NEL SENO DELLA CHIESA IL NOSTRO NULLA DIVIENE LA VERGINITA’ DALLA QUALE DIRE IL NOSTRO AMEN ALLA INCARNAZIONE DI DIO CHE COMPIE IN NOI L’IMPOSSIBILE
Nulla è impossibile a Dio, e nulla possiamo fare senza di Lui. O tutto o nulla, non vi sono alternative. Per questo tante volte sentiamo lacerarsi il cuore e la mente, vorremmo avere tutto e possediamo nulla.
Il vuoto ci preme nel petto, la frustrazione sbiadisce le nostre ore, anche le gioie più limpide si portano dietro un retrogusto amaro d’insoddisfazione. I nostri giorni giungono alla sera come limoni spremuti, e non c’è più neanche una goccia da tirar fuori, come il grembo di una donna sterile, ghigno crudele della natura che sfregia il santuario stesso della vita.
Il nostro nulla. Ne facciamo esperienza nelle amicizie, nei rapporti coniugali, nello studio e nel lavoro. Giacomo Leopardi, nella poesia “A se stesso”, riassume con versi ineguagliabili ciò che Quelet aveva lapidariamente affermato: Tutto è vanità. “Or poserai per sempre, Stanco mio cor. Perì l’inganno estremo, Ch’eterno io mi credei. Perì… Assai Palpitasti.
Non val cosa nessuna… I moti tuoi, né di sospiri è degna la terra. Amaro e noia la vita, altro mai nulla; e fango è il mondo T’acqueta ormai… E l’infinita vanità del tutto”. Un frammento latino del I Secolo recita: «In nihil ab nihilo quam cito recidimus», “Nel nulla dal nulla quanto presto ricadiamo” (Corpus Inscriptionum Latinarum, vol. VI, n. 26003). Ma il nulla esiste perché esiste il tutto capace di colmarlo, una pienezza che può saziare, dare senso e donare felicità. Dal testo biblico della Creazione scopriamo, infatti, che il tutto è l’amore incontenibile di Dio che dal nulla ha creato l’universo e l’uomo. Ciascuno di noi è frutto dell’inarrestabile volontà d’amore di Dio.
Dio creando ha separato la notte dal giorno, il mare dalla terra ferma, ha conferito un ordine al mondo: dove Dio è presente brilla la luce, fiorisce la vita, sono assenti le tenebre e la gelida solitudine del non amore. In ogni nostra cellula è inscritta la stessa inquietudine divina, come un fiume in piena che deve, necessariamente, irrompere e riversarsi in qualche spazio. Anche il seno di una donna, che ne orienta i pensieri e ne regola i tempi, è creato per dare la vita, nell’attesa di accoglierla per gestarla e consegnarla al mondo.
E’ una traccia, forse la più limpida, dell’ordine d’amore insito nella creazione. In essa non vi è veleno di morte perchè «Dio ha creato l’uomo per l’incorruttibilità; lo fece a immagine della propria natura. Ma la morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo; e ne fanno esperienza coloro che gli appartengono » (Sap 1, 13-14; 2, 23-24). Il peccato ha ferito la creazione, raggiungendo e deturpando il bello, il vero, il buono. Le malattie, i terremoti, le anomalie della natura ferita ne sono il tragico segno.
Il peccato si è insinuato anche alla fonte della vita, nel seno di una donna. La sterilità era considerata in Israele una maledizione, il segno che Dio aveva abbandonato quella donna. Per questo Dio, nel suo infinito amore, ha scelto un seno sterile per cominciare e ricominciare la sua ostinata storia di salvezza, da Sara sino ad Elisabetta. L’amore del Creatore indomito dinanzi allo sfregio del peccato è sceso sempre al fondo dell’abisso del nulla, realizzando l’impossibile di trasformare quel nulla in un tutto fecondo di vita.
Questo è il cuore dell’annuncio a Maria. In Lei, nel suo seno verginale, sarebbe apparsa la Vita che non muore; l’amore di Dio si sarebbe fatto carne per recare alla carne precipitata nel nulla la Grazia del perdono, del riscatto e del tutto capace di farla santa e ricolma di vita eterna. Elisabetta sua parente ne è il segno, a Dio nulla è impossibile. Lo stesso annuncio risuona oggi per noi. Non è impossibile a Dio scendere anche nel nostro nulla, nell’angoscia più cupa, nel dubbio che scuote lo spirito, nella sterilità di relazioni vane e ipocrite, incatenate ai compromessi.
Non è impossibile a Dio trasformare il nostro nulla in una pienezza di amore e di gioia, schiudere il nostro seno sterile e farne un santuario di vita. Senza di Lui tutto è vano, con Lui tutto è possibile, soprattutto quanto oggi ci appare impossibile. Come non rallegrarci, come non desiderare il suo avvento nella nostra vita, come non cercarlo, invocarlo, supplicarlo?
Don Antonello Iapicca
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Dal Vangelo secondo Luca 1,26-38.
Nel sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te». A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù.
Sarà grande e chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
Allora Maria disse all’angelo: «Come è possibile? Non conosco uomo».
Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio.
Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile: nulla è impossibile a Dio».
Allora Maria disse: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto». E l’angelo partì da lei.