Padre Fernando Armellini, biblista Dehoniano, commenta il Vangelo di venerdรฌ 2 Novembre 2018.
Usciamo dal grembo materno ed entriamo in questo mondo; dopo lโinfanzia facciamo il nostro ingresso nellโadolescenza; lasciamo lโadolescenza per la giovinezza, la giovinezza per lโetร matura e la vecchiaia. Infine viene il momento di partire da questo mondo al quale ci siamo forse affezionati al punto da ritenerlo la dimora definitiva e di non volerlo piรน abbandonare.
Eppure su questa terra la nostra aspirazione alla pienezza della gioia e della vita viene continuamente frustrato.
Quando, con disincanto, consideriamo la realtร , verifichiamo ovunque segni di morte โ malattie, ignoranza, solitudine, fragilitร , fatica, dolore, tradimenti โ e concludiamo: no, non puรฒ essere questo il mondo definitivo, รจ troppo ristretto, troppo segnato dal male.
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In noi affiora allora il desiderio di spaziare al di lร dellโorizzonte angusto in cui ci moviamo; sogniamo perfino di essere rapiti su altri pianeti dove forse si รจ liberi da ogni forma di morte.
Nellโuniverso che conosciamo, il mondo al quale aneliamo non esiste.
Per appagare il bisogno di infinito che Dio ci ha messo in cuore รจ necessario lasciare questa terra e intraprendere un nuovo esodo.
Ci viene chiesta una nuova uscita, lโultima โ la morte โ e questa ci spaventa.
Anche i tre discepoli che, sul monte della trasfigurazione, hanno udito Gesรน che parlava del suo โesodoโ da questo mondo al Padre (Lc 9,31) sono stati colti da paura: โCaddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesรน si avvicinรฒ e, toccatili, disse: โAlzatevi e non temete!โ (Mt 17,6-7).
A partire dal III secolo compare, nelle catacombe, la figura del pastore con la pecora in spalla. ร Cristo che prende per mano e stringe fra le sue braccia lโuomo che ha paura di attraversare da solo la valle oscura della morte. Con lui, il Risorto, il discepolo abbandona sereno questa vita, certo che il pastore al quale ha affidato la propria vita lo condurrร โin prati verdeggianti e verso fonti tranquilleโ (Sl 23,2) dove troverร ristoro dopo il lungo e faticoso viaggio nel deserto arido e polveroso di questa terra.
Se la morte รจ il momento dellโincontro con Cristo e dellโingresso nella sala del banchetto di nozze, non puรฒ essere un evento temuto. ร attesa.
Lโesclamazione di Paolo: โPer me morire รจ un guadagno. Desidero essere sciolto dal corpo per stare per sempre con Cristoโ (Fil 1,21.23) dovrebbe essere proferita da ogni credente.
Per interiorizzare il messaggio, oggi ripeteremo:
Insegnaci, Signore, a contare i nostri giorni
Prima lettura (Gb 19,1.23-27a)
1 Giobbe allora rispose:
23 Oh, se le mie parole si scrivessero,
se si fissassero in un libro,
24 fossero impresse con stilo di ferro sul piombo,
per sempre sโincidessero sulla roccia!
25 Io lo so che il mio Vendicatore รจ vivo
e che, ultimo, si ergerร sulla polvere!
26 Dopo che questa mia pelle sarร distrutta,
senza la mia carne, vedrรฒ Dio.
27 Io lo vedrรฒ, io stesso,
e i miei occhi lo contempleranno non da straniero.
Il peccato incrina lโequilibrio interiore dellโuomo ponendolo in conflitto con le sue aspirazioni piรน intime; infrange il rapporto con Dio che non รจ piรน considerato amico, ma un intruso, un despota da cui liberarsi; rompe lโarmonia con i fratelli: non amore e reciproco aiuto, ma asservimento; distrugge il legame di vita con il creato: da giardiniere lโuomo si trasforma in bracconiere e predatore.
Se queste sono le disarmonie introdotte dal peccato, Giobbe ne รจ immune.
Il libro che da lui prende nome lo introduce cosรฌ: โCโera nella terra di Uz un uomo chiamato Giobbe: uomo integro e retto, timorato di Dio e alieno dal maleโ (Gb 1,1).
Integro significa senza incrinature, non dissociato, contrario a qualsiasi compromesso con la coscienza; retto, cioรจ in armonia con gli altri, incorruttibile e irreprensibile; timorato di Dio e alieno dal male, vuol dire in pace con se stesso, con il Cielo e con la terra.
Il risultato di una vita guidata da questi principi morali non puรฒ che essere la gioia e infatti Giobbe รจ pienamente felice. Lo merita perchรฉ si รจ mantenuto fedele al Signore.
Eppure, malgrado la sua integritร , ecco che un giorno รจ colpito dalla sventura.
Per la teologia tradizionale dโIsraele โ che interpreta la sofferenza come la conseguenza di un agire perverso, come punizione per il peccato โ ciรฒ che accade a Giobbe รจ un mistero inspiegabile. Come puรฒ Dio castigare una persona onesta, generosa e benvoluta da tutti?
Non cโรจ spiegazione possibile se non questa: Giobbe ha commesso qualche peccato occulto.
ร ciรฒ che pensano i suoi amici che cercano di convincerlo ad ammettere i propri errori.
La sua risposta รจ quasi blasfema. Lancia a Dio una sfida: si dichiara disponibile a confrontarsi con lui in tribunale, certo di avere la meglio e di riuscire a provare la propria innocenza.
Il brano di oggi riporta le parole che โ conscio di essere ormai giunto alla fine dei suoi giorni โ detta come suo testamento.
Con uno stilo di ferro โ chiede agli amici โ scrivete la mia storia in un libro, anzi, scolpitela sulla roccia, come i grandi sovrani dellโOriente hanno inciso le loro imprese sulle steli. Rimanga impressa a futura memoria. La morte non cancelli il ricordo della mia integritร ! (vv. 23-24).
Non gli basta. Non si accontenta che il suo nome sia inciso sulla roccia. Allโapice della disperazione fa appello a un โVendicatoreโ (v. 25).
Chi รจ questo personaggio e come attuerร ? Il testo non lo spiega, dice solo che โultimo si ergerร sulla polvereโ.
Lโinterpretazione piรน immediata รจ la seguente: perse le speranze di sopravvivere al suo immenso dolore, Giobbe affida la sua difesa a un โAvvocatoโ che, durante il processo di fronte al falso dio difeso a oltranza dai suoi amici, si alzerร per perorare la sua causa e sostenere il suo diritto. Parlerร โper ultimoโ, avrร lui lโultima parola e costringerร tutti ad ammettere la sua innocenza.
A questo punto del processo โ Giobbe ne รจ certo โ entrerร in scena il vero Dio (vv. 26-27) e, dopo la morte, quando la sua pelle sarร distrutta, vedrร il Signore, lo contemplerร egli stesso, con i suoi occhi, non da straniero.
Non sarร il dio dei suoi amici, il dio giustiziere che si avvicina pericolosamente alla concezione satanica, il dio che รจ giusto secondo i criteri degli uomini ed รจ sempre pronto a punire. Sarร il vero Dio, quello in cui Giobbe ha sempre fermamente creduto.
Mancandogli la luce della Pasqua, egli non poteva ancora immaginare il destino ultimo dellโuomo, tuttavia in lui affiora la speranza che la morte non avrร lโultima parola. Un giorno leggerร gli eventi in cui รจ stato coinvolto con occhi diversi e anche il mistero insondabile del dolore innocente gli sarร svelato.
Questo brano sapienziale รจ un invito a riconoscere la finitezza della nostra intelligenza e a rinunciare alla pretesa di voler tutto comprendere.
Su questa terra รจ necessario convivere con lโenigma del male e del dolore: non puรฒ essere capito, puรฒ soltanto essere accettato.
Per noi รจ piรน facile che per Giobbe perchรฉ Dio รจ venuto tra noi: non per darci spiegazioni, ma per vivere โ senza sconti o privilegi โ la nostra condizione umana e insegnarci ad amarla.
Seconda lettura (Rm 5,5-11)
5 La speranza poi non delude, perchรฉ lโamore di Dio รจ stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci รจ stato dato.
6 Infatti, mentre noi eravamo ancora peccatori, Cristo morรฌ per gli empi nel tempo stabilito.
7 Ora, a stento si trova chi sia disposto a morire per un giusto; forse ci puรฒ essere chi ha il coraggio di morire per una persona dabbene.
8 Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi perchรฉ, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo รจ morto per noi.
9 A maggior ragione ora, giustificati per il suo sangue, saremo salvati dallโira per mezzo di lui. 10 Se infatti, quandโeravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, molto piรน ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita. 11 Non solo, ma ci gloriamo pure in Dio, per mezzo del Signore nostro Gesรน Cristo, dal quale ora abbiamo ottenuto la riconciliazione.
La prospettiva di dover morire รจ angosciante.
Ciรฒ che abbiamo costruito, il bene fatto, le gioie che abbiamo gustato e le pene sopportate, i gesti dโamore che ci siamo scambiati saranno un giorno tutti fatalmente azzerati?
ร questo lโinterrogativo che chiunque โ anche chi non professa alcuna fede religiosa โ si pone quando si sofferma a riflettere, almeno per qualche istante, sul senso del suo esistere.
Non meno inquietante รจ il secondo interrogativo che interessa solo il credente, non lโateo: Quale sarร il mio destino dopo questa vita, dato che esiste un Dio che mi aspetta per valutarla?
Il veggente dellโApocalisse assicura che la storia dellโumanitร si concluderร con una festa di nozze, parla di nuovi cieli e di una nuova terra, di Dio che passerร a tergere le lacrime dagli occhi di ognuno dei suoi figli e di un mondo dove โnon ci sarร piรน la morte, nรฉ lutto, nรฉ lamento, nรฉ affanno, perchรฉ le cose di prima sono passateโ (Ap 21,1-4).
Sono immagini affascinanti, ritraggono la realtร meravigliosa che โocchio non vide, nรฉ orecchio udรฌ, nรฉ mai cuore dโuomo ha immaginatoโ e che Dio ha preparato per coloro che lo amanoโ (1 Cor 2,9).
La domanda che subito affiora nel credente รจ: Ci sarรฒ anchโio fra i commensali del banchetto eterno o il Signore e i giusti faranno festa anche senza di me?
Se lโingresso nella casa del Padre รจ condizionato dal nostro comportamento, il rischio di rimanere esclusi รจ elevato, per chiunque.
Chi puรฒ vivere sereno con in cuore questo angosciante interrogativo?
La stupenda pagina della lettera ai romani che ci viene proposta rassicura tutti coloro che ripongono la loro fiducia in Cristo. Nulla deve intaccare la loro gioia.
La loro speranza non sarร delusa perchรฉ non รจ fondata sulla loro fedeltร e sulle loro opere buone, ma sullโamore incondizionato e indefettibile di Dio (v. 6).
Quando il Signore prende lโiniziativa di salvare il suo popolo non si scoraggia se incontra degli ostacoli, non si ferma a metร , non si abbatte di fronte alle infedeltร degli uomini, porta sempre e comunque a compimento la sua opera.
Lโuomo โ รจ vero โ puรฒ anche ostinarsi nel suo peccato. Ma Dio che ama infinitamente non si rassegna al fallimento e non ha bisogno di suggerimenti su come liberare tutti, anche i piรน cocciuti, dal loro attaccamento al male.
Lโamore di Dio โ assicura Paolo โ non รจ debole, incostante come quello degli uomini. Questi amano solo i propri amici e possono, raramente, persino giungere a donare la vita per coloro cui vogliono bene.
Dio va oltre ogni orizzonte: ama tutti, anche i suoi nemici. Proprio mentre gli uomini erano lontani da lui, egli ha mostrato il suo immenso amore donando il tesoro piรน prezioso che aveva: il proprio Figlio.
Se Dio ci ha amati quando eravamo suoi nemici, quanto piรน ci amerร ora che siamo stati resi giusti. Non รจ possibile che i nostri peccati possano rivelarsi piรน forti del suo amore.
Anche se noi lo abbandoniamo, egli non ci abbandona: โSe noi manchiamo di fede, egli perรฒ rimane fedele, perchรฉ non puรฒ rinnegare se stessoโ (2 Tm 2,13).
Vangelo (Gv 6,37-40)
37 Tutto ciรฒ che il Padre mi dรก, verrร a me; colui che viene a me, non lo respingerรฒ, 38 perchรฉ sono disceso dal cielo non per fare la mia volontร , ma la volontร di colui che mi ha mandato.
39 E questa รจ la volontร di colui che mi ha mandato, che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma lo risusciti nellโultimo giorno.
40 Questa infatti รจ la volontร del Padre mio, che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; io lo risusciterรฒ nellโultimo giorno.
Quanto vale un uomo?
Conta solo per quello che produce, per la sua efficienza, per il denaro che accumula?
Per qualcuno un uomo vale meno di una pecora โ ha dichiarato Gesรน (Mt 12,12).
Proviene dalla povere (Sir 33,10), di nulla puรฒ gloriarsi davanti al Signore (1 Cor 1,29), ma รจ pur sempre immagine di Dio.
Colmo di stupore di fronte alle meraviglie del creato, un pio israelita con cuore di poeta ha consegnato in un salmo la sua riflessione: โQuando contemplo il tuo cielo, opera delle tue dita, la luna e le stelle che hai fissato, cosโรจ lโuomo perchรฉ di lui ti ricordi e lโessere umano perchรฉ di lui ti prenda cura? Lo hai fatto poco meno di un dio, di gloria e onore lo hai coronatoโ (Sl 8,4-6).
Noi definiamo lโuomo a partire dal basso: animale ragionevole, un gradino al di sopra degli animali; il salmista lo vede un gradino al di sottoโฆ di Dio.
ร in questa prospettiva biblica che va valutato lโuomo e il suo destino.
Come appare lโuomo allo sguardo di Dio? In che considerazione lo tiene?
Ecco la risposta che egli rivolge a ognuno: โTu sei prezioso ai miei occhi, hai un valore immenso e io ti amoโ (Is 43,4).
ร a partire da questa affermazione che possiamo comprendere ciรฒ che Dio ha progettato per questa sua meravigliosa creatura, lโuomo.
Nel brano evangelico di oggi, il suo piano, il suo disegno dโamore รจ chiamato da Gesรน volontร del Padre e su questa volontร insiste, richiamandola ben quattro volte.
Qual รจ?
Affidare a lui, alle sue premure lโintera umanitร . Questa si accosterร a lui, come il gregge si volge verso il proprio pastore: ogni pecora conosce la sua voce, si fida di lui e si sente chiamata per nome.
Gesรน non enuncia condizioni per ottenere la salvezza, constata solo un fatto: il destino di tutta la comunitร umana รจ di andare a lui.
Andare a lui significa accogliere la sua parola, fidarsi della sua proposta di vita. Nessuno di chi si affiderร a lui sarร respinto (v. 37).
Questo รจ il sogno che Dio ha in mente fin dalla creazione del mondo.
Viene spontaneo chiedersi: si realizzerร oppure ci sarร qualcuno che si orienterร verso Gesรน e qualche altro invece โ la maggioranza a giudicare da quanto finora si รจ verificato nel mondo โ che rifiuterร Cristo e la sua parola e si allontanerร definitivamente da lui?
La risposta รจ contenuta nella seconda parte del brano: โร questa la volontร del Padre che mi ha mandato: che io non perda niente di tutto quello che egli mi ha dato, ma che lo risusciti nellโultimo giornoโ (v. 39).
Nel progetto di Dio non sono contemplate defezioni o fallimenti. Il suo programma si realizzerร infallibilmente perchรฉ รจ impensabile che Cristo non sia in grado di portarlo a compimento.
Senza fare violenza alla libertร dellโuomo, egli attirerร tutti a sรฉ, in modo irresistibile, risusciterร tutti nellโultimo giorno.
Questa espressione รจ stata erroneamente intesa come un riferimento alla fine del mondo.
Nel vangelo di Giovanni lโultimo giorno รจ quello in cui Gesรน, sulla croce, chinato il capo, dona allโumanitร il suo Spirito (Gv 19,30). ร quello il giorno ultimo al quale mirava tutto il disegno di Dio, giorno senza tramonto, giorno in cui รจ stato immesso nel mondo il germe di vita nuova, la vita stessa di Dio.
Con un ultimo richiamo alla volontร del Padre (v. 40) Gesรน spiega che il disegno di Dio si realizza in tre momenti.
ร necessario anzitutto vedere il Figlio.
Il ricordo dellโincontro con Gesรน di Nazaret รจ rimasto indelebile nella mente, nel cuore e anche negli occhi di Giovanni, come traspare fin dalle prime parole della lettera che scrive ai cristiani delle sue comunitร dellโAsia Minore: โCiรฒ che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciรฒ che noi abbiamo contemplato e ciรฒ che le nostre mani hanno toccato, ossia il Verbo della vita, poichรฉ la vita si รจ fatta visibile, noi lโabbiamo veduta e di ciรฒ rendiamo testimonianza e vi annunziamo la vita eterna, che era presso il Padre e si รจ resa visibile a noi, quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo anche a voiโ (1 Gv 1,1-3).
Questa esperienza visiva dellโuomo Gesรน non ci รจ piรน possibile, si รจ realizzata in un momento irripetibile della storia del mondo. Ma lasciarci aprire gli occhi dalla sua parola e riconoscere in lui il Figlio, il Dio che si รจ reso presente nel mondo, che รจ venuto a portarci il pane della vita, รจ il primo passo per disporci ad accogliere il suo dono.
A questo riconoscimento segue poi lโadesione personale.
Non basta conoscere Gesรน, averlo visto. Tanti lo hanno incontrato lungo le strade della Palestina, eppure non tutti si sono lasciati coinvolgere dalla sua proposta.
Il secondo passo รจ credere.
Vede realmente Gesรน solo chi, dopo averlo conosciuto sulla testimonianza di coloro che lโhanno visto e udito, gli dร la propria adesione.
Il momento conclusivo del cammino verso la salvezza รจ la comunicazione da parte del Padre della vita divina a chi crede in Cristo.
Raccolti in comunitร , oggi non ricordiamo i morti โ per un cristiano non esistono i morti, perchรฉ chi crede in Gesรน non muore (Gv 11,26) โ ma i viventi, tutti i fratelli che, conclusa la loro gestazione in questo mondo, sono entrati nella luce, nascendo alla vita definitiva dalla quale รจ esclusa ogni forma di tenebra e di morte.
In questo mondo, molti di loro forse hanno faticato a โvedereโ in Gesรน il Figlio di Dio e a โcredereโ in lui. Alcuni gli hanno dato la propria adesione solo allโultimo istante, altri per tutta la vita non hanno voluto nรฉ โvederloโ nรฉ accoglierlo.
Quale sarร il loro destino e come possiamo essere loro vicini e mostrare loro il nostro amore?
Nel momento della loro nascita alla nuova vita, tutti sono stati certamente accolti dal Padre con le uniche parole che egli rivolge a ogni uomo che, anche se peccatore, rimane suo figlio: โTu sei prezioso ai miei occhi, hai un valore immenso e io ti amoโ (Is 43,4).
La nostra preghiera, il nostro amore e forse anche il nostro perdono li aiutano a completare quel cammino che non hanno concluso in questa vita verso lโabbraccio definitivo con il Padre.
Il lieto messaggio che ci consegnano le letture di questa prima messa รจ che per nessuno Gesรน lascerร incompleta la sua missione di salvatore.
[toggle title=โChi รจ Fernando Armelliniโ state=โcloseโ]Ha conseguito la licenza in Teologia presso la Pontificia Universitร Urbaniana e in Sacra Scrittura presso il Pontificio Istituto Biblico di Roma. Ha perfezionato gli studi di storia, archeologia biblica e lingua ebraica presso lโUniversitร di Gerusalemme. Per alcuni anni รจ stato missionario in Mozambico. Attualmente insegna sacra Scrittura, รจ accreditato conferenziere in Italia e allโestero ed รจ autore di commenti alle Sacre Scritture.[/toggle]