L’abbraccio del cuore
Non capivano
Gesù, lungo la strada della Galilea, con i discepoli stava insegnando loro il senso e la missione del Messia; non è tanto un annuncio della sua passione quanto un insegnamento che avrebbe dovuto illuminare l’animo dei discepoli, lo fa utilizzando le parole che troviamo nel libro di Isaia (cap. 52 e 53) dove si parla delle sofferenze del Servo di Jahwé, ma i suoi non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo.
[ads2]Ci sconforta considerare l’uomo sempre così aperto a qualsiasi “sapere”, disponibile a tutto ciò che ha sapore di novità, che invece si chiude in se stesso nella proprie convinzioni di fronte al mistero della sofferenza e della morte. Il rifiuto è totale perché non capendo neanche si chiede, anzi abbiamo timore che chiedendo si riceva risposte che scombinano il sistema acquisito di certezze. Ci sarebbe da domandarci come stia funzionando la nostra relazione col Signore, ferma in convincimenti e pratiche religiose, nello stesso tempo frenata nella conoscenza e disattivata nelle domande che pure ci poniamo.
Di che cosa stavate discutendo
Il Vangelo ci rivela che noi uomini non siamo privi di questioni che pure trattiamo ma nel riserbo e con una certa vergogna: Gesù si accorge del parlottare lungo la strada che niente aveva a che vedere col suo insegnamento, sa che gli argomenti che interessavano i discepoli stavano andando esattamente nella direzione opposta al suo insegnamento. Ma, sollecitati, i discepoli tacevano.
Sembra incredibile eppure siamo capaci di praticare una religione, sentirsi “fedeli”, parte di una Chiesa ma nella concretezza dei fatti non condividerne le convinzioni e gli insegnamenti. Siamo fatti così e preferiamo nascondere, anche a noi stessi, tacere certe contraddizioni, sfasature, incomprensioni, incoerenze. Non siamo capaci di giustificarci e neppure di tentare una cambiamento: “sono fatto così e se mi vuole Gesù mi prende come sono!”. Non conta l’insegnamento e l’esempio del Signore, la storia personale ci condiziona a tal punto da non vedere oltre la punta del naso, la storia e la geografia sembra fermarsi ai propri interessi, non superare l’orizzonte dei nostri personali desideri, abbiamo creato “un cerchio intorno a noi”.
Chi fosse più grande
Evitiamo di atteggiarci a moralisti e giudicare quei pover’uomini non dissimili al nostro pensare… si sono lasciati prendere dall’egoismo, dalla carriera (anche religiosa e parrocchiale), sono superbi, orgogliosi, presuntuosi… Proviamo a immaginare un regno ben organizzato e il desiderio di parteciparvi attivamente, di avere un ruolo politico magari in qualche ministero. Il problema è la manifestazione del peccato profondo del genere umano, quello che abbiamo chiamato peccato originale: la voglia di “potere”, di diventare come Dio (Gn 3,5), un Dio grande e possente.
Gesù, invece aveva insegnato che Dio non è né grande né potente, piuttosto viene consegnato nelle mani degli uomini perché gli uomini avessero la possibilità di prendere atto del loro delirio di potere arrivando ad ucciderlo. Ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà, così che la grandezza di Dio si potesse manifestare una volta raggiunta la piccolezza, quando messosi a servizio di tutta l’umanità e sopraffatto da essa, gli uomini avessero esaurito ogni altra possibilità se non quella di un cambiamento di rotta.
Preso un bambino
Lasciamoci pure intenerire dall’immagine, dall’abbraccio del Signore che manifesta l’essere un tutt’uno con quel bambino, lasciamoci accogliere dalla sua misericordia che non solo con le parole, ma anche con i gesti, continua ad insegnare a noi. Dio porta al suo cuore un bambino, l’uomo nella sua piccolezza, vorrebbe farci capire che il Dio che immaginiamo e desideriamo è capovolto rispetto al Dio vero, vorrebbe che non tentassimo di capovolgerlo, piuttosto che capolvolgessimo i nostri desideri e le nostre aspettative.
Gesù abbracciandoci ci chiede di far battere il nostro insieme al suo grande cuore fattosi piccolo.
XXV Domenica del Tempo Ordinario – Anno B
- Colore liturgico: bianco
- Sap 2, 12.17-20; Sal.53; Gc 3,16 – 4,3; Mc 9, 30-37
Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo.
Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti».
E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.
- 20 – 26 Settembre 2015
- Tempo Ordinario XXV, Colore verde
- Lezionario: Ciclo B | Anno I, Salterio: sett. 1
Fonte: LaSacraBibbia.net