Lo Spirito Santo scenda su di noi.
Vieni Spirito Santo!
Con questa invocazione e con la fiducia nell’aiuto dello Spirito, ci accostiamo alla liturgia della XVI Domenica del Tempo Ordinario dal Vangelo “Ritorno degli Apostoli” di Mc 6, 30-34.
Prima di iniziare l’approfondimento del Vangelo di oggi, è bene ricordare la Parola della Domenica scorsa, dove Gesù invia i dodici apostoli a due a due per annunciare l’avvento del regno di Dio; e l’Evangelista parla esplicitamente di un “potere” conferito agli inviati perché possano operare tali cose.
Il brano evangelico di questa XVI Domenica ci narra il ritorno dei discepoli dalla loro missione. Marco fa arguire la soddisfazione dei discepoli e dello stesso Gesù, il quale conoscendone la scarsa preparazione aveva egualmente affidato loro tale compito; era del resto sufficiente che obbedissero alla lettera a quello che aveva loro ordinato, cioè non presentare altro che le sue parole e operare con la stessa misericordia di Gesù.
L’obbedire aveva dato i suoi frutti. Possiamo anche immaginare lo sguardo di compiacimento che Gesù aveva ascoltando quello che avevano operato. Erano felici anche se stanchi come sono i veri missionari.
v.31 Terminati i racconti Gesù disse loro: “Venite in disparte, in un luogo solitario e riposatevi un po’”. E’ una esortazione che va bene anche per noi in questo tempo nel quale molti ci si prepara al riposo e ancor più alla necessità del silenzio, per il ritorno alla vita interiore. Possiamo fare un accostamento a quel “riposo” settimanale che è la Messa della domenica.
L’invito di Gesù a “riposare in disparte…!” è adattissimo perché nella messa domenicale siamo tutti chiamati “in disparte”, in un luogo diverso dalle nostre ordinarie occupazioni, dove possiamo rafforzarci spiritualmente riposando nello Spirito.
Intanto arrivano con la barca all’altra riva e c’è di nuovo la folla ad attenderli. Hanno intuito il luogo dell’approdo, sono giunti lì prima di Gesù, lo circondano.
Scrive Marco: “Gesù vide molta folla e si commosse…” perché la gente, i poveri soprattutto, non sapevano in chi confidare. Per comprendere a fondo questa ultima parte del nostro brano mi accosto e approfondisco con il c. 23, 1-6 del profeta Geremia che profetizzò sull’abbandono del popolo da parte dei responsabili; e il profeta grida: “Guai ai pastori che fanno perire e disperdono il gregge del mio popolo”: “Radunerò io stesso il resto delle mie pecore da tutte le regioni dove le ho lasciate scacciare e le farò tornare ai loro pascoli”.
Sarà il Signore stesso a prendersi cura del suo popolo. Il segreto di tutto è nascosto nella compassione del Signore per il suo popolo. Questa compassione continua a spingerlo, appena sceso dalla barca, a riprendere immediatamente il suo “lavoro”.
Questo lo chiede anche ai discepoli di ogni tempo.
Appendice
Gesù esige l’impegno di cercarlo
Ritornati gli apostoli da Gesù, gli riferirono tutte le cose che avevano fatto e insegnato (Mc 6, 30).
Gli apostoli non riferiscono al Signore soltanto ciò che essi avevano fatto e insegnato, ma, come narra Matteo, i suoi discepoli, o i discepoli di Giovanni, gli riferiscono il martirio che Giovanni ha subito mentre essi erano impegnati nell’apostolato (cf. Mt 14,12). Continua pertanto:
“E disse loro: «Venite voi soli in un luogo deserto a riposarvi un poco»” (Mc 6,31), con quel che segue.
Fa così non soltanto perché essi avevano bisogno di riposo, ma anche per un motivo mistico, in quanto, abbandonata la Giudea che aveva con la sua incredulità strappato via da sé il capo della profezia, era sul punto di largire nel deserto, ai credenti di una Chiesa che non aveva sposo, il cibo della parola, simile a un banchetto fatto di pani e di pesci. Qui infatti i santi predicatori, che erano stati a lungo schiacciati dalle pesanti tribolazioni nella Giudea incredula e contestataria, trovano pace grazie alla fede che viene concessa ai gentili. E mostra che vi era necessità di concedere un po’ di riposo ai discepoli con le parole che seguono:
“Erano infatti molti quelli che venivano e quelli che andavano; ed essi non avevano neanche il tempo di mangiare” (Mc 6,31).
E’ chiara da queste parole la grande felicità di quel tempo che nasceva dalla fatica incessante dei maestri e dallo zelo amoroso dei discenti. Oh, tornasse anche ai nostri giorni tanta felicità, in modo che i ministri della parola fossero talmente assediati dalla folla dei fedeli e degli ascoltatori da non avere più nemmeno il tempo di prendersi cura del proprio corpo! Infatti, gli uomini cui è negato il tempo di prendersi cura del corpo, hanno molto meno la possibilità di dedicarsi ai desideri terreni dell’anima o della carne; anzi, coloro da cui si esige in ogni momento, a tempo opportuno e importuno, la parola della fede e il ministero della salvezza, hanno di conseguenza l’animo sempre ardentemente proteso a pensare e a compiere cose celesti, in modo che le loro azioni non contraddicano gli insegnamenti che escono dalla loro bocca.
“E saliti sulla barca, partirono per un luogo deserto e appartato” (Mc 6,32).
I discepoli salirono sulla barca non soli, ma dopo aver con sé il Signore, e si recarono in un luogo appartato, come chiaramente racconta l’evangelista Matteo (cf. Mt 14,13).
“E li videro mentre partivano e molti lo seppero e a piedi da tutte le città accorsero in quel luogo e li precedettero” (Mc 6,33)
Dicendo che li precedettero a piedi, si deduce che i discepoli col Signore non andarono con la barca all’altra riva del mare o del Giordano ma, varcato con la barca un braccio di mare o del lago, raggiunsero una località vicina a quella stessa regione che gli abitanti del luogo potevano raggiungere anche a piedi.
“E uscito dalla barca, Gesù vide una grande folla, e si mosse a compassione di loro, perché erano come pecore senza pastore, e prese a dare loro molti insegnamenti” (Mc 6,34).
Matteo spiega più chiaramente in qual modo ebbe compassione di loro, dicendo: “Ebbe misericordia della folla e risanò i loro ammalati” (Mt 14,14). Questo è infatti nutrire veramente compassione dei poveri e di coloro che non hanno pastore, cioè mostrare loro la via della verità con l’insegnamento, liberarli con la guarigione dalle malattie corporali, ma anche spingerli a lodare la sublime liberalità del Signore ristorando gli affamati. Le parole seguenti di questo passo sottolineano appunto che egli fece tutto questo. Mette alla prova la fede delle folle e, dopo averla provata, la ricompensa con un degno premio. Cercando infatti la solitudine, vuol vedere se le folle vogliono o no seguirlo. Esse lo seguono e, compiendo il viaggio fino al deserto, «non su cavalcature o su carri, ma con la fatica dei loro piedi» (Girolamo), dimostrano quale pensiero essi abbiano per la loro salvezza. E Gesù, come colui che può, ed è salvatore e medico, fa intendere quanta consolazione riceva dall’amore di coloro che credono in lui, accogliendo gli stanchi, ammaestrando gli ignoranti, risanando gli infermi e ristorando gli affamati. Ma secondo il significato allegorico, molte schiere di fedeli, dopo aver abbandonato le città dell’antica vita, ed essersi liberati dall’appoggio di varie dottrine, seguono Cristo che si dirige nel deserto dei gentili. E colui che era un tempo «Dio conosciuto solo in Giudea» (cf. Sal 75,2), dopo che i denti dei giudei sono diventati «armi e frecce, e la loro lingua una spada tagliente», viene esaltato «come Dio al di sopra dei cieli e la sua gloria si diffonde su tutta la terra» «(cf. Sal 56,5-6). (Beda il Vener., In Evang. Marc., 2, 6, 30-34)
Valore della misericordia
Dio ha tanta premura per la misericordia, che, fattosi uomo e vivendo con noi, non disdegnò e non ebbe vergogna di distribuire lui stesso ciò che serviva ai poveri. Sebbene avesse creato tanto pane e potesse fare, con una parola, tutto ciò che voleva, sebbene potesse allineare tutti insieme centinaia di tesori, non ne fece nulla; invece volle che i suoi discepoli avessero un borsello e che lo portassero appresso, per avere di che soccorrere gl’indigenti. Dio, infatti, fa gran conto della misericordia; non solo della sua, ma anche della nostra verso i fratelli; e fece molte leggi nel Vecchio e nel Nuovo Testamento, che hanno per oggetto la misericordia in parole, in danaro e in opere. Di questa parla Mosè a ogni passo: questa a nome di Dio proclamano i Profeti – “Voglio misericordia e non sacrificio” (Os 6,6) -; gli Apostoli dicono e fanno la stessa cosa (Mt 9,13). Non la trascuriamo, allora; non giova solo ai poveri, giova anche a noi; riceviamo più di quanto diamo. (Giovanni Crisostomo, De eleemos., 5)
La carità vera si traduce in opere di misericordia
Perciò, la Verità stessa (Cristo), mostratasi a noi nell’assunzione della nostra umanità, mentre sul monte si immerge nella preghiera nelle città opera miracoli (cf. Lc 6,12); ciò evidentemente nell’intento di appianare la via della imitazione alle buone guide di anime, perché, pur protese verso le supreme altezze della contemplazione, nondimeno si mescolino con la compassione alle necessità degli infermi. Infatti, la carità tende mirabilmente in alto se ed in quanto attratta in basso dalla misericordia verso i prossimi; e con quanto maggior benevolenza si piega verso le infermità, tanto più gagliardamente risale alle vette. (Gregorio Magno, Lib. Reg. Pastor., 2, 5)
[…] Il Vangelo di oggi ci dice che gli Apostoli, dopo l’esperienza della missione, sono tornati contenti ma anche stanchi. E Gesù, pieno di comprensione, vuole dare loro un po’ di sollievo; e allora li porta in disparte, in un luogo appartato perché possano riposare un po’ (cfr Mc 6,31). «Molti però li videro partire e capirono… e li precedettero» (v. 32). E a questo punto l’evangelista ci offre un’immagine di Gesù di singolare intensità, “fotografando”, per così dire, i suoi occhi e cogliendo i sentimenti del suo cuore, e dice così l’evangelista: «Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose» (v. 34).
Riprendiamo i tre verbi di questo suggestivo fotogramma: vedere, avere compassione, insegnare. Li possiamo chiamare i verbi del Pastore. Vedere avere compassione, insegnare. Il primo e il secondo, vedere e avere compassione, sono sempre associati nell’atteggiamento di Gesù: infatti il suo sguardo non è lo sguardo di un sociologo o di un fotoreporter, perché egli guarda sempre con “gli occhi del cuore”. Questi due verbi, vedere e avere compassione, configurano Gesù come Buon Pastore. Anche la sua compassione, non è solamente un sentimento umano, ma è la commozione del Messia in cui si è fatta carne la tenerezza di Dio. E da questa compassione nasce il desiderio di Gesù di nutrire la folla con il pane della sua Parola, cioè di insegnare la Parola di Dio alla gente. Gesù vede, Gesù ha compassione, Gesù ci insegna. E’ bello questo! […] (Papa Francesco, Angelus del 19 luglio 2015).
Fonte: Figlie della Chiesa
LEGGI IL BRANO DEL VANGELO
XVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO B
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- Colore liturgico: Verde
- Ger 23, 1-6; Sal.22; Ef 2, 13-18; Mc 6, 30-34
Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria.
Dal Vangelo secondo Marco
Mc 6, 30-34
Erano come pecore che non hanno pastore.
30Gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato. 31Ed egli disse loro: «Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’». Erano infatti molti quelli che andavano e venivano e non avevano neanche il tempo di mangiare. 32Allora andarono con la barca verso un luogo deserto, in disparte. 33Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città accorsero là a piedi e li precedettero.
34Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose.
Parola del Signore
Fonte: LaSacraBibbia.net
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