Commento al Vangelo del 21 Novembre 2021 – don Giovanni Berti (don Gioba)

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Un re fuori dal mondo

A Sulechowska in Polonia nel 2010 è stata inaugurata una colossale statua di Cristo Re, alta ben 52 metri. Rappresenta Gesù con una lunga tunica e mantello, a braccia aperte e con la corona in testa. Quest’opera richiama altre statue colossali simili di Cristo che sono state erette nel mondo, la più famosa di tutte è quella di Rio de Janeiro. Cercando su internet mi sono imbattuto anche in una di queste, originale per la storia e la collocazione, il Cristo dell’Avana. Eretta nella capitale dell’isola di Cuba, la statua di marmo alta 20 metri, era stata voluta fortemente dal dittatore Batista e inaugurata giusto 15 giorni prima della sua fuga per mano dei ribelli guidati da Fidel Castro. Pare che il cardinale Arteaga l’avesse benedetta malvolentieri ritenendola solo uno strumento di potere voluto dal dittatore e non un segno di fede.
Di statue colossali erette nel mondo ce ne sono tantissime, di tutti i periodi storici, culture e religioni. Sono un segno di omaggio a chi viene rappresentato ma anche un evidente sfoggio di potere di chi le ha volute ed erette.

Ho pensato all’enorme statua del Cristo Re polacco (e a tutte le sue statue sorelle) meditando la scena del Vangelo di Giovanni in questa solennità liturgica di Cristo Re. La Chiesa, concludendo il percorso delle domeniche dell’anno liturgico, raccoglie il senso profondo di tutta la storia di Gesù, dalla sua nascita fino alla morte e resurrezione, riconoscendolo come assoluto Re della storia e dell’universo. Non può che essere così: lui che è il Principio e Fine della Storia della Salvezza, viene dalla realtà di Dio e a Dio ritorna, giudice di tutto e tutti. Ma il Vangelo come ci descrive questa regalità assoluta di Cristo?

Nel passo del Vangelo siamo dentro quel processo pubblico davanti a Pilato che porterà il Maestro di Galilea ad essere rifiutato e ucciso come un malfattore qualunque, fuori dalla città di Dio, Gerusalemme.
In questo processo, come nella successiva condanna, Gesù appare piccolo e totalmente fragile di fronte alla colossale macchina di odio di morte che lo sta schiacciando. A quei tempi era macabra usanza prendersi gioco dei condannati, specialmente di quelli che si erano macchiati di sedizione e che si consideravano rivoltosi. Erano esposti al pubblico in modo falsamente regale, con mantello e corona per essere non osannati ma derisi. È così che Gesù viene esposto al pubblico di coloro che lo condannano, perché è così che lo vogliono definitivamente umiliare. Pilato, che rappresenta il potere politico, è prigioniero delle convenienze e del suo ruolo di rappresentare la potenza di Roma. I Giudei che hanno consegnato a Pilato Gesù sono simbolo di una religiosità a sua volta prigioniera di pregiudizi, convenienze e poteri acquisiti che rendono incapaci di ascoltare veramente Dio. Gesù in mezzo a questo appare piccolo e fallimentare e non ha assolutamente nulla di regale. O almeno così sembra…

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L’evangelista Giovanni che racconta con lo sguardo della fede, ci mostra Gesù che pur apparendo un fallito alla fine è davvero regale, è davvero “Re”. Ma non è Re secondo la logica di coloro che gli stanno attorno, non secondo Pilato e i Giudei.
Il suo regno non è di questo mondo, non è del mondo di violenza, potere, pregiudizi che caratterizzano spesso i regni umani, ma il suo è un regno “di un altro mondo” che non è fuori dal nostro ma dentro, nell’intimo della verità dell’uomo, quella che Dio ha scritto nel cuore umano. Gesù è un Re di pace, di dono, di povertà, di condivisione. Non usa la violenza per imporsi ma l’amore. Non ha bisogno di un esercito di soldati armati, ma di una comunità fratelli e sorelle amanti. Ed è questo esercito radunato non per coercizione o denaro ma per fede che vuole conquistare il mondo e sconfiggere tutti i “pilato” che ci sono ancora oggi.

Essere dalla parte della verità, come dice Gesù a Pilato, è proprio questo, cioè comprendere che la verità dell’uomo è l’amore e non il potere, e chiunque è in questa verità e soprattutto la vive, fa parte del regno di Cristo oggi.

Quella statua colossale polacca sicuramente è anche un segno di fede, anche se sappiamo bene che di statue colossali di divinità ce ne trovano tante anche in Egitto, ruderi di una religione che non c’è più. Il monumento più grande che possiamo costruire a Cristo Re, per onorarlo e renderlo visibile a tutti, rimane la nostra piccola vita vissuta con il suo stile, dentro ogni situazione ci troviamo, anche la più difficile e dolorosa. Madre Teresa di Calcutta, donna minuta e piegata dall’età e dalla carità, è stata davvero colossale nel mostrare la verità del Vangelo di Cristo. E non solo lei… ma anche noi.


Fonte: il blog di don Giovanni Berti (“in arte don Gioba”)