Commento al Vangelo del 20 gennaio 2018 – Monastero di Bose

Gesù ha appena istituito la comunità dei dodici apostoli. Sta compiendo guarigioni miracolose e la folla che lo segue, che si getta su di lui per toccarlo ed essere guarita, è tale che rischia di schiacciarlo. Entra in una casa con i discepoli e la folla gli impedisce persino di mangiare.

I suoi familiari sono scandalizzati da tutto il clamore che sta sollevando: dicono “è fuori di sé”, ed escono di casa con l’intenzione di andare a prenderlo per farlo rientrare a Nazareth.

Ma Gesù, pur vivendo in un contesto socio-culturale in cui la famiglia patriarcale ha centralità assoluta, non torna a Nazareth. Sceglie diversamente. Resta nella casa dov’è entrato con i discepoli, una casa luogo di familiarità e affetti, dove non basta avere in comune la parentela per entrare: infatti i suoi parenti, quando arrivano, restano fuori. D’ora in poi, Gesù sceglierà sempre così: entrerà nelle case di pubblicani e peccatori con i quali desidera parlare, ma anche nelle case degli amici quando sentirà il bisogno di essere loro vicino, o il bisogno di comprensione e sostegno quando avrà il cuore turbato. Amerà le case dove il legame, la relazione è intessuta non dalla parentela o da qualunque imposizione, ma dalla bellezza del vivere insieme. 

Gesù decide di avere non una famiglia tradizionale, fondata su vincoli di carne e sangue, bensì una nuova famiglia composta da coloro che fanno la volontà di Dio. Questa scelta atipica, che suscita scandalo e opposizione perché minaccia l’equilibrio sociale e religioso del tempo, si rivela per lui fonte di una grande libertà: libera il suo tempo e le sue energie, offrendogli la possibilità di mettersi interamente a disposizione dell’annuncio e dell’attesa del Regno. 

Gesù persegue la libertà di obbedire a Dio, di amare, con determinazione e senza guardare ai risultati immediati. È libero di riconoscere le opacità della vita senza mascherarle; è libero di non illudersi nell’ora del successo (quando le folle lo cercano e i ricchi lo invitano alla loro tavola); è libero di non scoraggiarsi nell’ora dell’insuccesso, quando vive le esperienze di infedeltà e tradimento da parte dei suoi, senza deviare dal suo cammino. È libero da qualsiasi interesse personale. È una libertà capace di offrire speranza a chi non ha speranza.

Del resto senza questa libertà, quale amore potremmo vivere? È in questo esercizio di libertà che diventiamo figli: entriamo nella casa dove lui è, entriamo in quell’ascolto reciproco che ci fa essere gli uni per gli altri sorella e fratello. È l’anelito cantato dal Salmo  133 (132):

Ecco com’è bello, com’è dolce
vivere insieme come fratelli e sorelle !
È come olio prezioso e profumato
versato sul capo di Aronne
che scende profumando la sua barba
che scende fino al bordo delle vesti.
È come rugiada dell’Hermon
che scende sui monti di Sion
là il Signore manda la benedizione
la vita per sempre.

sorella Antonella della comunità monastica di Bose

Mc 3, 20-21
Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù entrò in una casa e di nuovo si radunò una folla, tanto che non potevano neppure mangiare.
Allora i suoi, sentito questo, uscirono per andare a prenderlo; dicevano infatti: «È fuori di sé».

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

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