Commento al Vangelo del 23 luglio 2017 – Ileana Mortari (Teologa)

La parabola della zizzania del campo

La seconda delle sette parabole del Regno contenute nel cap.13° di Matteo è quella del buon grano e della zizzania, che è propria del primo evangelista.

Come sempre, la parabola è ambientata su uno sfondo familiare agli ascoltatori di Gesù: la campagna. Il padrone di un campo semina il grano, ma durante la notte il suo nemico semina nello stesso luogo della zizzania, classificata dai botanici come “lolium temulentum”, una pianta graminacea, anzi un’erbaccia pestifera che inizialmente non si distingue dal frumento, mentre al momento del raccolto è riconoscibile perché più corta, sgraziata e senza spighe; i suoi chicchi, se misti al grano, ne rendono amara e malsana la farina.

Ora i servi chiedono al padrone se possono procedere immediatamente a togliere di mezzo la pianta dannosa; ma il padrone osserva che, al momento, c’è il rischio di sradicare anche il grano con la zizzania e dunque è meglio separarli solo al momento della mietitura (le due piante infatti non si distinguono prima della maturazione e le radici della zizzania sono così solide che non si può strapparla senza compromettere anche gli steli di grano!); solo al momento del raccolto sarà possibile separare agevolmente le due piante, destinandole l’una al granaio, l’altra ad essere bruciata.

Come va interpretata questa parabola? Anzitutto è lo stesso Maestro che la spiega ai suoi discepoli (vv.36-43): il “padrone di casa” è Gesù (cfr. Matteo 10,25) e il nemico è il diavolo; grano e zizzania rappresentano il bene e il male. In secondo luogo, aldilà dei singoli elementi della parabola, che non sempre alludono necessariamente a qualcosa, occorre individuare la cosiddetta “punta della parabola”, cioè il “centro” verso cui converge tutto il discorso e che deve soprattutto attirare l’attenzione dell’ascoltatore e farlo riflettere. In questo caso il punto focale è ”lasciate che l’una e l’altra crescano insieme fino alla mietitura” (v.30), cioè bene e male sono di fatto coesistenti e intrecciati nel corso della storia umana ed è impossibile separarli nettamente.

Che cosa avrà voluto significare Gesù con questa parabola? A quale situazione desiderava alludere? Non è difficile rispondere se si pensa al tipo di attesa messianica allora largamente diffusa. La letteratura giudaica intertestamentaria parlava di un imminente giudizio divino, che avrebbe nettamente separato gli empi dai giusti (cfr.il Salmo 5, vv.5-7), dato che “il popolo sarà tutto di giusti” (Deut. 60,21). Si aspettava di conseguenza un “giudice” escatologico che subito facesse piazza pulita dei malvagi e instaurasse la comunità dei puri. Al tempo di Gesù erano soprattutto farisei (termine che significa “separati”), esseni e circoli apocalittici che non tolleravano la convivenza con chi non era puro e incontaminato.

Ora è evidente che il messaggio di questa parabola va in tutt’altra direzione: non si deve avere l’impazienza, lo zelo sia pure buono di togliere subito di mezzo tutti gli operatori di iniquità; e questo fondamentalmente per due ragioni: prima di tutto è solo Dio che vede fino in fondo nei cuori degli uomini e sa chi sono i giusti e gli empi; in secondo luogo la distinzione tra buoni e cattivi passa più nel cuore di ciascuno di noi che nel consorzio degli uomini. L’esperienza del peccato, purtroppo connaturata ad ogni essere umano, ci insegna che è innanzitutto dal nostro cuore che dobbiamo estirpare il loglio/zizzania. E non solo a parole, ma soprattutto con il suo comportamento Gesù ha ribadito tale verità, tanto da attirarsi l’accusa di connivenza con i malvagi da parte di scribi e farisei.

Dunque l’insegnamento principale della parabola è proprio quello della pazienza, della tolleranza, della fiducia senza mezzi termini in Colui che, solo, scruta i cuori.

Passando all’attualizzazione, è evidente che il racconto della zizzania mostra come, in tutti i tempi, la compresenza di bene e male nella storia degli uomini fa sorgere l’inquietante interrogativo: “Perché Dio permette tutto ciò?” Vengono in mente le famose parole di Epicuro: “Se Dio vuole togliere il male e non può, è debole; se può e non vuole, è ostile nei nostri confronti; se vuole e può, perché non lo elimina?”

Una prima risposta ci viene dalla stessa parabola, successivamente spiegata ai discepoli da Gesù (vv.36-43): “Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti gli operatori di iniquità e li getteranno nella fornace ardente dove sarà pianto e stridore di denti.” (vv.41-42).

Cioè: è solo alla fine del mondo che verrà attuata quella giustizia divina che la nostra impazienza vorrebbe vedere in atto immediatamente.

Ma la risposta più importante ed esaustiva ci viene dalla vita stessa di Gesù, che incarna la pazienza di Dio e la vive in sè; ed è particolarmente nell’ora della passione che tale pazienza si rivela mirabilmente: “Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno” (Luca, 23, 34). Piuttosto che fare immediatamente piazza pulita di tutti gli operatori di iniquità, Gesù ha preferito subire Lui il male fino alla morte di croce. Attraverso il Figlio Gesù, Dio stesso è passato attraverso il male, il dolore e la morte, assumendoli, vivendoli, unendoli a sé. Ed è proprio in questo modo, dall’interno, che li ha sconfitti.

La resurrezione di Gesù è la risposta èclatante, da parte di Dio, all’interrogativo di cui sopra circa la presenza del male. In Lui esso è radicalmente sconfitto, anche se gli è concesso, ancora, di imperversare sulla terra per il tempo della storia umana.

Ileana Mortari – Sito Web

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XVI Domenica del Tempo Ordinario – Anno A

Mt 13, 24-43
Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù espose alla folla un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi lo stelo crebbe e fece frutto, spuntò anche la zizzania. Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: “Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene la zizzania?”. Ed egli rispose loro: “Un nemico ha fatto questo!”. E i servi gli dissero: “Vuoi che andiamo a raccoglierla?”. “No, rispose, perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponètelo nel mio granaio”».
Espose loro un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un granello di senape, che un uomo prese e seminò nel suo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande delle altre piante dell’orto e diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono a fare il nido fra i suoi rami».
Disse loro un’altra parabola: «Il regno dei cieli è simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata».
Tutte queste cose Gesù disse alle folle con parabole e non parlava ad esse se non con parabole, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta: «Aprirò la mia bocca con parabole, proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo».

Poi congedò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si avvicinarono per dirgli: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo». Ed egli rispose: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell’uomo. Il campo è il mondo e il seme buono sono i figli del Regno. La zizzania sono i figli del Maligno e il nemico che l’ha seminata è il diavolo. La mietitura è la fine del mondo e i mietitori sono gli angeli. Come dunque si raccoglie la zizzania e la si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti quelli che commettono iniquità e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, ascolti!».

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

  • 16 – 22 Luglio 2017
  • Tempo Ordinario XV, Colore Verde
  • Lezionario: Ciclo A | Salterio: sett. 3

Fonte: LaSacraBibbia.net

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