Oggi la liturgia ci propone una sosta di riflessione per analizzare la nostra scelta. Abbiamo scelto se seguire il Signore o gli altri idoli, il materialismo, la proprietà, la ricchezza?
Quali sono i nostri desideri? Il possesso di cose o persone, il potere sugli altri o il servizio?
Ebbene, non lasciamo passare la giornata senza esserci data una risposta.
Perché se noi desideriamo fermamente qualcosa, questo succede, e allora è importante mettere una sentinella sui nostri desideri!
GIOSUE’ 24, 1-2. 15-18
La prima lettura è tratta dal libro di Giosuè.
[ads2] Giosuè, successore di Mosè, alla fine della vita convoca a Sichem le dodici tribù divenute il popolo di Dio, per fare la solenne professione di fede nel Dio del Sinai.
Ricorda tutto ciò che Dio aveva compiuto in loro favore.
Questo è fondamentale anche per noi, che diamo tutto per scontato: prendiamo carta e penna e scriviamo tutti i doni che abbiamo ricevuto dal Signore e quanto è buono il Signore con noi!
Infine propone la scelta, quale signore vogliamo seguire?
Tutto il libro di Giosuè è una continua battaglia per esprimere la certezza che il Signore combatte con il suo popolo.
E’ opportuno avere la sensibilità di colloquiare con lo Spirito in noi e avvertire che ancora oggi è così, il Signore combatte con noi!
Non si tratta di crociate, è una lotta per perseverare, per non ritornare indietro, per vivere di speranza e non di paura: è una lotta quotidiana!
Giosuè proclama la sua scelta di fronte alla comunità.
Sichem è un fatto popolare per una decisione di fede, si prende coscienza che la fede non è solo un fatto privato. Per essere lievito e sale della terra occorre essere all’interno di una comunità cristiana. Può essere l’ambiente dove viviamo, testimoniare usando armi diverse, dove si usa il potere, la violenza, l’odio, la menzogna, il disprezzo, noi usiamo insieme a Cristo e alla comunità la somiglianza a Cristo nell’amore premuroso.
Sichem era il centro della confederazione delle tribù giunte nella terra promessa.
Per 14 volte risuona nel dialogo tra Giosuè e Israele, il verbo “servire”, che significa aderire liberamente e gioiosamente al Dio vero, significa credere in lui, aver fiducia in lui.
La caratteristica della scelta e del “servire” in questo senso che abbiamo detto, è la libertà.
La libertà è rischio. Può sfociare anche nel tradimento.
Responsabilità e libertà si corrispondono reciprocamente.
La responsabilità presuppone la libertà e questa non può esistere se non con la responsabilità.
Quindi è nostra responsabilità, dopo aver registrato i doni di Dio, liberamente registrare come rispondiamo a questi doni.
GIOVANNI 6, 60-69
Terminiamo oggi il capitolo 6 di Giovanni.
Dopo la condivisione dei pani e pesci, insistendo sull’immagine del cibo e della bevanda, Gesù fa comprendere che nella nuova realtà da lui inaugurata, il rapporto con il Padre non si realizza mediante l’osservanza delle regole esterne all’uomo (la Legge), ma per una profonda assimilazione della vita divina, che è presente in Gesù (lo Spirito).
L’uomo non viene assorbito da Dio, ma il Padre si comunica a lui, effondendogli la sua vita dilatando al massimo la sua capacità di amore.
Accogliendo questo dinamismo vitale, l’uomo rende definitiva, eterna la sua esistenza.
Mentre la folla è perplessa, i Giudei mormorano e litigano gli uni con gli altri, da parte dei discepoli dissero: “E’ duro questo discorso. Chi lo può ascoltare?”
I discepoli non obiettano che le parole non siano comprensibili.
E’ proprio perché le hanno comprese che non riescono ad accettarle.
Gesù prende distanza dai padri di Israele: questo disorienta i discepoli, che sono attaccati alle tradizioni del loro popolo e non accettano critiche che ne sminuiscano l’importanza.
L’esodo è stato mitizzato ed esaltato, e non tollerano che Gesù lo presenti come un fallimento.
Difatti dice: “sono tutti morti nel deserto..”
Per di più i discepoli hanno compreso che, se vogliono seguire Cristo, devono considerare se stessi come pane da condividere, per dedicarsi senza riserve al bene dell’uomo, collaborando con l’azione creatrice del Padre!
Ciò è difficile da accogliere per quanti seguivano Gesù sperando, che accettasse di diventare re del popolo. Comprendono che seguire il Messia non comporta spartire il potere con lui, ma abbandonare ogni illusione di gloria e mettersi a servizio degli altri. Non ne valeva la pena.
Povero Gesù. Gli rimangono solo i dodici, tra cui uno lo tradirà e fra gli altri “ci sono alcuni che non credono”.
Eppure di fronte a questo fallimento, Gesù non attenua le sue parole, né rincorre i discepoli, che se ne vanno e dice agli apostoli: “Volete andarvene anche voi?”
Gesù è disposto a rimanere solo, piuttosto che rinunciare al suo cammino di fedeltà all’amore del Padre.
Pietro risponde: “Signore da chi andremo, tu solo hai parole di vita eterna!”
Era lo Spirito che gli ha suggerito questa meravigliosa risposta, che possiamo ripetere anche noi!
Il Maestro offriva il cibo di cui egli stesso si nutriva, ma loro volevano il pane materiale.
Forse anche noi crediamo che queste parole sono troppo dure, perché non crediamo che la vita è data in abbondanza a chi si nutre del pane che è Cristo!
“Da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna!”
Parole di una vita divina attiva in chi crede, capace di superare il male della globalizzazione economica, perché il bene è più forte della negatività.
Lo Spirito del Signore è costantemente all’opera nel cuore di chi è generoso.
Abbandoniamo la diffidenza, la previdenza e l’accumulo e crediamo alla forza del Bene!
Cosa ci manca?
La fiducia nelle parole di Gesù, che dà l’audacia di lasciare da parte il peso dell’abitudine, che ci fa accettare situazioni ingiuste come “normali” o di fronte alle quali ci sembra di essere impotenti.
Forse ci manca solo l’assenza di dialogo interiore con lo Spirito, che abita in noi e desidera fare di noi, come ha fatto del carpentiere di Nazaret, i salvatori del mondo!
Non lasciamo passare questo momento per fare una verifica sulla nostra vita.
Non c’è niente di scontato, occorre scegliere concretamente, seguire Gesù non è secondo la corrente, facile, ma neanche impossibile: occorre avere un dialogo continuo con lo Spirito e confrontarci con la comunità in cui viviamo, il nostro ambiente.
A cura di Carla Sprinzeles | via Qumran