«Se non vedete segni e prodigi, voi non credete».
Il Vangelo di oggi ci mostra un Gesù restio a compiere miracoli, un Gesù che si sente infastidito da un interesse umano ancora molto superficiale e terreno, un interesse che mira solo al proprio tornaconto personale. L’atteggiamento del funzionario del re è lo stesso atteggiamento che noi spesso utilizziamo nei confronti di Dio.
Mentre il Signore, infatti, si rende presente nella nostra vita per parlarci d’amore, per sollevarci dal peso della vita materiale, noi continuiamo a restare sordi, scegliendo di mettere al primo posto il nostro io.
La tristezza di Gesù è dovuta proprio a questo motivo: l’uomo non si fa attrarre dall’amore ma dal potere che si manifesta nei miracoli, nei segni, nei prodigi. Questo brano ci aiuta allora a mettere a fuoco un punto centrale: Dio cerca un legame vero con noi, Dio è innamorato di noi e vuole stringere con ciascuno una relazione a due, una relazione in cui le due parti si corrispondono, si mettono in gioco, si parlano, si scambiano la vita. Dio si rattrista quando lo consideriamo un servizio pubblico, un pullman, un treno, un taxi per risolvere un problema temporaneo.
Gesù avrebbe potuto benissimo guarire l’ammalato e attirare su di sé l’attenzione, ma non è questo il senso della sua missione. Egli non cerca la gloria del potere, ma la gioia dell’amore corrisposto.
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