Sempre il vangelo della II domenica del tempo ordinario è tratto da quello di Giovanni e in questo anno C leggiamo il brano delle nozze di Cana.
L’episodio delle nozze di Cana, insieme all’Epifania (6 gennaio) e al Battesimo (13 gennaio), costituisce così una sequenza narrativa sulla manifestazione del Signore. Nel giorno dell’Epifania viene celebrata la manifestazione del Signore alle genti e, attraverso la figura dei Magi è riconosciuto Re dei Giudei; nel Battesimo al Giordano vi è la manifestazione ad Israele e Gesù è rivelato dal Padre come suo Figlio; a Cana Gesù si manifesta ai suoi discepoli compiendo il primo dei segni che svelano la sua gloria.
Per l’evangelista Giovanni, i miracoli che Gesù compie, non hanno mai rilevanza per il loro aspetto straordinario e prodigioso, ma per ciò di cui sono segno e dunque per il loro significato teologico- rivelativo.
Inizia l’era messianica, il tempo nuovo in cui il vino, segno della festa e della gioia, non manca più, in cui si passa dal vino buono al vino più buono, in cui la vita è segnata dal dono d’amore gratuito e sovrabbondante di Dio. Per questo la scelta delle nozze, la festa per eccellenza, perché il Signore benedice l’amore umano e perché esse sono simbolo dell’amore che ci unisce a lui (I lettura). Un amore fedele, fecondo, che non finisce.
Il IV vangelo inizia con la descrizione di una settimana e, calcolando i giorni, possiamo porre il nostro brano nel sesto giorno, giorno della creazione dell’uomo e della donna, per comprendere che è una nuova creazione quella che si compie in Cristo, un nuovo inizio all’insegna della gioia e dell’amore; ma anche, come ci viene detto, la festa di nozze avviene “nel terzo giorno” (v.1) richiamo e rinvio alla Pasqua (“l’ora di Gesù”) l’ultimo dei segni di Gesù, il dono d’amore più grande che ci riconcilia con la Vita. Dunque, l’amore al centro di questo brano ricco di simboli, che prefigurando il banchetto escatologico, esprimono gioia, abbondanza, pienezza, esuberanza di vita, forza per superare stanchezze e vincere delusioni.
Se l’Antica Alleanza tra Dio e l’uomo si fondava sulla legge (il terzo giorno Dio si manifestò sul Sinai Dt 7,13; 11,14) che per la durezza dei cuori da dono era diventata peso e sacrificio che soffoca ogni entusiasmo (v.3: “Non hanno vino”), la Nuova Alleanza si fonda sul dono dello Spirito d’amore di Dio che rinnova i nostri cuori ed è sigillo su ogni amore vissuto in terra, caparra di un amore più grande da vivere in cielo.
Così il vino offerto a Cana diviene anticipazione del sangue offerto sul Golgota. All’inizio e alla fine un’alleanza d’amore. “E quello stesso vino, straordinario per qualità e quantità, lo beviamo ancora noi oggi accostandoci all’eucaristia” (E. Bianchi), memoriale delle nozze con tutta l’umanità.
Ecco allora la presenza di Maria qui a Cana, in questo gesto inaugurale, come ai piedi della croce, quando tutti saremo affidati a lei.
Maria, prima discepola, immagine della Chiesa, invita Gesù a manifestarsi e da qui ha inizio la fede dei discepoli di Gesù. È questo il ruolo della comunità cristiana: comunicare la fede, essere modello di carità e attenzione verso gli altri, porsi a servizio di Cristo che si rivela, vivere l’ubbidienza della fede. Come? “Qualsiasi cosa vi dite, fatela” (v.5), calco del veterotestamentario “Quanto il Signore ha detto noi lo faremo”, diviene la legge nuova che chiede di vivere la fedeltà alla sua Parola, la buona notizia che rende possibile la pienezza gioiosa della vita.
Monica
Fonte: Comunità Kairos (Palermo)
ALTRO COMMENTO
“Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino»”.
Tutti ci cercano per quello che abbiamo, ma chi ti vuole davvero bene non tiene da conto di ciò che hai, ma di ciò che ti manca. L’amore vero è prendere a cuore la mancanza dell’altro, perchè in quella mancanza si gioca il meglio e il peggio della vita. Sono infatti le nostre mancanze la causa prima dei nostri peccati, ma sono altresì proprio le mancanze i punti di svolta dei grandi santi. Ritrovare il vino che manca non serve a riempire un vuoto, ma a cambiarne la sostanza.
Gesù non crea il vino dal nulla, ma cambia l’acqua in vino, cioè prende ciò che c’è e a partire da questo opera un cambiamento radicale. Quello che fino a ieri ti faceva peccare può cominciare ad essere il punto di forza della tua santità. Assurdo! Ma questo è il miracolo: il Signore è l’unico che può prendere sul serio la mia mancanza e trasformarla in santificazione.
Da cosa ce ne accorgiamo? Dal fatto che cominciamo a sentire un’inspiegabile letizia che non trova altra ragione se non nella Grazia di Dio.