Commento al Vangelo del 23 Settembre 2018 – Piccole Suore della Sacra Famiglia

DOPO TRE GIORNI RISORGERÀ

In quel tempo, 30. Gesù e i suoi discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse.

In questa domenica ascoltiamo nel Vangelo il secondo annuncio della Passione, Morte e Risurrezione di Gesù.

Gesù si trova in Galilea con i suoi discepoli, in realtà è solo perché essi non condividono il suo progetto di vita. La paura della croce li frena e discutono piuttosto su chi è il più grande fra di loro, tanto è grande la loro ambizione. Non capiscono e non accettano che il Messia debba soffrire e si faccia servo dei suoi fratelli.

“Attraversavano la Galilea”: Gesù proviene da Cesarea e si dirige verso Gerusalemme, verso la  sua passione.

“Non voleva che alcuno lo sapesse”: il versetto indica che l’intento di Gesù è quello di istruire i suoi discepoli e non vuole essere disturbato; altra interpretazione: vuole evitare equivoci e pubblicità.

31.   Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà».

Gesù è interessato alla formazione dei discepoli che sono “suoi”: ha un rapporto privilegiato con loro e intende istruirli per renderli pronti ad affrontare gli eventi incombenti e ad evangelizzare.

“Il Figlio dell’uomo viene consegnato in mani di uomini”: il verbo utilizzato è “tradire” ( dal latino tradĕre) che significa “consegnare”, nel senso di “consegnare ai nemici”, di “consegnare con tradimento”).

Lo stesso termine si trova in altri passi del Vangelo: Giuda lo consegna ai capi e al soldati (Marco 14,44), i capi a Pilato (Marco 15,1) e Pilato ai crocifissori (Marco 15,15). È il Padre stesso che lo consegna agli uomini, è Gesù che si consegna a noi.

Dio Onnipotente si mette nelle mani degli uomini, alla loro mercé. Non impedisce loro di usare male la libertà di cui Egli stesso li ha dotati.

Come cristiani siamo chiamati ad adorare il mistero del Figlio di Dio che si umilia nella condizione umana e si lascia trattare nel modo più infame. Gesù si dona a tutti, anche a chi lo rifiuta, anche a chi lo crocifigge. Il suo è Amore incondizionato che rivela il Padre, sorgente dell’Amore senza fine.

Impariamo a stimare l’Eucaristia in cui continuamente, ogni giorno, Gesù si consegna a noi e si fa nostro cibo.

“Lo uccideranno”: Gesù ha la chiarezza della sua fine, ignominiosa e terribile. È la fine di tutti i profeti che hanno pagato con il sangue la fedeltà alla verità, a Dio.

“Dopo tre giorni risorgerà”: la grandezza della risurrezione sta nel fatto che Gesù è glorificato proprio perché è passato attraverso la morte. È proprio la morte l’inizio della sua glorificazione.

32.   Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo.

I discepoli non riescono a comprendere il messaggio di Gesù. La sua parola è forte e terribilmente dura.

“Avevano timore di interrogarlo”: i discepoli non osano porre domande di chiarimento perché temono una reazione, un rimprovero, come quello che Gesù aveva rivolto a Pietro quando voleva dissuaderlo dalla sua missione.

33.   Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?».

Cafarnao è la dimora di Gesù, ospite di Pietro da quando ha iniziato la sua predicazione. In questa intimità si rivolge ai discepoli per liberarli dall’orgoglio e dalla ricerca del successo, male oscuro che rovina l’anima.

“Di che cosa stavate discutendo per la strada?”: Gesù pone una domanda per aiutare i discepoli a prendere coscienza dei motivi che animano la loro sequela. Anche se vivono insieme con lui, hanno disposizioni d’animo molto diverse.

34.   Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande.

Il silenzio dei discepoli è un mutismo negativo che impedisce di chiarire e di chiarirsi. Non osano palesare la loro colpevolezza: ricercano prestigio, potere, notorietà. Gesù, invece, coglie l’occasione per insegnare uno stile di vita completamente opposto: servizio, umiltà, donazione totale.

“Avevano discusso tra loro chi fosse il più grande”: i discepoli si lasciano prendere dall’orgoglio e dalla speranza di avere in futuro qualche vantaggio dal fatto che seguono Gesù. Non hanno ancora capito che seguire il Maestro vuol dire scendere dalla scala della notorietà, del protagonismo, dell’apparire, del primeggiare.

Dobbiamo essere i primi nell’amore, nel servizio, nel dono, nello scomparire dopo aver dato tutto. Gesù ci invita a fare come Lui: scendere nell’umiltà, non salire per dominare gli altri. Farsi più piccoli, non farsi più grandi. Gesù, il primo, si abbassa, si umilia per farsi servo di tutti. Il suo primato si realizza sulla croce.

35.   Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti».

“Sedutosi, chiamò i Dodici”: è importante il dettaglio che Gesù si siede perché è il tipico atteggiamento del maestro quando, con autorevolezza, insegna ai suoi discepoli.

“Se uno vuol essere il primo, sia l’ultimo di tutti e servitore di tutti”: Dio si è fatto nostro servo,  Lui il primo di tutti, l’Onnipotente si mette a servizio degli uomini che Lui ha creato! È per questa ragione che siamo chiamati ad essere servitori dei fratelli, sul suo esempio.

Noi suoi discepoli abbiamo come distintivo l’umiltà e la piccolezza, che coincide con la minorità francescana. Sono queste virtù la base della vita fraterna, dell’umanità nuova, fatta di uomini e donne che si accolgono e si servono nella semplicità, perché si riconoscono figli dello stesso Padre.

Anche chi governa a vari livelli dovrebbe tenere presente questa parole di Gesù che continuano più avanti: “Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servo, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti” (Marco 10,42-44).

A capo di una istituzione dovrebbe esserci chi sa essere capace di stare all’ultimo posto, chi è servo di tutti, non chi è più brillante, che sa parlare di più, che sa mettersi in mostra. Siamo chiamati a seguire l’umiltà del Verbo Incarnato.

36.   E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro:

Nella società ebraica il bambino / piccolo (paidíon), non era considerato importante. Gesù, invece, lo prende a modello. Addita nel bambino le caratteristiche della dipendenza, dell’essere bisognoso di tutto e di tutti. Un bambino non vive senza l’aiuto degli altri, non può ripagare quello che riceve, non può ricompensare l’affetto. Può solo chiedere e lo fa con grande fiducia perché sa di poter contare sui propri genitori, di avere con loro un legame indissolubile: “Come un bimbo svezzato in braccio a sua madre, come bimbo svezzato è l’anima mia” (Salmo 131).

37.   «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».

Gesù addita ai suoi discepoli, alla folla, a noi che la grandezza sta nell’accogliere il piccolo, il debole, il fragile, l’immigrato, il vicino poco simpatico nei quali Egli si nasconde.

La persona che apre il cuore all’accoglienza realizza la sua vocazione che è quella di amare. Ogni uomo che nasce sulla terra ha la missione di donarsi e di donare. Se sappiamo accogliere chi ci è accanto riusciamo a crescere nel dono e a manifestare Dio che è Amore.

“E chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato”:

Dio è Trinità, è relazione di Persone, pertanto entrare in Lui, che è comunione, ci apre agli altri e a nostra volta possiamo manifestare l’amore di Dio. Per questa intima unione con il Padre, Gesù afferma che accogliendo Lui accogliamo il Padre.

Meditiamo spesso la grande dignità di cui siamo oggetto: figli nel Figlio, viviamo tra fratelli che si manifestano vicendevolmente l’amore di cui sono amati, che si servono a vicenda gli uni agli altri, manifestando i propri bisogni. Perché non restino parole vuote, facciamo atti di amore gratuito sempre e verso tutti: cresceremo nella gioia; vivremo sempre uniti, fin da questa vita, a Dio, Amore e Trinità.

Suor Emanuela Biasiolo

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XXV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – Anno B

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Il Figlio dell’uomo viene consegnato…

Mc 9, 30-37
Dal Vangelo secondo Marco

30Partiti di là, attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. 31Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». 32Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo. 33Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». 34Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. 35Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti». 36E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: 37«Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

  • 23 – 29 Settembre 2018
  • Tempo Ordinario XXV
  • Colore Verde
  • Lezionario: Ciclo B
  • Anno: II
  • Salterio: sett. 1

Fonte: LaSacraBibbia.net

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