MESSA DELLA VEGLIA
Letture: Rm. 6,3-11; Sal. 117; Lc. 24,1-12;
“Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui; è risuscitato”.
(Pensieri di Card. Giacomo Biffi)
Nota liturgica:
Durante il Tempo Pasquale, la Chiesa si unisce con gioia attraverso la recita del Regina Coeli (Regina del Cielo) alla Madre di Dio per la resurrezione di Suo Figlio Gesù Cristo, evento che rappresenta il più grande mistero della fede cattolica.
La preghiera dell’antifona del Regina Caeli è stata stabilita da Papa Benedetto XIV nel 1742, e durante il Tempo Pasquale, dalla celebrazione della resurrezione fino al giorno di Pentecoste, sostituisce la preghiera dell’Angelus, la cui meditazione centrale è il mistero dell’Incarnazione.
Come l’Angelus, il Regina Caeli viene recitato tre volte al giorno: all’alba, a mezzogiorno e al tramonto, come modo per consacrare la giornata a Dio e alla Vergine Maria.
Non si conosce l’autore di questa composizione liturgica risalente al XII secolo e che i frati minori francescani hanno ripetuto dopo la compieta nella prima metà del secolo seguente, rendendola popolare e diffondendola in tutto il mondo cristiano.
Questa notte da ogni altare la Chiesa grida al mondo la notizia più sorprendente, più consolante, più rinnovatrice della storia: “Cristo Signore è risorto!”.
Messaggio che sorpassa l’attesa e le speranze dei patriarchi e dei profeti antichi, che abbiamo sentito vibranti attraverso le letture della veglia santa. Ma tramanda soprattutto le esperienze, piene di stupore e di gioia, dei testimoni prescelti hanno fatto incontrando colui che era stato crocifisso, conversando e mangiando con lui.
Cristo è Risorto!
Qui c’è il cuore della nostra fede. Quelli che accolgono l’annuncio pasquale sanno di non essere più prigionieri di un mondo piccolo e chiuso, oltre il quale non c’è che l’abisso del nulla. È stato aperto un varco dall’amore che è più forte della morte: per questo varco ora anche noi abbiamo libero accesso al Regno e alla casa del Padre, dove Gesù è salito a prepararci un posto.
Risorgere in Cristo e con Cristo è il nostro destino; e vuol dire migrare di là, su una nuova terra dove più non si piange, sotto nuovi cieli dove finalmente abiterà la giustizia.
Se Cristo è risorto, allora ogni sofferenza è transitoria: ciò che passa, alla fine è sempre breve; e, una volta passato, sembra irreale come un sogno. Solo ciò che resta per sempre, ciò che è collocato nel mondo dei risorti, è realtà autentica e piena.
La Pasqua è la certezza che il male alla fine è sconfitto. Anche se fa molto chiasso, anche se dissemina molte rovine, anche se può avere un’impressionante successo – che poi è il “successo dei tre giorni”, come la vicenda del Signore crocifisso – non prevarrà.
La sua risurrezione è la caparra sicura e concreta della nostra. Nemmeno su di noi, che pure sembriamo votati a subire il suo oscuro dominio, la morte avrà l’ultima parola. Risorgendo, Cristo ha liberato i nostri giorni “infausti e brevi” dalla paura dell’annientamento e dall’orrore della prospettiva che tutto alla fine sia vanificato.
Nella professione di fede noi proclamiamo davanti a tutti: “Aspetto la risurrezione dei morti”. San Paolo, al pensiero che qualche cristiano possa ripetere queste parole senza convincimento intimo e certo, è preso come da un brivido di angoscia e di compassione; ed esclama: Se i morti non risorgono, neanche Cristo è risorto; ma se Cristo non è risorto, è vana la vostra fede e voi siete ancora nei vostri peccati… Se abbiamo speranza in Cristo soltanto per questa vita, noi siamo i più miserabili di tutti gli uomini (1 Cor 15,16-19).
Allora la grazia particolare da chiedere nella celebrazione della Pasqua è appunto di recuperare intera e viva questa persuasione. Questa verità che è il centro e il compendio di tutta la nostra fede: deve tornare ad essere il cuore e l’ispirazione di tutta la nostra esistenza.
E c’è una seconda grazia da chiedere: quella di diventare, tutti noi che crediamo, gli evangelizzatori di questo annuncio pasquale.
Annunciare la risurrezione di Cristo, che è principio e causa della nostra, significa in concreto anche di riaffermare la preziosità dell’uomo in faccia a Dio e la sua dignità. E ci vuole coraggio e tenacia in un mondo come il nostro, dove le aggressioni, gli omicidi, i sequestri si fanno sempre più frequenti e spavaldi; dove gli aborti sono legalmente praticati; dove la denutrizione e la fame abbattono a milioni i fanciulli; dove l’emarginazione del malato e dell’anziano a volte è aggravata da calcoli ed egoismi spietati.
Ciascuno di noi stanotte, chiedendo aiuto e protezione alla Vergine della Risurrezione, la Madre del Risorto si impegni a lasciar lavorare questa divina energia nel segreto del suo cuore e nella operosità della sua vita.
MESSA DEL GIORNO
Leture: At. 10,34-43; Sal. 117; Col. 3,1-4; Sequenza; Gv. 20,1-9; “Uscì allora Simon Pietro insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro”.
Cristo, nostra Pasqua. L’espressione è significante: san Paolo pensa alla Pasqua come a una persona; noi pensiamo alla Pasqua come a una festa. Ed è giusto: la Pasqua è una festa, è anzi la madre di tutte le feste cristiane; e la sua gioia vibra in ogni altra autentica gioia che possiamo incontrare.
Ma prima ancora la Pasqua è un avvenimento, che si è compiuto e non finisce più. È la persona del Figlio di Dio crocifisso e ritornato alla vita; una presenza che pervade tutto e chiede di farsi in tutti principio di una mentalità nuova e di una esistenza trasfigurata: Cristo risuscitato dai morti non muore più: la morte non ha più potere su di lui (Rm 6,9).
Allora la Pasqua è sì un’occasione straordinaria di letizia familiare e sociale, un’opportunità di tornare in pace e sereni, un’occorrenza di cordialità beneaugurante. Celebrare la Pasqua nella sua piena autenticità comporta cogliere i valori dell’immolazione del Signore che se si possono riassumere in uno solo: la gloria di Dio nella redenzione degli uomini.
La Pasqua di Cristo è prima di tutto vittoria della verità su ogni prospettiva deformata e falsa, e quindi anche sul demonio, definito come il padre della menzogna (Gv 8,44).
Gesù proclama la sua origine divina, perché solo a partire dalla conoscenza di questa realtà primaria e trascendente può scaturire la nostra salvezza.
A Pilato dice: “Per questo io sono nato e sono venuto al mondo: per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce” (Gv 18,37).
Lo splendore della Pasqua ci faccia diventare ricercatori appassionati di ciò che è vero, di ciò che è, di ciò che salva. Ed è una ricerca che deve cominciare e accompagnarsi con la rettitudine della nostra intenzione e l’irreprensibilità del nostro agire, perché Gesù ha detto: Chi fa la verità viene alla luce (Gv 3,21).
Poi la Pasqua è vittoria dell’innocenza sul peccato. In questa vicenda, l’unico incolpevole si lascia volontariamente aggredire dai peccatori. A tutti egli ottiene il perdono di Dio, in un’aspersione di misericordia.
La prima conquista è il malfattore crocifisso sul Golgota accanto a Gesù: una attimo di fede, e la croce si muta nella gloria. Il caso è esemplare, ed è ragione di speranza per tutti noi, quali che siano i nostri debiti con la giustizia divina.
Più radicalmente la Pasqua è il trionfo della vita sulla morte. Gli uomini – i condannati a morte, perché tutti siamo destinati a incontrare questa oscura esperienza a causa del peccato – condannano a morte colui che è la fonte stessa della vita. È un paradosso, avvertito anche dall’apostolo Pietro nel suo coraggioso discorso al popolo di Gerusalemme: Avete ucciso l’autore della vita. Ma Dio l’ha risuscitato dai morti e di questo noi siamo testimoni (At 3,15).
Morendo Gesù distrugge la morte e risorgendo offre agli stessi suoi uccisori un destino di risurrezione e di vita eterna.
Le vittorie pasquali sono dunque tre: sulla falsità e l’errore, sul peccato, sulla morte. Ma la strategia è una sola: vincere il male col bene. E cioè: superare le tenebre con la luce, la colpa con l’obbedienza alla volontà del Padre.
Questo piano di battaglia è un’altra lezione preziosa per noi. Per mantenerci in sintonia con la Pasqua di Cristo, che ci ha riscattati, anche i nostri pensieri, le nostre decisioni, i nostri comportamenti devono sempre essere connotati dal rifiuto totale e irreversibile di ogni menzogna, di ogni trasgressione, di ogni violenza.
Ci aiuti la Vergine Maria, che schiacciò il capo al serpente, Madre del Cristo vincitore.