“Vide e credette”
(Giovanni 20,1-9)
di Ileana Mortari
La pericope odierna è tutta incentrata sul tema della “tomba vuota”. Essa, com’è noto, non è sufficiente a “dimostrare” la resurrezione di Gesù, non è una “prova” di essa; e tuttavia è un importante indizio, un “segno” per chi sa leggerlo correttamente.
Giovanni, che ama esprimere attraverso singoli ed emblematici personaggi diverse posizioni, ci presenta nel cap.20 le tre diverse reazioni di fronte alla tomba vuota di Maria Maddalena, di Pietro e dell’ “altro discepolo”, che è poi lo stesso Giovanni, il “Discepolo amato”.
Giunta al sepolcro, Maria vede (“blépei”) la pietra tolta, ribaltata via. Il suo vedere è espresso con “blépo”, un verbo greco che indica il vedere fisico, il semplice scorgere con gli occhi, la percezione materiale. Da questa percezione deriva alla donna una conclusione puramente umana: il cadavere non c’è più, quindi è stato rubato, portato via. Di qui il suo dolore, anzi la sua angoscia, perché le è stata sottratta – forse per sempre – l’unica reliquia che le era rimasta del suo amato Maestro.
Ella avverte di ciò i due maggiori esponenti della comunità cristiana primitiva e anch’essi vanno subito, e di corsa, al sepolcro. Pietro, cui Giovanni ha dato la precedenza, entra nella tomba e “osserva” tele e sudario piegati accuratamente. Questa volta il verbo greco è “theoréin”, che dice più del semplice vedere fisico: significa infatti “scrutare attentamente” ed implica uno sguardo attento, riflessivo, interrogante. Infatti dal passo parallelo di Luca (c.24,v.12 b) veniamo a sapere che Pietro era “pieno di stupore” per l’accaduto.
Infine anche il terzo personaggio emblematico del racconto, “l’altro discepolo”, entra nel sepolcro e di lui l’autore dice che “vide e credette”. Questa volta il verbo greco tradotto con “vide” è “éiden”, il perfetto di “horào”, che significa guardare, percepire, prendere conoscenza; nel linguaggio biblico del N.T. il verbo indica anche la visione spirituale. Siamo cioè a un terzo gradino di profondità rispetto agli altri due verbi esaminati.
Che cosa vide e che cosa credette Giovanni?
Gli esegeti hanno dato risposte diverse, anche perché il v.7 costituisce una vera e propria “crux” interpretativa.
Da parte mia ho trovato convincente la proposta di traduzione fatta dal sacerdote biblista Don Antonio Persili (ampiamente citato da V. Messori in “Dicono che è risorto”, capp.12°-13°), il quale
ha dedicato interi decenni (sic!) a studiare Giov.20,3-8,esplorando non solo il testo originale, ma il contesto storico, archeologico, antropologico, gli usi e i costumi funerari del tempo, etc.
Sulla base di una ben documentata analisi filologica, egli propone una traduzione dei vv.6-7 diversa da quella ufficiale e cioè:
NON “[Pietro] osservò i teli posati là, 7e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i
teli, ma avvolto in un luogo a parte.“
MA: “[Pietro] contempla le fasce distese e ( 7) il sudario, che era sul capo di lui, non disteso con le
fasce, ma al contrario avvolto in una posizione unica”
Che cosa si evince da questa traduzione?
Anzitutto le fasce, cioè le strisce di tela che avvolgevano il lenzuolo funerario (o sindone), se prima erano rialzate (perché all’interno c’era il corpo), ora sono “abbassate”, “distese”; cioè intatte, non manomesse, non disciolte. “Esse –afferma Persili – costituiscono la prima traccia della Resurrezione: era infatti assolutamente impossibile che il corpo di Gesù fosse uscito dalle fasce, semplicemente rianimato, o che fosse stato asportato, sia da amici che da nemici, senza svolgere quelle fasce o, comunque, senza manometterle in qualche maniera” (da “Sulle tracce del Cristo Risorto”).
Ma soprattutto risulta interessante il particolare del sudario (cui Giovanni dedica un intero versetto, il 7), che, secondo la traduzione proposta, si trova non separato dalle bende, bensì sopra le bende, nel punto in cui stava la testa del cadavere, “avvolto in una posizione unica”; infatti “unica”, cioè singolare, eccezionale, irripetibile, appare la posizione di tale sudario agli occhi di Pietro e Giovanni, perché è una sfida alla forza di gravità! Come poteva un telo rimanere “rialzato” ed “avvolto” senza nulla dentro? L’unica spiegazione plausibile è che il sudario fosse rimasto per così dire “inamidato” per l’essiccarsi (immediato) dei profumi liquidi abbondantemente versati su di esso al momento della sepoltura: era un involucro “imbalsamato”, che conservava ancora la forma di ciò che aveva contenuto fino a qualche ora prima, come se il corpo l’avesse misteriosamente attraversato senza scomporlo. Del resto Gesù risorto non sarebbe apparso all’improvviso nel cenacolo, a porte chiuse?
Ora, Pietro e Giovanni videro le medesime cose, ma solo di Giovanni si dice che “vide e credette”, perché? E che cosa “vide” Giovanni, che cosa “credette”?
Anzitutto Giovanni, a differenza di Pietro, era rimasto con Gesù fino alla fine, aveva assistito alla sua sepoltura e ora, chinatosi sul sepolcro, vede che bende e sudario sono esattamente nella posizione in cui si trovava il cadavere e collocate in modo che, come visto sopra, escludeva qualsiasi manomissione.
Ricordiamo che per l’evangelista Giovanni “vedere” (“horào”) è anche un prendere coscienza di un evento della rivelazione. Il discepolo dunque “vide”, in modo più profondo degli altri, che Gesù non era uscito dalle tele, perché, all’interno di esse, era entrato direttamente nella dimensione dell’eternità, con un passaggio misterioso da uno stato all’altro, dal tempo all’eterno. In questo “vedere” gli fu di aiuto – come detto – la sua precedente esperienza al sepolcro.
Ma soprattutto era l’amore per Gesù di cui il “discepolo amato” era penetrato che lasciò passare in lui la luce: le fasce, afflosciate su se stesse ma ancora avvolte, e il sudario in quella strana posizione, erano il SEGNO che Gesù era uscito vivo dal sepolcro, sottraendosi in maniera misteriosa ai panni che Lo avvolgevano. Giovanni coglie dunque nella disposizione delle bende e del sudario un rinvio. Non vede il Risorto, ma la sua traccia.
Di conseguenza egli crede, prima ancora di incontrarLo come avverrà per gli altri (che solo allora crederanno alla resurrezione), che Gesù è davvero resuscitato dai morti.
“Vide e credette”; “questa espressione sintetica, lapidaria – osserva Messori – segna un momento solenne: è in quell’istante, in effetti, che nasce la fede, che nasce il cristianesimo stesso.” (op. cit. p.120)
Molto suggestivo e significativo è anche quanto afferma Karl Barth nella sua “Dogmatica”: “Costituiscono uno stesso SEGNO un seno vergine trovato pieno e una tomba piena trovata vuota”. L’ingresso come l’uscita del Figlio di Dio dalla vita e dal mondo restano avvolte nel mistero.