I grandi esercitano il potere
Il Vangelo di questa Domenica ci presenta una scenetta insolita, ma molto istruttiva. È la storia di una “raccomandazione” non andata in porto! Un giorno si presenta a Gesù la madre di due apostoli, Giacomo e Giovanni, con una petizione ardita. (L’evangelista Marco fa intervenire direttamente gli stessi due apostoli, ma Matteo specifica che mandarono innanzi la loro madre). La petizione era questa:
“Di’ che questi due miei figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno” (Matteo 20, 21).
Si era creata la convinzione che Gesù, di lì a poco, sarebbe stato riconosciuto come Messia e proclamato re, e quella madre vuole assicurare un posto di privilegio ai suoi due figli. Tutto molto naturale e perennemente attuale. Come naturale e attuale è la reazione degli altri dieci apostoli che “si sdegnarono con Giacomo e Giovanni”. Aspiravano, evidentemente, anche loro alla stessa posizione.
Di fronte a questa raccomandazione in piena regola, Gesù si comporta in modo veramente sorprendente, ed è utile conoscerlo, visto che il problema delle raccomandazioni è ancora così attuale. Immaginate che si presenti oggi, a un uomo politico, qualcuno per ottenere un posto, mettiamo di sottosegretario in un governo, o di guardia del corpo. Questi gli elenca tutti i doveri legati all’ufficio, i rischi che dovrà affrontare; quindi gli domanda: “Sei pronto a pagare questo prezzo?”. L’altro risponde: “Sì”. E lui: “Bene, il prezzo lo pagherai, ma quanto a quel posto, scordatelo; non sta a me concederlo”. Gesù chiede infatti ai due: “Potete bere il calice che io devo bere?”. Essi, senza pensarci due volte: “Certo che lo possiamo!”. E lui conclude:
“Il calice che io bevo anche voi lo berrete, e il battesimo che io ricevo anche voi lo riceverete. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato”.
Uno scherzo? Una presa in giro? No, Gesù rivela semplicemente una nuova scala di valori. Il vero privilegio, il posto d’onore nel suo regno consiste in qualcosa di diverso: nel condividere la sua sorte, nello stargli vicino sulla croce (“bere il calice”). Gesù aveva ragione di dire a quei due discepoli: “Voi non sapete ciò che domandate”. Se essi e la loro madre avessero saputo a “chi” sarebbe toccato l’onore di sedere uno alla destra e uno alla sinistra “nel suo regno” (i due ladroni crocifissi con lui!), si sarebbero guardati bene dall’avanzare quella richiesta.
Ma adesso ascoltiamo Gesù che spiega ai dodici apostoli (e, naturalmente, a tutti noi), qual è la vera grandezza a cui deve aspirare un suo discepolo:
“Allora Gesù, chiamatili a sé, disse loro: Voi sapete che coloro che sono ritenuti capi delle nazioni le dominano, e i loro grandi esercitano su di esse il potere. Fra voi però non è così; ma chi vuol essere grande tra voi si farà vostro servitore, e chi vuol essere il primo tra voi sarà il servo di tutti”.
Così, dopo quello sul denaro, abbiamo l’occasione di ascoltare il giudizio del Vangelo su un altro dei grandi idoli del mondo: il potere. Neppure il potere è intrinsecamente cattivo, come non lo è il denaro. Dio è definito lui stesso “l’onnipotente” e la Scrittura dice che “il potere appartiene a Dio” (Salmo 62, 12). Poiché, però, l’uomo aveva abusato del potere a lui concesso, trasformandolo in dominio del più forte e oppressione del debole, che cosa ha fatto Dio? Si è spogliato della sua onnipotenza; da “onnipotente”, si è fatto “impotente”. “Spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo” (Filippesi 2, 7). Ha trasformato la potenza in servizio.
C’è un momento, nei racconti della Passione, in cui questa impotenza di Dio in Cristo appare in tutta la sua cruda realtà. Nel pretorio di Pilato, Gesù ha una corona di spine sul capo, un manto da burla sulle spalle, le mani legate ai polsi, alpunto di non poter muovere più neppure un dito. E intorno i soldati che lo deridono. La prima lettura contiene una descrizione profetica di questo salvatore “impotente”:
“È cresciuto come virgulto davanti a lui
e come una radice in terra arida.
Disprezzato e reietto dagli uomini,
uomo dei dolori che conosce il patire”.
Si rivela così una nuova potenza, quella della croce. “Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti” (1 Corinzi 1, 24-27). Maria, nel Magnificat, canta in anticipo questa rivoluzione silenziosa operata dalla venuta di Cristo: “Ha rovesciato i potenti dai troni”.
Chi viene messo sotto accusa da questa denunzia del potere? Solo i tiranni e dittatori? Magari così fosse! Si tratterebbe, in questo caso, di eccezioni. Invece ci riguarda tutti. Il potere ha infinite ramificazioni, si inserisce dappertutto, come certa sabbia del Sahara, quando tira il vento di scirocco. Anche nella Chiesa. Il “potere temporale” dei papi si è anch’esso macchiato talvolta di abusi, e io credo che la Chiesa ci abbia guadagnato enormemente a perderlo. Anche i cattolici, quando sono al potere, lo sappiamo bene, sono soggetti alle tentazioni comuni e, se non sono più che attenti, possono soccombervi platealmente.
Ma, dicevo, il problema del potere non si pone solo per il mondo politico. Anzi, se ci fermiamo qui, non facciamo che unirci alla schiera di coloro che sono sempre pronti a battere le proprie colpe… sul petto degli altri. È facile denunciare le colpe collettive, o del passato; più difficile quelle personali e del presente. Maria dice che Dio:
“Ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni” (Luca 1, 51 s.).
Ella addita implicitamente un ambito preciso nel quale bisogna cominciare a combattere “la volontà di potenza”, quello del proprio cuore. La nostra mente (“i pensieri del cuore”) può diventare una specie di trono sul quale ci sediamo, per dettare legge e fulminare chi non si sottomette. In certe regioni dell’Italia centrale, si vedono ancora molte case di campagna che terminano con una specie di torretta al di sopra dei tetti. A che serviva? Era il luogo da dove il padrone sorvegliava il lavoro dei braccianti nei campi, da dove esercitava il suo dominio (non necessariamente cattivo, in questo caso). Noi siamo costruiti un po’ come queste case. C’è dentro di noi una torretta di comando, da dove impartiamo ordini ed emettiamo giudizi e sentenze sul mondo intero. Siamo, almeno nei desideri, dei “potenti sui troni”. C’è poi l’ambito della famiglia. Anche lì è possibile, purtroppo, che si manifesti la nostra innata volontà di dominio e di sopraffazione, causando continue sofferenze a chi ne è la vittima; spesso (non sempre), la donna.
Che cosa oppone, il Vangelo, al potere? Il servizio! Un potere per gli altri, non sugli altri. Il potere conferisce autorità, ma il servizio conferisce qualcosa di più, autorevolezza, che significa rispetto, stima, ascendente reale sugli altri. Al potere, il Vangelo oppone anche la non-violenza, cioè un potere di altro tipo, morale, non fisico. Gesù diceva che avrebbe potuto chiedere al Padre dodici legioni di angeli per sbaragliare i nemici che stavano per venire a crocifiggerlo (Matteo 26,53), ma preferì pregare per essi. E fu così che riportò la sua vittoria. Il servizio non si esprime, tuttavia, sempre e solo con il silenzio e la sottomissione al potere. A volte può spingere ad alzare coraggiosamente la voce contro di esso e contro i suoi abusi.
La seconda lettura dice:
“Non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia compatire le nostre infermità, essendo stato lui stesso provato in ogni cosa, a somiglianza nostra”.
Tra le cose tristi che Gesù ha sperimentato nella sua vita, c’è stato proprio l’abuso di potere. Su di lui hanno infierito i poteri politici e religiosi del tempo: Erode, il Sinedrio, Pilato. Per questo egli è vicino e può consolare tutti quelli che, in qualsiasi ambiente (nella famiglia, nella comunità, nella società civile), fanno su di sé l’esperienza di un potere cattivo e tirannico. Con il suo aiuto, è possibile, come ha fatto lui, non “soccombere al male” e vincere anzi “il male con il bene” (Romani 12, 21).
LEGGI IL BRANO DEL VANGELO
XXIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – Anno B
Puoi leggere (o vedere) altri commenti al Vangelo di domenica 21 Ottobre 2018 anche qui.
- Colore liturgico: Verde
- Is 53,2.3.10-11; Sal. 32; Eb 4, 14-16; Mc 10, 35-45
Il Figlio dell’uomo è venuto per dare la propria vita in riscatto per molti.
Mc 10, 35-45
Dal Vangelo secondo Marco
35Gli si avvicinarono Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedeo, dicendogli: «Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo». 36Egli disse loro: «Che cosa volete che io faccia per voi?». 37Gli risposero: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra». 38Gesù disse loro: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?». 39Gli risposero: «Lo possiamo». E Gesù disse loro: «Il calice che io bevo anche voi lo berrete, e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati. 40Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato».
41Gli altri dieci, avendo sentito, cominciarono a indignarsi con Giacomo e Giovanni. 42Allora Gesù li chiamò a sé e disse loro: «Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. 43Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, 44e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. 45Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.
- 21 – 27 Ottobre 2018
- Tempo Ordinario XXIX
- Colore Verde
- Lezionario: Ciclo B
- Anno: II
- Salterio: sett. 1
Fonte: LaSacraBibbia.net
LEGGI ALTRI COMMENTI AL VANGELO