Commento al Vangelo del 20 gennaio 2019 – Figlie della Chiesa

La Liturgia di questa seconda domenica del tempo ordinario propone alla nostra meditazione le nozze di Cana dal Vangelo di Giovanni, l’unico Evangelista a narrare questo evento. In queste nozze Gesù si rivela come lo Sposo: a Cana sono simboleggiate le nozze della Chiesa con Cristo. È Lui che ha definito se stesso in questo modo (cfr Mt 9,15; Mc 2,19; Lc 5,34); così è stato riconosciuto da Giovanni Battista (Gv 3,29) e dalla Comunità degli inizi (2Cor 11,2; Ef 5,32). Cristo-sposo è uno dei tanti modelli teologici adoperati dal Nuovo Testamento per indicare il rapporto tra Gesù e la sua Chiesa. Altri sono il pastore, la porta, la vite, il maestro …

Nella Bibbia, il matrimonio è l’immagine usata per significare l’unione tra Dio e il suo popolo. Queste nozze tra Dio e il suo popolo erano attese già da molto tempo: il profeta Osea (verso l’anno 750 a.C.) per la prima volta rappresentò il sogno di queste nozze quando racconta la parabola dell’infedeltà del popolo dinanzi alla proposta di Yahvé. “Ti farò mia sposa per sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto, nella benevolenza e nell’amore, e ti fidanzerò con me nella fedeltà e tu conoscerai il Signore!” (Os 2,21-22). Le nozze di Cana ci dicono che Gesù è il vero sposo che giunge per le tanto attese nozze, portando un vino gustoso ed abbondante. Queste nozze definitive sono descritte nel libro dell’Apocalisse (Ap 19,7-8; 21,1 a 22,5).

Il tema di questa domenica lo troviamo confermato nella Colletta propria dove Cristo è chiamato “sposo e Signore” e la Chiesa è presentata come la comunità che pregusta “nella speranza la gioia delle nozze eterne”.

vv.2,1-2 Il terzo giorno vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli.

A Cana si celebra un matrimonio. Di solito la festa si protraeva per sette giorni e un pranzo di nozze doveva offrire da mangiare e da bere a sufficienza. Alle nozze partecipava molta gente del villaggio: era una festa che coinvolgeva molte persone.

La “madre di Gesù” era presente alla festa. L’Evangelista, secondo un’abitudine orientale, non la indica con il suo nome. Ancora oggi nel mondo arabo è un onore per una donna essere indicata come madre di suo figlio. In questo modo l’evangelista vuole concentrare tutto il suo interesse su Gesù, anch’egli presente con i suoi discepoli; anzi, il racconto lascia immaginare che Maria sia già presente quando arriva Gesù con i suoi discepoli.

La Madre di Gesù si trovava nella festa mentre Gesù e i suoi discepoli erano invitati. La Madre di Gesù simbolizza l’Antica Alleanza mentre Gesù con i suoi discepoli è la Nuova Alleanza che sta arrivando. La Madre di Gesù favorirà il passaggio dall’Antica alla Nuova Alleanza.

vv.2,3-4 Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: “Non hanno vino”. E Gesù le rispose: “Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora”.

Gesù arriva … e il vino viene a mancare. Il vino, segno di gioia e di prosperità, accompagnava con abbondanza il banchetto di nozze. Maria vede questa situazione e subito lo comunica a Gesù. Maria non domanda niente a Gesù, esprime solo la sua preoccupazione riguardo a una difficoltà di cui non vede via d’uscita. Essendo donna, molto probabilmente era in una stanza diversa da dove si svolgeva il banchetto nuziale, vicina alla cucina, accanto ai servi e di lì porta la notizia a Gesù. Con questa sua risposta Gesù esprime una presa di posizione diversa da chi ha fatto la constatazione, sono due livelli di parlare. Maria si è mostrata addolorata del contrattempo che minaccia il buon esito della festa, ma Gesù la pensa in maniera diversa perché sa che porterà la soluzione.

Il Vangelo di Giovanni parla spesso dell’“ora” di Gesù e s’identifica con la Pasqua in cui Gesù sarà glorificato. Le nozze di Cana, interpretate alla luce della Pasqua, ci dicono l’inizio della rivelazione dell’amore di Dio il cui compimento sarà la croce, quando Gesù immolerà la sua vita.

vv.2,5 Sua madre disse ai servitori: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela”.

Maria non ha compreso l’intenzione di Gesù; essa intuisce tuttavia un’eventualità. Ai servi non trasmette l’ordine di obbedire ma fa loro comprendere che essi forse dovranno rendere un servizio a Gesù. Maria è donna di fede profonda, piena di confidenza e speranza, con disponibilità totale che invita anche i servi ad avere. Queste parole richiamano le parole pronunciate dal popolo d’Israele dopo l’Alleanza al Sinai: «Tutto ciò che Jahvè ha detto, noi lo faremo» (Es 19,8; 24,3.7.)

v.2,6 Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri.

I riti di purificazione erano diffusi presso i Giudei, come presso tutti i popoli. Esprimono il desiderio di purificazione dell’uomo. Sono sei, numero imperfetto: manca qualche cosa … Perché sono proprio vuote durante una festa? L’osservanza delle leggi della purezza, simbolizzata dalle sei giare, ha esaurito tutte le sue possibilità e non sono più in grado di generare una vita nuova. Con il “segno” Gesù ci fa comprendere che solo Lui può adempiere il desiderio di purificazione dell’uomo e donargli un modo di vivere completamente nuovo.

vv.7-8 E Gesù disse loro: “Riempite d’acqua le anfore”; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: “Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto”. Ed essi gliene portarono.

Come nella moltiplicazione dei pani, anche a Cana Gesù sollecita e attende la collaborazione dell’uomo. Gesù avrebbe potuto fare senza chiedere niente a nessuno; ma egli desidera che i suoi discepoli si assumano responsabilità. La raccomandazione della Madre di Gesù ai servi è l’ultimo ordine dell’Antica Alleanza: “Fate quello che vi dirà!”. L’Antica Alleanza guarda verso Gesù: da questo momento saranno le sue parole e i suoi gesti a segnare la vita di chi lo segue.

vv.9-10 Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: “Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora”.

Il maestro di tavola assaggia l’acqua trasformata in vino e riconosce pubblicamente che il Nuovo è migliore! Lui non sa da dove proviene il vino, lo sanno bene invece i servi che hanno obbedito alla Parola di Gesù. Dove prima c’era acqua per i riti della purificazione, ora c’è vino abbondante per la festa. Il maestro di tavola non conosce quello che ha fatto Gesù e si complimenta con lo sposo. È un modo indiretto che l’Evangelista usa per far vedere che il vero sposo è Gesù che, donando un vino superiore, dà compimento al primo vino già servito. Vi è continuità tra i due vini, perché sono vino di nozze. L’Alleanza Antica arriva al suo compimento grazie all’azione di Gesù.

v.11 Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.

Qui è l’inizio dei segni. Questo termine tipico dell’Evangelista Giovanni comprende sempre due significati: uno dimostrativo, il segno suscita la fede dei discepoli in Gesù; l’altro espressivo, esso manifesta la gloria di chi lo compie.

Il “segno” ha lo scopo di orientare verso l’autore. La fede è l’obiettivo primo di tutti i segni del quarto vangelo, come precisa lo stesso Evangelista nella conclusione: i segni operati da Gesù sono stati scritti perché crediate.

Il gesto compiuto, però, esprime il mistero personale di Gesù e quindi della salvezza che sarà rivelata agli uomini. Il segno manifesta, sotto una forma sensibile, una realtà proveniente dall’alto che è qui chiamata col nome di “gloria”.

Questo è il primo segno: la piccola comunità che si è formata attorno a Gesù quella settimana, vedendo il segno, fu in grado di capire il significato più profondo e “credette in lui”.

Facciamo nostra la preghiera di colletta di questa domenica affinché la Chiesa, ascoltando e obbedendo alla sua Parola, faccia oggi esperienza dell’amore del suo Signore che l’ha amata e dato se stesso per Lei.

O Dio, che nell’ora della croce hai chiamato l’umanità a unirsi in Cristo, sposo e Signore, fa’ che in questo convito domenicale la santa Chiesa sperimenti la forza trasformante del suo amore, e pregusti nella speranza la gioia delle nozze eterne.

Appendice

Il profumo di Maria nella Chiesa

La presenza di Maria offriva la gradevole dolcezza della primavera, e dovunque ella si girasse per accordare il suo favore, fioriva il paradiso. I tuoi germogli, dice lo Sposo, sono un paradiso di melograni dai frutti squisiti. La henna con il nardo, il nardo con il croco, il croco e la cannella con tutti gli alberi del Libano, la mirra e l`aloe con tutti i balsami scelti. E` la fontana dei giardini, il pozzo di acque vive che scorrono a torrenti dal Libano” (Ct 4,13-15).

Il paradiso della Vergine gloriosa ha proprio le sue melagrane nella varietà delle virtù, i suoi frutti squisiti nella perfezione delle opere. C`è anche la henna con il nardo: l`una, carica di grappoli; l`altro, erba aromatica dal profumo meraviglioso, a motivo della sobria ebbrezza dei sensi e della fama deliziosa e profumata delle virtù. Vi si aggiungono il croco della gioia, la canna del distacco carnale, la cannella della soavità, e tutti gli alberi del Libano che significano l`insieme delle virtù, la mirra della mortificazione come l`aloe dell`incorruttibilità, con tutti i balsami scelti, senza omettere quel balsamo, che, versato sul capo, discende lungo la barba, la barba di Aronne (cf. Sal 132,2) non dell`antico Aronne, che era figura, ma del nuovo che è raffigurato. E discende sull`orlo del suo vestito che è la Chiesa, la quale, secondo Paolo, è stata presentata senza macchia né ruga (cf. Ef 5,27) a questo autentico Aronne. (Amedeo di Losanna, Hom., VII, 124-144)

Gesù e Maria, invitati alle nozze

Qual è, allora, il senso di queste parole del Signore: “Che c`è fra me e te, o donna? Forse ciò che segue può farci capire perché così si sia espresso il Signore: “L`ora mia non è ancora venuta. Così dice la risposta tutta intera: “Che c`è fra me e te, o donna? L`ora mia non è ancora venuta. Cerchiamo la ragione di questa risposta. Prima, però, confutiamo gli eretici.

Che cosa insinua il serpente, l’antico inoculatore di veleni? Che cosa dice? Che Gesù non ebbe per madre una donna. Come puoi provarlo? Con le parole, tu mi dici, del Signore: “Che c`è fra me e te, o donna? Ma, rispondo, chi ha scritto queste parole perché possiamo credere che ha detto questo? Chi? Giovanni l`evangelista, lo sappiamo tutti. Ma questo stesso ha detto: “E c`era la madre di Gesù. Questo è il racconto, infatti: “Il terzo giorno si facevano nozze in Cana di Galilea, e c`era la madre di Gesù; e anche Gesù con i suoi discepoli fu invitato alle nozze” (Gv 2,1-2).

Abbiamo qui due affermazioni riportate dall`evangelista. Dice: “C`era la madre di Gesù; e ancora lui riferisce le parole di Gesù a sua madre. Ma come ci riporta la risposta di Gesù? Comincia da prima con il dire: “La madre di Gesù disse a lui” (Gv 2,3). State attenti a queste parole, fratelli; esse sono la difesa della integrità del vostro cuore contro la lingua del serpente. Lì, nel medesimo Vangelo, nella narrazione del medesimo evangelista, è detto: “C`era la madre di Gesù. E: “la madre di Gesù disse a lui. Chi ci ha narrato questi fatti? Giovanni evangelista. E che cosa rispose Gesù a sua madre? “Che c`è fra me e te, o donna? Chi ci riporta queste parole? Sempre il medesimo Giovanni evangelista.

O evangelista fedelissimo e veracissimo, tu mi racconti che Gesù disse a sua madre: “Che c`è fra me e te, o donna? Perché hai assegnato a Gesù una madre che egli non riconosce? Tu hai detto infatti, che “c`era la madre di Gesù, e che “la madre di Gesù disse a lui” perché non hai detto piuttosto: c`era Maria, e: Maria disse a lui. Tu riporti, invece, tutte e due le espressioni; sia “la madre di Gesù disse a lui, sia: “E Gesù le rispose: Che c`è fra me e te, o donna? Perché ciò, se non perché tutte e due le espressioni sono vere? Quelli, invece, vogliono credere all`evangelista solo quando narra che Gesù disse a sua madre: “Che c`è fra me e te, o donna?, e non quando dice: C`era la madre di Gesù, e “la madre di Gesù disse a lui. Ebbene, chi è che resiste al serpente e possiede la verità, di chi è il cuore la cui integrità non è corrotta dall`astuzia del diavolo? Certamente di chi ritiene vero sia che c`era lì la madre di Gesù, sia che Gesù rispose a quel modo a sua madre.

Se ancora non comprendi in che senso Gesù disse: “Che c`è fra me e te, o donna?, credi frattanto che Gesù ha detto quelle parole, e le ha dette a sua madre. Comincia con il credere adorando, e tale fede avrà i suoi frutti.

Mi rivolgo a voi, cristiani fedeli: c`era la madre di Gesù? Voi rispondete: c`era. Come lo sapete? Voi rispondete: lo racconta il Vangelo. E che cosa risponde Gesù alla madre? Voi dite: “Che c`è fra me e te, o donna?L`ora mia non è ancora venuta. Anche questo, come lo sapete? Voi rispondete: lo racconta il Vangelo. Che nessuno vi corrompa questa fede, se volete conservare per lo sposo una casta verginità. Se poi qualcuno vi domanda perché Gesù rispose a quel modo alla madre, parli pure colui che ne conosce il motivo, e chi non lo conosce ancora, continui a credere fermissimamente che Gesù ha risposto veramente così, e che ha risposto così a sua madre. Questo spirito di pietà gli meriterà anche di capire il senso di quella risposta, se busserà con la preghiera e non con le obiezioni, alla porta della verità. Ma stia in guardia, perché, mentre crede di sapere il motivo di quella risposta o si vergogna di non saperlo, non sia indotto a credere che l`evangelista ha mentito dicendo: “c`era la madre di Gesù“; oppure che Cristo stesso ha sofferto per i nostri peccati una morte fittizia, ha mostrato delle false cicatrici per la nostra giustificazione, ed ha egli stesso mentito quando disse: “Se voi rimanete costanti nella mia parola, sarete davvero miei discepoli e conoscerete la verità e la verità vi farà liberi” (Gv 8,31-32). Perché, se la madre è fittizia, e fittizia la carne, fittizia la morte, fittizie le piaghe della Passione, fittizie le cicatrici della Risurrezione; allora non sarà la verità a liberare quelli che credono in lui, ma piuttosto la falsità. No, tutto al contrario la falsità ceda alla verità e siano confusi tutti coloro che vorrebbero sembrare veraci proprio perché si sforzano di dimostrare Cristo fallace, e non vogliono sentirsi dire: – Non vi crediamo, perché mentite -, mentre loro vanno dicendo che la verità stessa ha mentito.

Se poi domandiamo a costoro come facciano a sapere che Cristo ha detto: “Che c`è fra me e te, o donna?, essi rispondono che han creduto al Vangelo. Ma perché allora non credono al Vangelo, quando dice: “C`era la madre di Gesù, e la madre di Gesù disse a lui? Ché se qui il Vangelo ha mentito, come gli si può credere che Gesù ha detto: “Che c`è fra me e te, o donna? Non farebbero molto meglio a credere, questi infelici, che è stato proprio a sua madre che il Signore ha risposto a quel modo, e non a una donna estranea? e cercare religiosamente il senso di questa risposta? C`è in effetti una grande differenza fra chi dice: – Vorrei sapere perché Gesù ha risposto in quel modo alla madre -, e chi dice: -Io so che Cristo non a sua madre ha dato quella risposta. Una cosa è voler penetrare ciò che è chiuso, un`altra cosa non voler credere a ciò che è manifesto. Chi dice: – Voglio sapere perché Cristo ha risposto a quel modo a sua madre -, desidera che gli venga aperto il senso del Vangelo, cui crede. Ma colui che dice: -So che Gesú non a sua madre ha dato quella risposta -, accusa di menzogna il Vangelo stesso, dal quale ha saputo, e creduto, che Cristo diede veramente quella risposta. (Agostino, Comment. in Ioan., 8, 6-7)

Cristo con la sua presenza santifica il matrimonio

Quando si celebrano nozze, naturalmente che siano caste ed oneste, di sicuro è presente la madre del Salvatore, ma lui stesso viene con i suoi discepoli se è invitato, e non tanto per prendere parte al banchetto quanto per compiere il miracolo, e inoltre per santificare il principio stesso della procreazione, che di sua natura è cosa che concerne la carne. (Cirillo di Ales., In Io. comment., 2, 1)

Il Vangelo di questa domenica presenta l’evento prodigioso avvenuto a Cana, un villaggio della Galilea, durante una festa di nozze alla quale partecipano anche Maria e Gesù, con i suoi primi discepoli (cfr Gv 2,1-11). La Madre fa notare al Figlio che è venuto a mancare il vino, e Gesù, dopo averle risposto che non è ancora giunta la sua ora, tuttavia accoglie la sua sollecitazione e dona agli sposi il vino più buono di tutta la festa. L’evangelista sottolinea che «questo fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui» (v. 11).

I miracoli, dunque, sono segni straordinari che accompagnano la predicazione della Buona Notizia e hanno lo scopo di suscitare o rafforzare la fede in Gesù. Nel miracolo compiuto a Cana, possiamo scorgere un atto di benevolenza da parte di Gesù verso gli sposi, un segno della benedizione di Dio sul matrimonio. L’amore tra l’uomo e la donna è quindi una buona strada per vivere il Vangelo, cioè per incamminarsi con gioia sul percorso della santità.

Ma il miracolo di Cana non riguarda solo gli sposi. Ogni persona umana è chiamata ad incontrare il Signore nella sua vita. La fede cristiana è un dono che riceviamo col Battesimo e che ci permette di incontrare Dio. La fede attraversa tempi di gioia e di dolore, di luce e di oscurità, come in ogni autentica esperienza d’amore. Il racconto delle nozze di Cana ci invita a riscoprire che Gesù non si presenta a noi come un giudice pronto a condannare le nostre colpe, né come un comandante che ci impone di seguire ciecamente i suoi ordini; si manifesta come Salvatore dell’umanità, come fratello, come il nostro fratello maggiore, Figlio del Padre: si presenta come Colui che risponde alle attese e alle promesse di gioia che abitano nel cuore di ognuno di noi.

Allora possiamo chiederci: davvero conosco il Signore così? Lo sento vicino a me, alla mia vita? Gli sto rispondendo sulla lunghezza d’onda di quell’amore sponsale che Egli manifesta ogni giorno a tutti, a ogni essere umano? Si tratta di rendersi conto che Gesù ci cerca e ci invita a fargli spazio nell’intimo del nostro cuore. E in questo cammino di fede con Lui non siamo lasciati soli: abbiamo ricevuto il dono del Sangue di Cristo. Le grandi anfore di pietra che Gesù fa riempire di acqua per tramutarla in vino (v. 7) sono segno del passaggio dall’antica alla nuova alleanza: al posto dell’acqua usata per la purificazione rituale, abbiamo ricevuto il Sangue di Gesù, versato in modo sacramentale nell’Eucaristia e in modo cruento nella Passione e sulla Croce. I Sacramenti, che scaturiscono dal Mistero pasquale, infondono in noi la forza soprannaturale e ci permettono di assaporare la misericordia infinita di Dio.

La Vergine Maria, modello di meditazione delle parole e dei gesti del Signore, ci aiuti a riscoprire con fede la bellezza e la ricchezza dell’Eucaristia e degli altri Sacramenti, che rendono presente l’amore fedele di Dio per noi. Potremo così innamorarci sempre di più del Signore Gesù, nostro Sposo, e andargli incontro con le lampade accese della nostra fede gioiosa, diventando così suoi testimoni nel mondo. (Papa Francesco, Angelus del 17 gennaio 2016)

Fonte: Figlie della Chiesa

ALTRO COMMENTO

“Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino»”.

Tutti ci cercano per quello che abbiamo, ma chi ti vuole davvero bene non tiene da conto di ciò che hai, ma di ciò che ti manca. L’amore vero è prendere a cuore la mancanza dell’altro, perchè in quella mancanza si gioca il meglio e il peggio della vita. Sono infatti le nostre mancanze la causa prima dei nostri peccati, ma sono altresì proprio le mancanze i punti di svolta dei grandi santi. Ritrovare il vino che manca non serve a riempire un vuoto, ma a cambiarne la sostanza.

Gesù non crea il vino dal nulla, ma cambia l’acqua in vino, cioè prende ciò che c’è e a partire da questo opera un cambiamento radicale. Quello che fino a ieri ti faceva peccare può cominciare ad essere il punto di forza della tua santità. Assurdo! Ma questo è il miracolo: il Signore è l’unico che può prendere sul serio la mia mancanza e trasformarla in santificazione.

Da cosa ce ne accorgiamo? Dal fatto che cominciamo a sentire un’inspiegabile letizia che non trova altra ragione se non nella Grazia di Dio.

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