Carissima Maria,
ho così vivo il ricordo della tua presenza qui in questo villaggio sperduto tra i monti della Giudea che scrivere ora che ci separano molti chilometri mi sembra di sminuire il valore inestimabile di volti che si incrociano, di occhi che si specchiano reciprocamente, di persone che si amano. Ma nelle viscere si è smosso un così forte desiderio di comunicarti riconoscenza e gratitudine per quanto hai amorevolmente fatto per me e Zaccaria, che non potevo non affidare tali sentimenti a una semplice lettera.
Benedetta tu, Maria: sei stata per me evangelo, nutrice della buona novella del Regno, messaggera di pace e di comunione, serva nelle mansioni più umili e quotidiane di casa.
Il tuo saluto mi ha fatto esultare di gioia e Giovanni ha danzato di commozione e stupore: è la danza dello Spirito che trasforma l’universo e lo fa passare dal caos all’armonia, è la danza che mi ha permesso di abbandonare un’esistenza avvizzita in un’esistenza che fiorisce e porta frutti d’amore. Nei tre mesi in cui sei rimasta con noi mi hai aiutato a dare senso alla mia vecchiaia e ad attendere che Dio togliesse il velo di vergogna su di me e Zaccaria.
Maria, così giovane, sei il sigillo di garanzia della donna prudente, il marchio di qualità della donna saggia, il timbro duraturo della donna fedele. Ti sei lasciata sedurre dallo Spirito e porti con te – anzi, dentro di te – la tenerezza dell’amore. Se per Giuseppe il silenzio è oro, per te è gestazione di un dono incommensurabile che Dio fa all’umanità: e di questo hai reso ricca la nostra casa! Io ho atteso lunghi anni di sterilità prima di avere un figlio, tu hai creduto e hai teso la tua giovinezza d’amore… Il Signore ha fatto il resto.
Maria, primavera di Galilea, hai emanato il profumo della speranza, in te è sbocciata la fragranza di liberazione per tutti i poveri e gli oppressi della terra. Non aver paura dei giorni che ti attendono. Non temere! Donna vigilante, sentinella della notte del mondo, conserva la tua lampada sempre accesa anche nel buio più assoluto delle incomprensioni con Giuseppe, nelle oscurità della derisione dei nazaretani, del rifiuto degli uomini perbene, della persecuzione dei potenti di turno. Sii l’aralda di pace! Sempre. Mantieni accesa la lucerna della meraviglia e della bellezza lungo il cammino faticoso verso Betlemme. Attendi e vivi l’oggi di Dio e il Signore verrà presto! Stai vivendo i bollori delle doglie del parto ma in te sono anche gli albori di resurrezione per l’umanità intera. Non essere ansiosa di fissare i paletti e la segnaletica della strada già tracciata, ma continua a battere quella che lo Spirito ti ha fatto appena imboccare e di cui non vedi ora nemmeno l’ombra di destinazione. Abbandona il vestito vecchio e logorato del già detto, già noto, già fatto, e indossa le vesti più belle di splendore e di utopia di mondo altro. Confida in Dio ma affidati a Giuseppe: lasciati custodire dalla sua sapienza di uomo mite e nonviolento.
Buon cammino di silente attesa, umile e gioiosa!
Tua cugina Elisabetta.
L’autore della lettera è fratel Giandomenico della comunità monastica di Bose
Dal Vangelo secondo Luca
In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda.
Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo.
Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.
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