Il commento al Vangelo di domenica 20 settembre 2015 a cura di Paolo Curtaz per la XXV domenica del tempo ordinario.
Chiacchierando per strada
Di che cosa stavate discutendo per la strada?
Immagino il silenzio imbarazzato degli apostoli. Lungo la strada hanno parlato di potere e di posti da spartire.
Gesù, invece, aveva appena detto loro di essere disposto a morire, di andare fino in fondo pur di non tradire il vero volto del Padre. E loro non avevano capito, come potrebbero?, ma non hanno osato chiedere.
Meglio restare nelle proprie ristrette opinioni, meglio non chiedere, meglio non indagare.
Di che cosa stavate discutendo per la strada?
Sarebbe interessante se Gesù entrasse gentilmente in una delle nostre riunioni pastorali di inizio anno e ci ponesse questa domanda birichina. Già: di che cosa parliamo lungo la strada che ci porta verso il Regno? Di come annunciarlo meglio? Di come crescere in comunione? Di come portare la speranza nella nostra Italia sconfortata e rassegnata? Di come manifestare la gioia che, pur nella fatica, sperimentiamo frequentando il Signore?
No, certo, ci mancherebbe.
Dovremmo ammettere con imbarazzo che durante le nostre riunioni si parla di tutt’altro. Di cose necessarie, certo, come l’orario dei catechismi o l’organizzazione dell’animazione liturgica, ma che parliamo poco del Regno.
Di che cosa stavate discutendo per la strada?
Sarebbe interessante accogliere la provocazione quando, come preti, ci raduniamo per delle decisioni. Quante poche volte parliamo di Cristo fra suore e preti! Quanto poco della vita spirituale! Quanto, invece, di pettegolezzi clericali che inaridiscono l’anima!
Di che cosa stavate discutendo per la strada?
Voglio chiedermi oggi. Spaventato dal mondo che implode, dall’economia che ristagna, dai migranti che ci fuggono e annegano, dall’Isis che parla di morte. E discuto di tutto e di niente piccine e inutili, di furberie e di lamentele.
Che idiota che sono.
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Anche noi rischiamo di essere travolti dai pessimisti. E dagli opinionisti. E da quelli che vogliono tirarci per la giacchetta. Non hanno nessuna idea di Dio e vogliono cancellare la nostra.
Tronfi del loro relativismo, ebbri del loro disfattismo, vogliono convincerci che ciò che conta sono il potere e la gloria, salvo poi disprezzare chi li ha ottenuti.
Già ne parla il libro della Sapienza, scritto in greco nella pagana Alessandria per rafforzare la fede della numerosa comunità ebraica ivi presente. Guardati con sufficienza dalle nuove mode, derisi dagli ebrei che avevano abbracciato il paganesimo, i fedeli erano frastornati dalle cose che udivano. L’autore del libro sacro è molto chiaro: credere è una scelta, seguire una certa strada, andare in una direzione, costa fatica, ma ne vale la pena.
Combattendo la parte oscura, la bramosia, la violenza che è in noi, aggiungerebbe Giacomo alla sua comunità, possiamo incontrare la verità.
Così accade, oggi, a ciascuno di noi, in questi tempi difficili.
Il rischio è quello di mollare.
O, peggio, di dare retta ai tanti gufi che, disamorati della vita, quasi godono nel fare proseliti del nulla. Come i discepoli del vangelo di oggi.
La via
Per la seconda volta Gesù parla di croce, di morte e di resurrezione.
La sua volontà di donarsi è totale, Dio si consegna senza limiti, desidera più di ogni altra cosa svelare il suo volto agli uomini, anche se questi lo rifiutano. Gesù è motivato e deciso: non è disposto a cedere a compromessi, non è disposto a barattare il vero Dio, anche se ciò comportasse la morte.
Sono attoniti, i discepoli, come già era accaduto con Pietro che lo aveva professato Messia. Non capiscono proprio di cosa stia parlando, il Signore…
È evidente la ragione dell’incomprensione: sono tutti concentrati nello stabilire i propri ruoli, nel ritagliarsi una poltrona, nell’ottenere benefici. Troppo ripiegati su loro stessi per accorgersi del Signore.
E Gesù, l’immenso Gesù, il Rabbi Gesù, questo Dio paziente e misericordioso, ancora una volta si mette da parte, non pensa al proprio dolore, e insegna: “tra voi non sia così…”
Che emozione, amici.
Che tristezza.
Tristezza, sì, perché gli apostoli ci assomigliano, siamo loro simili anche in questa piccineria insostenibile.
Tutti cerchiamo la gloria, anche spintonando, anche calpestando gli altri, e facciamo diventare normalità la barbarie che ci sta invadendo. Anche nella Chiesa.
Bambini
Gli apostoli “Principi della Chiesa”?
No, miseri peccatori, miseri e meschini, come me, come voi.
Che ce ne saremmo fatti di splendidi discepoli?
Cosa avremmo capito, noi discepoli, dalle loro vite perfette?
Nelle loro fragilità scopriamo le nostre, nelle loro piccole miserie rispecchiamo le nostre e ne proviamo vergogna.
Al Rabbì dobbiamo guardare, non a noi, non alle nostre rivendicazioni ecclesiali, al nostro metterci a confronto per individuare chi abbia il carisma più efficace.
La Chiesa non è la comunità dei perfetti ma dei perdonati.
Gli apostoli pagheranno a caro prezzo la loro supponenza: davanti allo scandalo della croce e davanti alla loro paura ritroveranno l’autenticità del loro cuore e diventeranno – finalmente – capaci di amare.
Fra noi non sia così: guardiamo ai bambini che tutto attendono dagli adulti, che si fidano, che attendono. Non diventiamo infantili, ma trasparenti e puri, desiderosi di essere presi in braccio da Dio, capaci di vedere la luce e la bellezza e il gioco in ogni evento.
Bambini nel cuore e nel giudizio, adulti nelle azioni e nella forza di amare.
Come Cristo.
il blog di paolo curtaz: www.paolocurtaz.it
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XXV Domenica del Tempo Ordinario – Anno B
- Colore liturgico: bianco
- Sap 2, 12.17-20; Sal.53; Gc 3,16 – 4,3; Mc 9, 30-37
Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo.
Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti».
E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.
- 20 – 26 Settembre 2015
- Tempo Ordinario XXV, Colore verde
- Lezionario: Ciclo B | Anno I, Salterio: sett. 1
Fonte: LaSacraBibbia.net