Commento al Vangelo del 23 Febbraio 2020 – p. Raniero Cantalamessa

«Avete inteso che fu detto:
Occhio per occhio e dente per dente; ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l’altra».
Con queste parole Gesù cancella l’antica legge del taglio. ne. Ormai la norma non è più: «Quello che l’altro fa a te, tu fallo a lui», ma è piuttosto: «Quello che Dio ha fatto a te, tu fallo agli altri». Come Dio ha perdonato a te, tu perdona agli altri. Il discorso prosegue:

«Avete inteso che fu detto:
Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico; ma io vi dico:
amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori».

È possibile mettere in pratica un’esigenza come questa? Dobbiamo rispondere senza mezzi termini: No, non è umanamente possibile! Allora Gesù ci chiederebbe l’impossibile? Neppure. La risposta è che Gesù non ci dà solo il comandamento di amare i nemici, ma ci dà anche la grazia, cioè la capacità di farlo. Se egli si fosse limitato a darci solo il «precetto» di amare i nemici e non avesse fatto altro, esso sarebbe rimasto lettera morta, anzi, come dice Paolo, «lettera che uccide». Sì, uccide, nel senso che saremmo schiacciati da un’esigenza che non riusciamo a soddisfare.

Come se uno mettesse davanti a un bambino un peso di un quintale e gli ordinasse di sollevarlo.

Gesù ha soddisfatto, lui per tutti, questo comandamento. Mentre lo stavano inchiodando alla croce, in una situazione di spasimo inimmaginabile, ha gridato al Padre «Padre, perdonali perché non sanno quello che fanno». E dobbiamo credere che i crocifissori materiali di Cristo si sono salvati e li ritroveremo, se tutto ci va bene, in paradiso. Non è pensabile infatti che il Padre che in vita aveva ascoltato tutte le preghiere del Figlio, abbia lasciato cadere nel vuoto
proprio questa sua preghiera suprema. Questi carnefici perdonati sono lì a dimostrare in eterno fin dove si è spinta la misericordia di Cristo.

Gesù dunque è morto perdonando i nemici. Ma anche questo non sarebbe stato sufficiente. Se si fosse fermato qui, Gesù ci avrebbe lasciato un sublime esempio di amore per i nemici, ma non ancora la forza e la capacità di amare, anche noi, i nemici. Le cose cambiano quando egli, a Pentecoste e poi nel battesimo, ci dona il suo Spirito. Cosa significa il fatto che ci dà il suo Spirito? Significa che ci comunica le sue stesse disposizioni, infonde in noi, con la carità, la sua stessa capacità di amare tutti, anche i nemici. In tal modo, Gesù non ci ordina solo di fare, ma fa egli stesso con noi e in noi. Questo vuol dire non essere più sotto la legge, ma sotto la
grazia.

Ciò che ora si richiede all’uomo è di accogliere questa grazia, di crederci e di collaborare con essa. Non si può, dicevamo, chiedere a un bambino di sollevare un quintale, ma gli si può chiedere di premere un bottone che azionerà un meccanismo capace di sollevarlo. (Premere il è far scattare la fede e la preghiera). Davanti a un’altra esigenza non meno difficile che amare i nemici (quella di vivere casto), Sant’Agostino aveva imparato a pregare così: «O Dio, dammi ciò che mi comandi e poi comandami ciò che vuoi!».

Davanti a un’offesa, a un’ostilità nei tuoi confronti, tu non puoi chiedere alla tua natura di non provare ribellione e di salutare l’offensore alla prossima occasione, come se nulla fosse stato. Puoi però, con la preghiera, chiedere allo Spirito di Cristo di farlo in te e con te. Puoi pregare anche tu di do: «Signore, tu mi comandi di amare i nemici: ebbene dammi ciò che mi comandi e poi comandami ciò che vuoi!» L’importante non è quello che senti, ma quello che vuoi; volontà profonda, non l’istinto. Se vuoi perdonare e lo vuoi sul serio, hai già perdonato.

Che in questo modo sia possibile amare e perdonare i mici, lo dimostra il fatto che innumerevoli discepoli di Cristo hanno avuto la forza di farlo, a partire dal primo martire santo Stefano che morì lapidato, pregando Dio e dicendo: «Signore, non imputare loro questo peccato!». In anni non lontani, quando imperversava il terrorismo politico, abbiamo conosciuto casi di persone che, raggiunte dalla violenza omicida nella persona di qualche loro caro, hanno avuto da Dio la grazia di perdonare pubblicamente.

Qualcuno si domanda: che sarebbe della convivenza umana se tutti mettessero in pratica il suggerimento di Gesù di porgere l’altra guancia? Non sarebbe la fine, il trionfo dell’ingiustizia? Anzitutto, se tutti mettessero davvero in pratica l’insegnamento di Gesù, non ci sarebbe nessun bisogno di porgere l’altra guancia, per il semplice motivo che nessuno percuoterebbe più il fratello su una guancia!

Sappiamo con certezza, d’altra parte, che ne è di una società in cui si continua a praticare la legge del taglione: «Occhio per occhio, dente per dente». Questo è sotto gli occhi di tutti quotidianamente. Cosa ha prodotto, per fare esempi recenti, questa legge in Medio Oriente, tra ebrei e palestinesi? Cosa ha prodotto nella ex Jugoslavia? Alla fine ci si rende conto che tale legge non porta da nessuna parte e si è costretti ad abbandonarla, dopo però che essa ha provocato già infiniti lutti.

Abbiamo avuto occasione — e ne avremo ancora— di par lare di perdono nell’ambito privato, per esempio tra marito e moglie. Consentitemi in questa occasione di applicare l’insegnamento di Gesù all’ambito pubblico e sociale, Non peri) lontano (in Medio Oriente, in Bosnia o nell’Irlanda del Nord), ma vicino, in casa nostra. Cosa produce, nella vita politica e sociale del proprio paese, una litigiosità permanente e quasi cronica, l’abitudine di rispondere a offesa con offesa, tra gli opposti partiti? Per mezzo secolo ci siamo rassegnati a che un paese cristiano come l’Italia fosse diviso in due schieramenti, comunisti e democristiani, che si consideravano reciprocamente, a tutti gli effetti, come nemici da umiliare e, se possibile, da distruggere.

L’adesione a un partito finisce spesso per essere prevalente, rispetto all’adesione al Vangelo. E questo non solo tra gli altri, i cosiddetti laici, ma anche, forse senza rendercene conto, tra noi cattolici. Ho guardato sempre questa situazione con profonda pena e disagio. Mi dicevo: se tornasse san Francesco accetterebbe questa situazione, lui che voleva mettere pace perfino tra gli uomini e le bestie e tra i cristiani e i saraceni?

Oggi la situazione è cambiata; gli schieramenti non sono più gli stessi, ma permane lo stesso spirito di acredine, di ostilità, di non rispetto dell’avversario. Questo clima non inquina solo la vita pubblica a livello nazionale, ma spesso avvelena anche i rapporti tra familiari, parenti, amici, crea schieramenti arcigni in ogni paese, talvolta spaccandolo in due. Rende perciò non serena la convivenza civile e anche la pastorale e la vita religiosa. Compromette l’adesione alla Chiesa che finisce sempre per essere identificata con una delle parti in lotta.

Io non seguo molto la politica, però una cosa ho notato in tutti questi anni. I veri grandi uomini politici non hanno bisogno di umiliare gli avversari; a loro basta portare avanti con decisione le loro idee. È segno di debolezza non riuscire a esporre la propria opinione se non attaccando quella altrui, Non si tratta di dar ragione all’avversario, ma di rispettarlo come persona, e, per un cristiano, anche di amarlo.

Ho nominato san Francesco. Egli a suo tempo fu un grande operatore di pace tra fazioni opposte. Un giorno san Francesco si stava avvicinando ad Arezzo, quando, da lontano, vide una schiera di demoni danzare felici sulle mura della città. La città era dilaniata da lotte intestine e rivalità tra le parti e i demoni gongolavano di ciò. (Allora non c’erano progressisti e conservatori, c’erano Guelfi e Ghibellini, che però non scherzavano, neanche loro, quanto a odio di parte). San Francesco si mise in preghiera, ordinò ai demoni di andarsene e la pace ritornò in città. Giotto ha rappresentato in Assisi questa scena. (Provate a immaginare cosa vedrebbe oggi san Francesco, se, anziché alle mura di Arezzo, si avvicinasse, in certi momenti, alle mura di Montecitorio!).

Dante Alighieri ha chiamato l’Italia «d’aiuola che ci fa tanto feroci». Io mi auguro che qualcosa cambi e un giorno si possa chiamare questa nostra bella patria: «L’aiuola che ci fa tanto felici». Nel dialogo ecumenico tra i cristiani di diverse confessioni si è soliti dire oggi che quello che ci accomuna è più forte di quello che ci divide e che dobbiamo perciò far prevalere ciò che ci unisce. La stessa cosa dovremmo dirla, nel campo civile, di noi italiani: quello che ci unisce è infinitamente più importante di quello che ci divide e cioè l’essere del nord o del sud, di destra o di sinistra… Ci unisce la stessa lingua, storia, cultura e anche, in gran parte, la stessa religione.

Io credo che i santi patroni in cielo prendano sul serio il loro compito. Vorrei perciò invitarvi a pregare con me san Francesco d’Assisi e santa Caterina da Siena, patroni d’Italia, di ottenerci da Dio il dono di rapporti più sereni, più rispettosi degli altri, anche di chi la pensa diversamente. In particolare, chiediamo a santa Caterina, che svolse un ruolo così rilevante nella politica italiana del suo tempo e seppe condurre alla ragione tanti spiriti bellicosi, di ottenerci grazia di uomini politici saggi, lungimiranti e sinceramente preoccupati del bene del paese. Ci vuole un miracolo, lo so. Ma i santi possono fare anche i miracoli.

Concludiamo, ascoltando le ultime battute del Vangelo odierno che tra l’altro ci suggeriscono anche qualche gesto pratico per mettere in pratica l’insegnamento di Gesù:

«Se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete? Non fanno così anche i pubblicani?

E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste».


Letture della Domenica
VII Domenica del Tempo Ordinario – ANNO A
Colore liturgico: VERDE

Prima Lettura

Ama il tuo prossimo come te stesso.Dal libro del Levìtico

Lv 19,1-2.17-18

Il Signore parlò a Mosè e disse:

«Parla a tutta la comunità degli Israeliti dicendo loro: “Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo.

Non coverai nel tuo cuore odio contro il tuo fratello; rimprovera apertamente il tuo prossimo, così non ti caricherai di un peccato per lui.

Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il tuo prossimo come te stesso. Io sono il Signore”».

Parola di Dio 

Salmo Responsoriale

Dal Sal 102 (103)

R. Il Signore è buono e grande nell’amore.

Benedici il Signore, anima mia,
quanto è in me benedica il suo santo nome.
Benedici il Signore, anima mia,
non dimenticare tutti i suoi benefici. R.

Egli perdona tutte le tue colpe,
guarisce tutte le tue infermità,
salva dalla fossa la tua vita,
ti circonda di bontà e misericordia. R.

Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
Non ci tratta secondo i nostri peccati
e non ci ripaga secondo le nostre colpe. R.

Quanto dista l’oriente dall’occidente,
così egli allontana da noi le nostre colpe.
Come è tenero un padre verso i figli,
così il Signore è tenero verso quelli che lo temono. R.

Seconda Lettura

Tutto è vostro, ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi
1 Cor 3,16-23

Fratelli, non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui. Perché santo è il tempio di Dio, che siete voi.

Nessuno si illuda. Se qualcuno tra voi si crede un sapiente in questo mondo, si faccia stolto per diventare sapiente, perché la sapienza di questo mondo è stoltezza davanti a Dio. Sta scritto infatti: «Egli fa cadere i sapienti per mezzo della loro astuzia». E ancora: «Il Signore sa che i progetti dei sapienti sono vani».

Quindi nessuno ponga il suo vanto negli uomini, perché tutto è vostro: Paolo, Apollo, Cefa, il mondo, la vita, la morte, il presente, il futuro: tutto è vostro! Ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio. 

Parola di Dio 

Vangelo

Amate i vostri nemici.

Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 5, 38-48

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:

«Avete inteso che fu detto: “Occhio per occhio e dente per dente”. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle.

Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico”. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste».

Parola del Signore 

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