezza.
29. A chi ti percuote sulla guancia, porgi anche l’altra; a chi ti leva il mantello, non rifiutare la tunica. 30. Da’ a chiunque ti chiede; e a chi prende del tuo, non richiederlo.
Il Signore ci ama come siamo e ci perdona qualunque cosa commettiamo. La vita nuova che Egli infonde in noi dobbiamo esprimerla nel dono disinteressato, nell’attenzione ai bisogni dell’altro, nella gratuità senza tornaconto.
“A chi ti percuote sulla guancia”: Gesù ci insegna che annientare il male vuol dire assumerlo, farlo nostro, senza restituirlo. Impariamo anche noi a ricambiare il male con il bene. I discepoli di Gesù stimavano una grazia subire percosse e ingiurie per amore di Cristo: “È una grazia per chi conosce Dio subire afflizioni, soffrendo ingiustamente” (1Pt 2,19). Se ci sono riusciti loro, perché non dovremmo riuscirci anche noi?
“Da’ a chiunque ti chiede; e a chi prende del tuo, non richiederlo”: Dio ama gratuitamente, offre il sole, l’acqua, i frutti, gli animali gratuitamente. Ci dà i sacramenti e si dona a noi nell’Eucaristia gratuitamente! Si dà con sovrabbondanza e non richiede mai indietro quanto ha donato. Abbiamo ricevuto ogni cosa gratuitamente. Restituiamolo gratuitamente.
31. Ciò che volete gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro.
Non basta non fare il male, dobbiamo compiere il bene. Il Signore Gesù ci offre la legge più fondamentale di tutte: “Amare come vorremmo essere amati!”. È la Regola d’oro. È talmente semplice formularla, ma molto difficile da applicare nel nostro quotidiano, perché dobbiamo passare dall’egoismo al dono totale. Tuttavia, abbiamo la forza dall’Alto, abbiamo Cristo che ci nutre e ci infiamma per una sequela veramente autentica.
32. Se amate quelli che vi amano, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso.
L’amore è sempre immeritato e immotivato. Dio ha sempre l’iniziativa nei nostri confronti e ci ricolma di ogni bene, senza volere niente in cambio. In questo ambito non esiste la legge del mercato: dare e ricevere. Esiste la legge del “dare a fondo perduto”.
33. E se fate del bene a coloro che vi fanno del bene, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso.
Abbiamo ricevuto la “Grazia” nel Battesimo e la doniamo senza calcolo: questo è essere figli del Padre che fa sorgere il sole sopra i buoni e sopra i cattivi e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti.
34. E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, che merito ne avrete? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto.
Ricordiamo che l’amore di Gesù è diffusivo e senza interessi: non ha niente a che fare con il dare per ricevere un contraccambio come avviene nel commercio e nell’ambito economico. Dio non è un bancario che chiede gli interessi per averci dato la salvezza. Vuole solo che accogliamo il suo dono gratuito e che lo diffondiamo agli altri.
35. Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e il vostro premio sarà grande e sarete figli dell’Altissimo, perché egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi.
La prospettiva escatologica di questo versetto ci esorta a pensare in modo più ampio: la vita terrena è un passaggio, la vita eterna che ci aspetta ci fa relativizzare i beni che possediamo. Il premio sarà grande: la comunione con Dio.
36. Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso.
Molti autori traducono il “come” con il “perché”: non dobbiamo solo imitare il Padre, ma compiere le sue stesse azioni per il motivo che Lui è in se stesso Amore.
Gesù dice “Padre vostro” per spiegare che la sua figliolanza ha un grado diverso dalla nostra, come è diversa la fonte dal ruscello. Questo versetto si ricollega a Levitico 19,2, che dice: “Siate santi, perché io, il Signore Dio vostro, sono santo”. È Santo perché è Amore. Scrive san Clemente di Alessandria: “Per la sua misteriosa divinità Dio è Padre. Ma la tenerezza (sympathés) che ha per noi lo fa diventare madre. Amando, il Padre diventa femminile” (Quis dives salvetur, 37,2).
La santità e la misericordia sono due aspetti di Dio, del suo stesso Amore viscerale, che viene dalle profondità, come quello di una madre. Siamo consapevoli che non arriveremo mai a quelle altezze, tuttavia avere chiara la meta a cui tendere aiuta a superare le difficoltà quotidiane, a rialzarci ad ogni caduta, ad estendere lo sguardo oltre il presente.
37. Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato.
Rimane inculcata nella nostra mente l’idea di un Dio giudice. Gesù ci ha tolto questa immagine, perché dall’alto della croce ci ha trasmesso un Dio che è sempre presente accanto a chi soffre, un Dio che dona senza attendere contraccambio, un Dio che si offre e si immola. Gesù porta il male del mondo. Le ingiustizie del mondo sono tolte dall’Unico Giusto che muore per tutti. Chiediamo la conversione per capire di più l’Amore di Dio, Padre Buono e non giudice terribile. Quindi neppure noi giudichiamo i fratelli, ma siamo sempre disposti a perdonare: Gesù è morto anche per loro!
38. Date e vi sarà dato; una buona misura, pigiata, scossa e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio».
Viene specificato in questo versetto che esiste una misura nell’amore: amare senza misura! Più doniamo più siamo capaci di amore.
Se amiamo i nemici, dimostriamo di amare come ama Dio: Dio ama chi non lo merita, ama chi non lo riconosce, ama chi gli uccide il Figlio, ama anche chi si allontana da Lui. È un amore senza riserve e senza condizioni. Dio non misura nell’amare, così anche noi non dobbiamo misurare quello che doniamo ai fratelli. Il giudizio che verrà alla fine della nostra vita sarà sulla capacità di dare noi stessi. Più ci svuoteremo per gli altri, più riceveremo da Dio stesso. Tutto dipende da come noi sappiamo “non giudicare”, “non condannare”, ma “perdonare” e “dare”: su questo saremo giudicati.
Chiediamo allo Spirito di fare esperienza di essere graziati da Dio, riconosciamo di essere importanti per Lui e attingiamo alla sorgente dell’Amore per dissetare noi stessi e gli altri.
Suor Emanuela Biasiolo