Commento al Vangelo del 2 aprile 2017 โ€“ Damiano Antonio Rossi

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Commento a cura di Damiano Antonio Rossi con la collaborazione delle Suore Adoratrici Perpetue del S.S. Sacramento di Vigevano.

Lazzaro, vieni fuori! (Gv 11, 1-45)

Dopo il duro scontro con i giudei, sempre piรน rigidamente bloccati nella loro posizione di rifiuto nei confronti della rivelazione di Gesรน, questi compie un ultimo โ€œsegnoโ€ per dimostrare la propria origine โ€œda Dioโ€ (cf. 10,33) quasi a voler esaudire, questa volta in modo definitivo e senza appello, la loro richiesta di un prodigio incontrovertibile per poter credere in Lui senza piรน dubbio alcuno (cf. 6,30). Delle tre resurrezioni compiute da Gesรน e riportate dagli evangelisti (quella del figlio della vedova di Nain in Lc 7,11-15 e quella della figlia di Giairo, capo della sinagoga, in Mt 9,18-25pp furono operate da Gesรน a breve distanza dal decesso dei due sventurati ragazzi), certamente suscitรฒ molto scalpore la resurrezione di un certo Lazzaro, fratello di Marta e di Maria e, come loro, molto amico di Gesรน. Egli, infatti, era morto da ben quattro giorni, era ormai stato sepolto e dal sepolcro โ€œgiร  manda[va] cattivo odoreโ€ (11,39). Molto si รจ discusso circa lโ€™attendibilitร  storica di un simile episodio, ma la sobrietร  del racconto evangelico e le sfumature psicologiche che vi si possono cogliere depongono per la veridicitร  del fatto narrato dallโ€™evangelista.

Ritenere, come fanno alcuni, che i discepoli avessero fatto un patto con Lazzaro affinchรฉ simulasse la sua morte, in modo che Gesรน potesse resuscitarlo da una morte presunta e cosรฌ diventare famoso, oppure che Gesรน stesso fosse dโ€™accordo con questa truffa o che lโ€™avesse Egli stesso architettata per trarre in inganno i suoi connazionali e ottenerne un qualche vantaggio politico o religioso, รจ frutto della perversa fantasia degli scettici ad oltranza. La prima parte di Gv 11 si legge come il racconto proprio di un testimone oculare ed auricolare, trovatosi con Gesรน nella regione situata a Est del fiume Giordano e meravigliato del fatto che il Maestro si fosse trattenuto per ben due giorni in quei luoghi, nonostante fosse stato avvisato delle gravi condizioni di salute dellโ€™amico Lazzaro (11,6).

Solo un testimone diretto poteva riferire i detti efficaci di Gesรน riguardanti le ore della giornata (11,9) o lโ€™apparente assurditร  della sua pretesa di essere โ€œla resurrezione e la vitaโ€ (11,25) e di poter garantire addirittura la vita eterna a chi crede in Lui (ibid.); ancora, solo un testimone diretto, che piรน volte aveva percorso quella strada, poteva sapere che la distanza che separava il villaggio di Betania da Gerusalemme era di โ€œdue migliaโ€ scarse

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(11,18) e poteva riferire le ansie di Tommaso e degli altri discepoli, consapevoli che Gesรน e loro stessi rischiavano la vita, una volta messo piede nella Cittร  Santa (11,8.12-16).

Se lโ€™evangelista si propone come scrittore e testimone attendibile nella prima parte del racconto, perchรฉ ritenerlo inattendibile e fantasioso quando narra lโ€™accaduto della resurrezione di Lazzaro, riferendo per di piรน particolari poco adatti alla solennitร  del momento, come il pianto di Gesรน, addolorato per la morte dellโ€™amico (11,35)? Si puรฒ anche ragionevolmente affermare che ciรฒ che la narrazione sottace รจ impressionante quanto ciรฒ che dice. Non viene riportata alcuna parola di Lazzaro e nulla viene riferito della sua esperienza nellโ€™altro mondo durante quei โ€œquattro giorniโ€. Un narratore poco affidabile si sarebbe dilungato nellโ€™amplificare a dismisura la portata di un miracolo di per sรฉ straordinario ed inaudito. La sobrietร  dellโ€™evangelista รจ la migliore credenziale della sua affidabilitร  come testimone e narratore.

La resurrezione di Lazzaro rappresenta, per lโ€™evangelista, il culmine dei โ€œsegniโ€ operati da Gesรน di Nazareth, del quale riporta una parola dโ€™auto-rivelazione (11,25ss) che costituisce la chiave di lettura dellโ€™intero episodio. Lโ€™importanza dellโ€™accaduto, dal punto di vista cristologico e soteriologico, รจ brevemente trattata allโ€™inizio e nel punto culminante del racconto (11,4.40). Insieme alla guarigione del cieco nato, questo miracolo esprime appieno lโ€™idea cristologica che guida ed ispira il IV Vangelo: Gesรน รจ la luce e la vita del mondo (cf. 1,4). Lโ€™evangelista ha inserito lโ€™episodio della resurrezione di Lazzaro proprio al culmine del drammatico scontro tra la fede e lโ€™incredulitร  ed il โ€œsegnoโ€ rappresenterebbe, per i giudei, la decisiva spinta a credere nel ruolo messianico di Gesรน ed in effetti, dopo il miracolo, molti scelgono di avere fede in Lui (11,45). Preoccupati per la piega assunta dagli avvenimenti (cf. 11,48; 12, 9), i capi giudei decidono di passare al contrattacco e di prendere ufficialmente, durante una seduta del sinedrio, la decisione di mettere a morte Gesรน: meglio la morte di un uomo solo che la rovina di un popolo intero (11,50)!

Non รจ un caso che, proprio nel momento in cui il Figlio di Dio manifesta la sua potenza vitale nel modo piรน sublime, gli uomini che rifiutano di credere in Lui siano ferocemente determinati a farlo scomparire dalla faccia della terra, prendendo tutte le misure necessarie per raggiungere il loro scopo omicida. Il cammino della croce รจ giร  tracciato, ma, contrariamente a quanto pensano gli uomini, esso rientra nei piani di Dio addirittura dallโ€™eternitร , perchรฉ lโ€™esaltazione di Gesรน sulla croce coincide misteriosamente con la glorificazione di Dio stesso nel Figlio suo unigenito. Il โ€œsegnoโ€ di Lazzaro richiamato alla vita dopo โ€œquattro giorniโ€, quando ormai il suo spirito vitale ha abbandonato per sempre il corpo mortale ed รจ sceso nello sheรฒl, addita giร  questa glorificazione finale (11,4) e lโ€™involontaria profezia del sommo sacerdote Caifa (11,51ss) dimostra che il complotto degli uomini รจ necessariamente al servizio dei piani di Dio.

Vari commentatori, in passato, si sono chiesti come mai lโ€™episodio della resurrezione di Lazzaro, cosรฌ straordinario ed unico nel suo genere, non sia stato riportato anche dai Sinottici. Alcuni hanno avanzato lโ€™ipotesi che, allโ€™epoca in cui furono scritti i Vangeli sinottici, Lazzaro fosse ancora vivente; da un lato, gli evangelisti non avevano voluto esporlo ad inutili pericoli da parte delle autoritร  giudaiche e romane narrando il prodigio di cui era stato il fortunato protagonista e, dallโ€™altro, Lazzaro stesso poteva essere il testimone piรน autorevole e credibile del beneficio ricevuto, grazie al quale era assai noto presso le comunitร  cristiane di quel tempo. Seguendo la logica di questo ragionamento, allโ€™epoca in cui fu composto il IV Vangelo Lazzaro era di nuovo deceduto, quindi erano venuti a mancare i presupposti per una possibile azione di ritorsione nei suoi confronti. Non รจ da escludere che tutti gli evangelisti abbiano selezionato solo alcuni tra i tanti miracoli attribuiti a Gesรน con lo specifico intento di utilizzarli in funzione della personale interpretazione teologica dei fatti narrati.

11,1 Era allora malato un certo Lazzaro di Betร nia, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella. 2 Maria era quella che aveva cosparso di olio profumato il Signore e gli aveva asciugato i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. 3 Le sorelle mandarono dunque a dirgli: โ€œSignore, ecco, il tuo amico รจ malatoโ€.

La lunga storia della resurrezione di Lazzaro inizia con molta semplicitร . Il luogo, in cui si รจ verificato lo straordinario prodigio, รจ un villaggio che dista circa 3 km da Gerusalemme (corrispondenti alla misura di 15 stadi o di 2 miglia, secondo il modo di misurare le distanze in quel tempo), e si trova sulle pendici orientali del Monte degli Ulivi. La situazione attuale ed il tipo di costruzione del sepolcro di Lazzaro non danno luogo ad obiezioni circa la veridicitร  del racconto e della sua ambientazione, anche se non possono ovviamente confermare la storicitร  del racconto giovanneo. La tomba di Lazzaro si trova attualmente allโ€™interno della localitร  El-โ€˜Azaraje e, in origine, si trovava fuori dellโ€™abitato, che sorgeva un poโ€™ piรน ad occidente, sui fianchi montagnosi del Ras Esh-Shijah. Il nome Lazzaro era assai comune a quel tempo ed il suo significato รจ โ€œDio lโ€™aiutaโ€ (un nome assai azzeccato, si direbbe!).

Per conferire una connotazione veritiera e storica al racconto, lโ€™evangelista precisa che Lazzaro รจ di Betร nia; se cosรฌ non fosse, gli abitanti del villaggio lo smentirebbero in un attimo, negando di aver mai avuto un concittadino di quel nome beneficato in quel modo da Gesรน di Nazareth. Il racconto, quindi, non รจ frutto di fantasia e di immaginazione! Ad ulteriore conferma di non temere smentite, lโ€™evangelista precisa che Betร nia รจ il villaggio di โ€œMaria e di Marta, sua sorellaโ€ e che entrambe sono sorelle di Lazzaro; a giudizio dei critici, il v. 2 sembra lโ€™aggiunta del redattore che ha curato la stesura finale del Vangelo giovanneo e che si รจ preoccupato di precisare di quale Maria si tratti, visto che questo nome ricorre molto spesso nel testo evangelico essendo di uso piuttosto comune (basti pensare a Maria, la madre di Gesรน ed a sua sorella Maria [moglie] di Clรฉofa, madre di Giacomo il minore e di Ioses [Mc 15,40], noti anche come โ€œfratelliโ€ del Signore nel senso di cugini di primo grado; oppure a Maria di Magdala). Tale aggiunta esplicativa (definita, in termine tecnico, โ€œglossaโ€) serve a chiarire lโ€™identitร  dei personaggi in questione e ad anticipare, in qualche modo, lโ€™episodio dellโ€™unzione di Betร nia (cf. Gv 12,3ss), gesto per il quale Maria sarร  criticata da Giuda Iscariota ma lodata da Gesรน, che in quel gesto vedrร  lโ€™annuncio profetico della sua morte e sepoltura.

Il messaggio, che le sorelle fanno pervenire a Gesรน, nasconde una tacita preghiera; esse vogliono indurre lโ€™illustre amico ad accorrere al capezzale del fratello ammalato col chiaro intento di farlo guarire prontamente. In poche righe il vocabolo โ€œmalatoโ€ (in greco, asthenรฒn) ricorre per ben tre volte, quasi a voler sottolineare lโ€™estrema gravitร  delle condizioni di Lazzaro, che di lรฌ a poco, infatti, morirร . Gesรน, perรฒ, sembra non scomporsi piรน di tanto davanti alla notizia della โ€œgrave malattiaโ€ dellโ€™amico e tergiversa, causando lo stupore dei suoi stessi discepoli.

4 Allโ€™udire questo, Gesรน disse: โ€œQuesta malattia non รจ per la morte, ma per la gloria di Dio, perchรฉ per essa il Figlio di Dio venga glorificatoโ€. 5 Gesรน voleva molto bene a Marta, a sua sorella e a Lazzaro.

La risposta di Gesรน intende elevare lโ€™avvenimento umano, naturale sia pure nella sua drammaticitร , al piano delle intenzioni particolari di Dio. La malattia e la morte fanno parte dellโ€™esperienza umana comune e, spesso, si รจ indotti ad imputare a Dio la causalitร  di entrambe anche se, secondo il testo biblico, alla radice della sofferenza e dellโ€™angosciosa ineluttabilitร  della morte sta il peccato originale commesso dai progenitori a nome e per conto dellโ€™intera umanitร  (cf. Gen 3,1-19). Il male รจ generato dal male. Anche il testo evangelico sembra collocarsi su questa linea di pensiero, con una sottolineatura di speranza sino ad allora sconosciuta: se Dio colpisce il peccato col male e la morte, non lo fa come gesto di vendetta nรฉ per annientare le sue creature, ma cosรฌ ha deciso per donare speranza a coloro che scelgono liberamente di aprirsi alla fede nel Figlio suo. Nel momento stesso in cui Dio ha giustamente castigato lโ€™uomo per il suo gesto di ribellione e di superbia, gli ha aperto le porte della speranza (Gen 3,15) orientando lโ€™attesa della liberazione dal peccato e dal male sul suo Unto, su Gesรน Cristo. Pur concludendosi con la morte naturale, la malattia di Lazzaro non รจ finalizzata allโ€™oscuritร  del dissolvimento del corpo e dello spirito, ma alla gioiosa attesa della resurrezione, di cui Gesรน รจ il frutto ed il protagonista piรน atteso, essendo Egli โ€œresuscitato dai morti, primizia di coloro che sono mortiโ€ (1Cor 15,20). Davanti alla malattia mortale dellโ€™amico Lazzaro, Gesรน รจ consapevole che il Padre sta operando per mezzo suo al fine di affermare la propria sovranitร  assoluta sulla vita e sulla morte e che lโ€™imminente prodigio della resurrezione di un uomo morto da quattro giorni รจ orientato alla sola gloria di Dio Padre, cui, perรฒ, รจ strettamente correlata la gloria del Figlio stesso, che รจ โ€œuno col Padreโ€ (Gv 10,30).

La โ€œglorificazioneโ€ reciproca del Padre e del Figlio รจ il leitmotiv della cristologia di Giovanni. Quando giunge la sua โ€œoraโ€, Gesรน glorifica il Padre affrontando la propria immolazione volontaria con un atteggiamento di assoluta obbedienza (Gv 10,17s) a Colui che lo ha inviato presso gli uomini come vittima sacrificale e come prezzo per il riscatto di ogni uomo peccatore (Rm 4,25; 5,8-11), ma, al tempo stesso, Egli viene glorificato dal Padre (Gv 13,31s; 17,1) nel preciso momento in cui viene โ€œinnalzatoโ€ sulla croce (8,28), attirando su di sรฉ lo sguardo di tutti gli uomini (Zc 12,10; Gv 19,37) disposti a credere in Lui e nella sua opera di redenzione. Nelle parole che preannunciano il segno della resurrezione di Lazzaro (โ€œquesta malattia non รจ per la morte, ma per la gloria di Dioโ€ฆโ€) sono implicite anche la morte di Gesรน e la sua resurrezione. Il Figlio di Dio annuncia la propria resurrezione mediante il richiamo alla vita dellโ€™amico defunto e, paradossalmente, compiendo questo straordinario prodigio Gesรน decreta anche la propria morte (cf. Gv 11,47-53), grazie alla quale, perรฒ, il Padre manifesta la propria gloria richiamando il Figlio nella celeste comunione di vita in cui Egli si trovava prima di scendere sulla terra (cf. 17,5) e conferendogli il potere di trasmettere la vita a tutti i credenti (cf. 17,2).

Dopo questa breve ma significativa interpretazione degli avvenimenti che stanno per accadere, Giovanni ritorna al suo racconto per rimarcare il forte vincolo di amicizia che lega Gesรน ai fratelli di Betร nia. Per esprimere il sentimento di amore che Gesรน prova nei loro confronti, lโ€™evangelista usa il termine agร pe il quale, pur non escludendo unโ€™inclinazione affettiva naturale ed una spontanea e reciproca simpatia, pone lโ€™accento soprattutto sullโ€™affinitร  spirituale di questi personaggi (cf. anche Gv 13,23; 19,26). Marta e Maria sanno che Gesรน le โ€œamaโ€, il che le rende forti nella fede in quellโ€™amico speciale, capace di compiere segni fuori della portata di qualsiasi essere umano (11,21.32) perchรฉ รจ ormai chiaro a tutti che Gesรน โ€œviene da Dioโ€ (cf. 9,30-33).

6 Quandโ€™ebbe dunque sentito che era malato, si trattenne due giorni nel luogo dove si trovava.

La malattia di Lazzaro รจ il preludio della sua morte e di quella di Gesรน (11,13.14), cosรฌ come il prodigio della resurrezione del primo รจ anticipazione di quella, ben piรน importante ai fini della salvezza dellโ€™uomo, del secondo. Si puรฒ ben comprendere quale valore lโ€™evangelista intende attribuire alla collocazione della storia di Lazzaro nel tracciare la via di Gesรน: รจ lโ€™ultimo tratto di strada che egli deve percorrere prima di affrontare la sua fatidica e cruciale โ€œoraโ€, quella della sua passione e morte redentrice. Sul cammino verso la morte, che ormai va profilandosi allโ€™orizzonte quale evento ineluttabile e tragico, splende come una promessa la resurrezione dellโ€™amico Lazzaro, quasi a voler significare che la morte non รจ la fine di tutto, ma รจ piuttosto la premessa necessaria per lโ€™ingresso nella vita nuova e piena โ€œda risortiโ€ in Cristo Signore, colui che per primo รจ risorto da morte, โ€œprimizia di coloro che sono mortiโ€ (1Cor 15,20).

Lโ€™annotazione che Gesรน voleva molto bene a Lazzaro ed alle sue sorelle (11,5) stride con la decisione del Maestro di fermarsi ancora โ€œdue giorni nel luogo dove si trovavaโ€, vale a dire nella localitร  โ€œdove prima Giovanni [Battista] battezzavaโ€ (10,40), ad oriente del fiume Giordano. Il comportamento dellโ€™uomo Gesรน รจ spesso sconcertante e controcorrente, ma รจ giustificato dalla sua obbedienza assoluta e fedele alla volontร  del Padre; le sue reazioni, umanamente sorprendenti (cf. 11,15), diventano comprensibili solo se correlate allโ€™incarico che Dio ha affidato al Figlio suo prediletto. A causa della sua natura fragile, limitata e corrotta, lโ€™uomo non รจ in grado di penetrare e di comprendere la sapienza di Dio (cf. Gb 28), che misteriosamente, ma infallibilmente, lo guida verso la salvezza, ma in Gesรน รจ allโ€™opera lo stesso Spirito di Dio che conosce, Lui soltanto, i segreti di Dio (1Cor 2,11).

7 Poi disse ai discepoli: โ€œAndiamo di nuovo in Giudea!โ€. 8 I discepoli gli dissero: โ€œRabbรฌ, poco fa i giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?โ€.

Solo dopo che sono trascorsi i due giorni Gesรน invita i suoi a tornare in Giudea ed a recarsi a Betร nia dallโ€™amico Lazzaro. Usciti di scena fin dalle prime battute dellโ€™episodio della guarigione del cieco nato (cf. 9,2), i discepoli ricompaiono nel racconto evangelico e si rendono nuovamente protagonisti di uno scambio di battute con Gesรน, il quale spiega loro il senso del suo desiderio di recarsi in Giudea. La vera meta del Maestro รจ Gerusalemme, la cittร  santa nella quale deve compiersi il suo destino umano ed i discepoli vengono da Lui coinvolti nel progetto di salvezza stabilito dal Padre fin dallโ€™eternitร . Per il momento si deve giungere solo a pochi chilometri di distanza dalla capitale, ma persino i sassi sanno che per Gesรน non tira una buona aria, non solo a Gerusalemme ma persino nellโ€™intera regione di Giudea, dove lโ€™influenza delle autoritร  giudaiche รจ in grado di far sentire il proprio peso politico anche sul potere locale romano (cf. 4,7; 7,1). I discepoli si rendono immediatamente conto che il loro rabbรฌ sta cacciandosi in un brutto guaio e si ricordano assai bene del tentativo fatto dai giudei di lapidarlo (10,39) in occasione della festa della Dedicazione del Tempio, nellโ€™inverno appena trascorso (10,22). Dotati di comune buon senso, i discepoli sanno che per Gesรน non ci sarebbe scampo se dovesse cadere nelle mani dei suoi nemici dichiarati, pronti a tutto pur di mettere a tacere per sempre quella bocca cosรฌ scomoda!

9 Gesรน rispose: โ€œNon sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perchรฉ vede la luce di questo mondo; 10 ma se invece uno cammina di notte, inciampa, perchรฉ gli manca la luceโ€.

Comโ€™era giร  accaduto in occasione della guarigione del cieco nato, anche in questo caso Gesรน si sottopone alla legge del tempo, che il Padre ha fissato per Lui e che lโ€™evangelista Giovanni circoscrive entro due coordinate storiche e psicologiche: Gesรน deve operare โ€œfinchรฉ รจ giornoโ€ (cf. 9,4) perchรฉ sa che, prima dellโ€™ora stabilitร  dal Padre suo, i suoi nemici non possono fargli del male (cf. 7,30; 8,20). La risposta, che Gesรน dร  ai suoi discepoli, confermerebbe tale ipotesi. Gesรน รจ pienamente inserito nellโ€™ambiente culturale del suo tempo. Gli ebrei consideravano il โ€œgiornoโ€ come il tempo del lavoro e dellโ€™efficienza psico-fisica, cui poneva fine la โ€œnotteโ€ che, a quei tempi, rendeva assai precarie, se non impossibili, le condizioni del lavoro per la quasi totale mancanza di luce, garantita solo dalle torce, dalle lampade ad olio eโ€ฆ dalla luna. La notte era il tempo del riposo per i piรน, dello studio per pochi altri, ma anche delle malefatte per ladri, assassini e cospiratori di vario genere. Al tramonto del sole, gli agglomerati urbani dotati di cinte murarie chiudevano le porte dโ€™accesso alla cittร  per non correre il rischio di subire incursioni notturne e saccheggi per opera di briganti e dโ€™eserciti nemici. Chi si trovava allโ€™interno delle mura poteva ritenersi al sicuro, ma in un certo qual modo era anche prigioniero ed esposto al pericolo dโ€™eventuali regolamenti di conti e, per ovvi motivi, chi si trovava fuori delle mura non poteva fruire di protezione alcuna. La stessa ripartizione della giornata in dodici ore di luce e dodici di buio corrisponde allโ€™usanza ebraica, che non teneva conto della reale durata del periodo di luce che varia da stagione a stagione, attribuendo un valore relativo alla misurazione cronologica del tempo.

Lโ€™alternanza della luce e del buio permette allโ€™autore del IV Vangelo di esprimere, in modo simbolico, la vicenda storico-salvifica di Gesรน di Nazareth: la notte alluderebbe alla passione e morte di Cristo, mentre la luce ricorderebbe la sua resurrezione gloriosa.

Secondo unโ€™altra chiave di lettura, il buio indicherebbe il cammino di Gesรน verso la propria morte di croce mentre la luce esprimerebbe lโ€™illuminazione interiore che lo rende consapevole del proprio destino, ma alcuni commentatori scorgono nel detto di Gesรน un ammonimento rivolto ai suoi stessi discepoli, interpretando il verbo โ€œinciampareโ€ (in greco, proskรฒptein) in senso figurato. Chi non cammina illuminato da Gesรน-luce, rischia di cadere spiritualmente e di perdere la salvezza; per questo gli uomini, che presumono di salvarsi da soli, sono come ciechi che camminano al buio rischiando di rompersi lโ€™osso del collo! Gesรน stesso รจ la luce interiore che illumina e guida lโ€™uomo che decide di fidarsi di Lui, mentre chi lo rifiuta non puรฒ attendersi altre luci altrettanto adeguate ad illuminare le sue scelte esistenziali. Chi sceglie di non credere in Gesรน, si priva dellโ€™unica luce in grado di guidarlo alla salvezza ed alla piena comunione con Dio, che โ€œรจ luce ed in lui non ci sono tenebreโ€ (1Gv 1,5).

11 Cosรฌ parlรฒ e poi soggiunse loro: โ€œIl nostro amico Lazzaro sโ€™รจ addormentato; ma io vado a svegliarloโ€.

Dopo la riflessione sul viaggio a Gerusalemme, la cittร  santa nella quale sta per compiersi il destino umano di Gesรน, strettamente intrecciato col futuro di salvezza dโ€™ogni uomo, il dialogo tra Gesรน ed i suoi discepoli ritorna nuovamente alla situazione concreta, contingente. La realtร  materiale trova il suo senso compiuto se rimane collegata alle esigenze superiori dello spirito e, viceversa, il mondo spirituale puรฒ affermare la sua supremazia su quello materiale nel momento in cui viene riconosciuto come compimento di questโ€™ultimo. Gesรน afferma candidamente che lโ€™amico Lazzaro si รจ addormentato, alludendo perรฒ alla sua morte, di cui rileva il carattere provvisorio e relativo annunciando semplicemente che intende andare a svegliarlo. Di fronte alla morte eterna dello spirito, la dissoluzione fisica del corpo รจ paragonabile alla dolcezza dellโ€™addormentamento quieto e sereno di chi ha faticato durante la giornata e si merita il giusto riposo ristoratore. Gesรน suggerisce un diverso modo di rapportarsi con la tragica realtร  della morte, intendendola come il passaggio alla vita vera e definitiva in Dio, ma i discepoli fraintendono il significato delle parole del Maestro, denotando la loro scarsa propensione al ragionamento speculativo e la sostanziale incapacitร , tipica di coloro che sono abituati a misurarsi con la concretezza della realtร  quotidiana, di cogliere il senso trascendente della vita.

12 Gli dissero allora i discepoli: โ€œSignore, se sโ€™รจ addormentato, guarirร โ€. 13 Gesรน parlava della morte di lui, essi invece pensarono che si riferisse al riposo del sonno.

Il ragionamento dei discepoli non fa una grinza, almeno dal loro punto di vista e, soprattutto, dimostra una certa elasticitร  mentale da parte loro, perchรฉ hanno ovviamente intuito che Lazzaro non รจ semplicemente โ€œaddormentatoโ€ ma soltanto โ€œammalatoโ€, anche se in modo non grave, giacchรฉ ne danno per scontata la guarigione. Saldamente ancorati al comune buon senso, i discepoli fanno fatica a tenere il passo di Gesรน, che li sollecita con pazienza amorevole ad interpretare correttamente il significato delle sue parole.

Lโ€™esplicita dichiarazione del Maestro, โ€œIo vado a svegliarloโ€ (11,11), avrebbe dovuto far scattare nella loro mente il ricordo di altri miracoli di resurrezione compiuti da Gesรน ed interpretati da Lui stesso come โ€œrisvegliโ€ dal sonno della morte (cf. Mc5,35-42 pp), ma i discepoli dimostrano di avere i riflessi piuttosto lenti e tardano a comprendere le intenzioni del loro rabbรฌ.

14 Allora Gesรน disse loro apertamente: โ€œLazzaro รจ morto 15 e io sono contento per voi di non essere stato lร , perchรฉ voi crediate. Orsรน, andiamo da lui!โ€.

A questo punto, a Gesรน non rimane altro da fare che dichiarare esplicitamente come stanno le cose e sgombrare il campo da ogni possibile equivoco. Lazzaro รจ morto e, cosa veramente stupefacente, Egli non ha fatto nulla per guarirlo dalla malattia mortale perseguendo un fine ben preciso: suscitare la fede dei discepoli nel Figlio di Dio e, per questo motivo, รจ lieto di non essersi trovato a Betร nia a tempo opportuno e di poter mostrare, con certezza, lโ€™origine divina della sua missione tra gli uomini (cf. 16,30). Egli sa giร  in anticipo ciรฒ che sta per fare, ma i discepoli ancora non se ne rendono conto; richiamando in vita Lazzaro, Gesรน prepara i suoi discepoli ad affrontare lo scandalo dellโ€™imminente passione e morte di croce, consapevole che lโ€™orrore del patibolo subito dal loro Maestro li farร  fuggire tutti, rendendo uno di loro un traditore ed un altro un rinnegato. Il rafforzamento della fede dei discepoli รจ una cura costante di Gesรน, che piรน volte anticipa loro la propria sorte affinchรฉ non cessino di credere quando tutto sarร  compiuto (cf. 13,19; 14,29; 16,4). La fede, che sta tanto a cuore a Gesรน, non riguarda i suoi poteri taumaturgici, che raggiungono il culmine dellโ€™incredibile con la resurrezione di un morto, sepolto ormai da ben quattro giorni, bensรฌ la sua identificazione con lโ€™Unto del Signore, col Figlio di Dio. Attraverso la resurrezione di Lazzaro, i discepoli sono sollecitati a riconoscere in Gesรน colui che vince la morte e che dร  la vita al mondo, specie quando Egli stesso sarร , come Lazzaro, chiuso nel sepolcro da โ€œtre giorniโ€ (cf. Lc 24,21).

16 Allora Tommaso, chiamato Dรฌdimo, disse ai condiscepoli: โ€œAndiamo anche noi a morire con lui!โ€.

Tommaso, detto โ€œil gemelloโ€ (ovvero dรฌdimo) รจ lโ€™esemplificazione del discepolo scettico e prudente anche di fronte allโ€™evidenza, se non addirittura tardo di comprendonio, tanto che la sua incredulitร  davanti alla testimonianza resa dai confratelli, che dichiarano di aver visto Gesรน risorto e la sua stessa professione di fede nella divinitร  del Risorto (โ€œSignore mio e Dio mio!) sono considerate un valido motivo per credere nella resurrezione e nella divinitร  di Gesรน per gli uomini dโ€™ogni tempo (cf. Gv 20,24-29). Nonostante la lentezza nel professare la propria fede in Gesรน, Tommaso si riscatta per la fedeltร  al Maestro anche a costo della propria vita, esempio di una fede semplice che sa mantenersi ed affermarsi anche nei momenti piรน oscuri della vita. La fede non รจ sempre facile e neppure scontata, specie quando gli eventi del vivere quotidiano spingono i credenti ad interrogarsi sui contenuti e sui โ€œvantaggiโ€ o โ€œrischiโ€ della propria fede. Non sempre lโ€™uomo vuole o sa rischiare le proprie certezze scommettendo su un Dio che vede e sente nelle profonditร  della propria coscienza.

17 Venne dunque Gesรน e trovรฒ Lazzaro che era giร  da quattro giorni nel sepolcro.

Piรน che descrivere, queste poche e semplici parole lasciano capire il clima emotivamente drammatico vissuto dalla famiglia del defunto, il cui decesso doveva essere avvenuto poco dopo la partenza del messaggero inviato a Gesรน dalle sorelle di Lazzaro. La sottolineatura che costui si trovasse nel sepolcro โ€œgiร  da quattro giorniโ€ non avrebbe lโ€™ovvio intento di indicare il periodo trascorso dallโ€™evento luttuoso, bensรฌ di escludere qualsiasi dubbio sulla realtร  del decesso. Secondo la concezione giudaica, lโ€™anima del morto ritornava nella tomba per tre giorni, per poi entrare definitivamente nello sheรฒl, il regno dei morti, vagandovi come unโ€™ombra per lโ€™eternitร  mentre il corpo andava incontro alla definitiva ed inarrestabile corruzione e decomposizione. La fede nella resurrezione dei morti era di poco anteriore alla venuta di Cristo e non era condivisa da tutti i giudei; creduta dai farisei, ma respinta dai sadducei, la resurrezione era stata โ€œvistaโ€ dal profeta Ezechiele durante una visione profetica (Ez 37,1-14) e successivamente affermata e data per certa dallโ€™autore del secondo libro dei Maccabei (cf. 2Mac,7,9.14.23.29), non accolto nel canone ebraico per essere stato scritto in lingua greca, quindi non ritenuto ispirato da Dio.

Resuscitando lโ€™amico Lazzaro, la cui anima giร  vagava definitivamente nello sheรฒl, Gesรน conferma la realtร  escatologica della resurrezione dei morti, che, in definitiva, viene prospettata come lโ€™affermazione della gloria di Dio sullโ€™orrore della corruzione. Creato ad immagine e somiglianza di Dio (Gen 1,26-27), lโ€™uomo non puรฒ essere destinato alla definitiva distruzione del suo essere; attraverso la resurrezione di Cristo ogni uomo ha la certezza che anche il suo corpo verrร  recuperato alla gloria della visione eterna del suo Creatore, attraverso la resurrezione finale.

18 Betร nia distava da Gerusalemme meno di due miglia 19 e molti giudei erano venuti da Marta e Maria per consolarle per il loro fratello.

Allโ€™evangelista interessa far notare come tra i testimoni della resurrezione di Lazzaro vi erano molti giudei, considerati come gli avversari di Gesรน e, quindi, attendibili nel rendere testimonianza dellโ€™accaduto. La distanza tra Gerusalemme ed il villaggio di Betร nia, circa 3 km, consentiva ai piรน di recarsi a piedi dalla famiglia di Lazzaro per porgere le loro condoglianze alle sorelle del defunto. Il fatto che in โ€œmoltiโ€ si fossero recati a Betร nia per assolvere il dovere della partecipazione al lutto per la morte di Lazzaro, fa supporre che questo personaggio fosse piuttosto noto nella vicina Gerusalemme. Il consolare gli afflitti era, presso i giudei, una delle opere di misericordia piรน apprezzate che nessun devoto giudeo trascurava di compiere, non solo prima della sepoltura del defunto ma anche nei sette giorni successivi alla tumulazione, per far sentire ai familiari afflitti per la perdita del loro congiunto la solidarietร  del clan familiare e degli amici di famiglia. Questa condoglianza non deve essere scambiata con la lamentazione ad alta voce fatta sul defunto subito dopo la morte (cf. Mc 5,38s e pp), usanza comune anche ad altre culture (le prรฉfiche erano donne pagate per fare le lamentazioni nelle case dei defunti anche presso il mondo greco e romano).

20 Marta, dunque, come seppe che veniva Gesรน, gli andรฒ incontro; Maria invece stava seduta in casa. 21 Marta disse a Gesรน: โ€œSignore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!

Le due sorelle di Lazzaro sono molto differenti tra loro. Mentre Maria รจ il prototipo della persona contemplativa (cf. Lc 10,38-42), quieta e riflessiva, capace di stare al suo posto e di porsi in ascolto, Marta รจ esemplare nel sapersi mettere a servizio degli altri con dedizione ed efficienza, senza perdersi in ciance inutili. Lโ€™attivismo di Marta รจ ben organizzato, finalizzato al benessere dellโ€™ospite ed รจ privo dโ€™invadenza. Quando Gesรน si recava presso la famiglia degli amici di Betร nia, si trovava a proprio agio e riusciva a recuperare le energie fisiche e psicologiche immergendosi in un clima familiare che, con tutta probabilitร , aveva molti punti in comune con la sua stessa famiglia: amore, rispetto, operositร , silenzio, raccoglimento, capacitร  di ascoltare.

Conformemente al proprio carattere, volitivo ed intraprendente, Marta si reca per prima incontro al Maestro, mentre Maria rimane in casa, โ€œsedutaโ€, in atteggiamento di umile ascolto delle parole che Gesรน le dirร  a breve, pronta a farle proprie come una โ€œvera discepolaโ€ del rabbรฌ tanto amato. Le prime parole rivolte da Marta a Gesรน suonano quasi come un sommesso rimprovero per unโ€™attesa andata delusa: โ€œse ti fossi affrettato a venire quiโ€ฆ non avresti lasciato morire il tuo amicoโ€ฆโ€. In realtร , Marta fa una semplice constatazione di merito; ella sa benissimo che Gesรน รจ dotato di poteri sovrumani e lo conosce come uomo generoso e buono, capace di compiere miracoli incredibili perchรฉ รจ un vero uomo di Dio, un profeta. Senza dubbio, Gesรน non avrebbe permesso alla malattia di portarsi via un amico ospitale e sempre disponibile come Lazzaro e lo avrebbe certamente guarito. In questa dolorosa circostanza, le parole di Marta esprimono, quindi, una fede semplice e sincera ed unโ€™amorevole fiducia nei confronti dellโ€™amico Gesรน, che mai e poi mai avrebbe permesso che dolore ed angoscia entrassero in quella casa!

22 Ma anche ora so che qualunque cosa chiederai a Dio, egli te la concederร โ€.

Queste parole non fanno che confermare lโ€™incrollabile fede di Marta in Gesรน, al quale attribuisce il grande potere di intercedere presso Dio a favore degli uomini piรน sfortunati e deboli (cf. 9,31). Lโ€™evangelista sta preparando, come un abile regista, lโ€™adatto clima di fede nel quale deve avvenire il prodigio inaudito della resurrezione di Lazzaro. Dalle parole di Marta sembrerebbe che, da parte sua, ci sia lโ€™attesa di un miracolo di resurrezione, anche se il fratello รจ ormai in decomposizione, ma probabilmente la donna intende solo affermare la propria fiducia in Gesรน e nel suo rapporto privilegiato con Dio e non intende โ€œforzargliโ€ la mano pretendendo lโ€™impossibile. I fatti dimostreranno che Marta si sbaglia, perchรฉ in Gesรน opera Colui che puรฒ tutto ed al quale โ€œnulla รจ impossibileโ€ (Lc 1,37; Gen 18,14; Ger 32,27). Marta รจ una donna pronta alla fede (โ€œanche ora soโ€ฆโ€) e, in forma volutamente generica ed indeterminata (โ€œqualunque cosa chiederaiโ€ฆโ€), accenna ad una speranza ed esprime una preghiera che lascia aperte tutte le possibilitร  (โ€œDioโ€ฆ te la concederร โ€).

Come nella muta preghiera di Maria, che alle nozze di Cana aveva chiesto al figlio Gesรน di intervenire in aiuto di chi si trovava in uno stato di necessitร  (2,3), lโ€™evangelista fa intravedere lโ€™idea di un miracolo senza farla esplicitamente esprimere dalla stessa Marta, che con molta delicatezza lascia a Gesรน la libertร  di decidere cosa sia meglio per lei e per la sua famiglia provata dal dolore.

23 Gesรน le disse: โ€œTuo fratello risusciterร โ€. 24 Gli rispose Marta: โ€œSo che risusciterร  nellโ€™ultimo giornoโ€.

La risposta di Gesรน รจ volutamente ambigua (cf. 11,11) poichรฉ parla della resurrezione sia in senso generico, facendo riferimento alla fede giudaica nella resurrezione finale, escatologica, sia in senso specifico, alludendo alla propria volontร  di resuscitare subito Lazzaro, senza aspettare la fine dei tempi. Marta si attiene alla prima interpretazione, condividendo la fede, assai diffusa tra il popolo ebraico, nella resurrezione escatologica che, al tempo di Gesรน, era sostenuta dai farisei ed avversata dai sadducei (cf. Mc 12,18-27 pp). La professione di fede giudaica, resa da Marta, richiama con forza lโ€™attenzione sullโ€™ultimo giorno, la fine dei tempi. Il ricordo di questo giorno, che solo Giovanni definisce โ€œultimoโ€ (cf. 6,39.40.44.54; 12,48), consente allโ€™evangelista di contrapporre lโ€™attesa futura giudaica allโ€™attualitร  della salvezza, che per i cristiani si รจ compiuta ed รจ divenuta certezza in Gesรน Cristo, il Salvatore ultimo e definitivo dellโ€™umanitร , il Signore dei cieli e della terra. [Per molti esegeti, Giovanni ha inteso smantellare polemicamente, a favore dellโ€™attualitร  della salvezza (praesentia salutis), tutta lโ€™escatologia drammatica e futura sostenuta prima di lui da altri pensatori cristiani dei primi tempi della Chiesa].

25 Gesรน le disse: โ€œIo sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrร ; 26 chiunque vive e crede in me, non morrร  in eterno. Credi tu questo?โ€.

Lโ€™espressione Io sono (la resurrezione e la vita) ha un tono particolarmente possente e solenne. Se si parla di resurrezione, Marta non deve guardare ad un futuro lontano e dai vaghi contorni, perchรฉ la resurrezione รจ vicina a lei ed รจ presente in carne ed ossa nella persona misteriosa, ma reale e concreta, di Gesรน di Nazareth, che incarna per i credenti lโ€™ora della resurrezione attuale ed escatologica insieme. Gesรน attesta di essere colui al quale รจ stata attribuita la potenza, riservata a Dio solo, di vivificare (cf. 5,21), cioรจ di dare la vita (e far tornare in vita) e tale potenza รจ intimamente sua (cf. 5,26), come ha giร  ampiamente dimostrato mediante i grandi segni compiuti sugli infermi (cf. 4,50-53). La vita e la morte ruotano attorno alla fede nel Figlio di Dio, nella cui persona รจ racchiuso il giudizio finale, presente giร  nellโ€™oggi storico: chi crede ha la vita eterna, che non puรฒ essere distrutta dalla morte fisica, mentre chi consapevolmente non crede o rifiuta di credere si consegna alla morte definitiva. Marta deve essere convinta che Gesรน lโ€™aiuterร  allโ€™istante e le mostrerร  la gloria di Dio (cf. 11,40) e, al tempo stesso, รจ invitata da Gesรน ad essere un esempio di fede per tutti i credenti: credi tu questo? Dalla risposta di Marta dipende non solo la propria vita eterna, ma anche quella di tanti altri credenti futuri e Marta indica la via, sullโ€™esempio di Maria, la madre di Gesรน.

La vita fisica, ritornata in una salma in putrefazione, non รจ che un pallido riflesso della vera vita che Gesรน risveglia nel credente ed il potente grido con cui Gesรน fa uscire Lazzaro dal sepolcro (11,43) non รจ che una debole eco di quel grido con cui Egli, lโ€™Inviato di Dio, chiama tutti gli uomini, che credono in Lui, alla vita di Dio (cf. 5,24s). Rivolgendosi a Marta per avere da lei una proclamazione di fede (โ€œcredi tu questo?โ€), Gesรน interpella indirettamente ogni singolo uomo e sollecita una risposta decisa, affermativa o negativa, non giร  tentennante ed indecisa (cf. Mt 5,37; 2Cor 1,17-19; Gc 5,12) e su tale risposta si gioca il destino di ciascuno di fronte a Dio, giusto giudice, lโ€™unico che puรฒ leggere nel profondo del cuore dโ€™ogni essere umano e comprenderne le scelte di fede e di vita.

Io sono la resurrezione e la vita. Tale abbinamento รจ fondamentale per comprendere il vero significato dellโ€™affermazione successiva, costruita con un distico di grande efficacia espressiva:

  1. โ€œchi crede in me, anche se muore vivrร 
  2. โ€œchiunque vive e crede in me, non morrร  in eternoโ€.

In questo parallelismo sinonimico, artificio letterario che consente di ribadire un concetto esprimendolo con affermazioni equivalenti, la fede occupa la prima parte di ciascun emistรฌco e costituisce la necessaria premessa alla vita, che nel secondo emistรฌco viene proposta nella sua forma assoluta, come negazione della morte definitiva (non morrร  in eterno). Ogni volta, lโ€™esistenza terrena costituisce il punto di partenza per giungere alla vera vita. Infatti, nel primo emistรฌco, la vita dellโ€™uomo viene proposta come realtร  relativa e finita (anche se muore), riscattata perรฒ da una scelta di fede (chi crede in me) e da una promessa certa e sicura (vivrร ). Nel secondo emistรฌco, il vivere quotidiano di ogni essere umano รจ strettamente collegato al mondo superiore dello spirito, di cui la fede rappresenta il mezzo piรน efficace (chiunque vive e crede in me) per superare lโ€™opprimente limite della vita terrena (non morrร ), che acquista un senso compiuto solo se proiettata nellโ€™eternitร  (in eterno). La fede costituisce, quindi, lโ€™inevitabile punto dโ€™incontro tra la vita terrena e quella eterna dello spirito ed รจ posta dallโ€™evangelista in forte rilievo come esigenza incondizionata. Nelle parole di Gesรน si coglie la contrapposizione tra la vita terrena, naturale e quella dello spirito e si intuisce come la fede sia considerata indispensabile per superare la frontiera della morte corporale. Grazie a Gesรน, la vita terrena acquista una nuova dimensione perchรฉ chi crede in Lui, datore di vita e di salvezza, riceve la garanzia dellโ€™immortalitร .

Credi tu questo? Gesรน non si limita a chiedere a Marta se ha fede nella sua persona, ma le chiede se crede a ciรฒ che le sta dicendo. Le parole hanno lโ€™effetto di creare un legame fra chi parla e chi ascolta, ma la parola di Gesรน, che รจ lโ€™eterna Parola di Dio incarnata, crea un vincolo di comunione e di amore indissolubile con il credente che lโ€™ascolta e lโ€™accoglie nella profonditร  della propria anima. Non basta aderire agli enunciati della dottrina cristiana per dirsi ed essere veramente cristiani, ma occorre fare entrare nella propria vita (che รจ intelligenza, volontร , sentimento, relazione, azione) ogni parola pronunciata da Gesรน, facendo propria lโ€™affermazione di Pietro: โ€œSignore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eternaโ€ (6,68). Attraverso Gesรน e grazie alla sua parola viene concesso ad ogni credente il dono della vita.

27 Gli rispose: โ€œSรฌ, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che deve venire nel mondoโ€.

Marta pronuncia una professione di fede in piena regola, anche se, forse, non comprende totalmente la portata di ciรฒ che va affermando. La sua risposta affermativa ed assai impegnativa alla domanda di Gesรน non vuol dire che essa abbia afferrato completamente il significato delle sue parole, ma il โ€œsรฌโ€ con cui accoglie le parole di Gesรน, riconoscendolo come lโ€™unto di Dio, predetto dai profeti e destinato a portare la salvezza ad Israele, le apre il cuore e la mente al mistero, come pocโ€™anzi aveva fatto Pietro dopo il discorso di rivelazione sul pane di vita, pronunciato da Gesรน nella sinagoga di Cafร rnao e parso ai piรน assai duro e difficile da comprendere (6,60.63.68). Lโ€™atteggiamento di Marta รจ esemplare, rispecchiando una fede sicura, capace di resistere anche contro ogni evidenza contraria ed รจ questa disponibilitร  a credere che lโ€™evangelista vuole suggerire ai membri della sua comunitร . Il giusto atteggiamento dโ€™ogni vero credente prevede di non pretendere, a qualsiasi costo, di penetrare il mistero di Dio con il lume della ragione, ma di affidarsi a Gesรน, grazie al quale lโ€™aiuto di Dio non potrร  mai venire meno. La professione di fede di Marta, cosรฌ come quella pronunciata da Pietro (6,68-69), รจ una fede nel Messia in pieno senso cristiano e riprende, sostanzialmente, le stesse parole usate dallโ€™evangelista nella conclusione originale del suo Vangelo (20,31) per esprimere la propria fede, supportata dalla testimonianza diretta, nel Figlio di Dio incarnato, morto e risorto per la salvezza degli uomini: โ€œโ€ฆ perchรฉ crediate che Gesรน รจ il Cristo, il Figlio di Dio eโ€ฆ credendo, abbiate la vita nel suo nomeโ€.

Riconoscendo in Gesรน โ€œil Messiaโ€, Marta sostiene implicitamente che lโ€™attesa giudaica per il Liberatore dโ€™Israele si รจ compiuta nel rabbรฌ di Galilea, che lโ€™onora della sua amicizia, ma definendolo anche โ€œFiglio di Dioโ€ ella si spinge piรน in lร  dei suoi connazionali nella comprensione del messianismo voluto da Dio e rivelato attraverso le parole della Sacra Scrittura. La messianicitร  di Gesรน, infatti, non si limita al mero aspetto politico e non interessa il solo popolo ebraico, ma ha un significato squisitamente spirituale ed una dimensione universale giร  intuiti dai profeti, ma male interpretati dagli stessi rabbini, studiosi ed interpreti autorevoli della Parola di Dio.

Le varie professioni di fede di Natanaele (1,49), di Pietro (6,69) e di Marta (11,27) sono state formulate direttamente per la comunitร  cristiana di Giovanni e trasposte dai tempi di Gesรน a quelli dellโ€™evangelista, nรฉ vale la pena di chiedersi se simili dichiarazioni, espresse a favore di Gesรน, siano storicamente possibili. รˆ certo, perรฒ, che la fede dei cristiani della fine del I secolo d.C. era profondamente collegata alla figura storica di Gesรน di Nazareth e garantita dallโ€™esperienza diretta del Risorto da parte degli apostoli e di pochi altri discepoli. Cosรฌ, non cโ€™รจ da sorprendersi se Marta pronuncia parole che sono attribuibili, quasi certamente, allโ€™evangelista Giovanni: โ€œโ€ฆ che deve venire nel mondoโ€. Tale locuzione ha la funzione di caratterizzare la figura di Gesรน, che รจ al tempo stesso il Messia ed il Figlio di Dio, il portatore della salvezza inviato da Dio stesso e poco importa che Giovanni lโ€™abbia messa sulla bocca di Marta rispettando o no il dato storico puro e semplice. Giovanni รจ stato uno dei testimoni della resurrezione e Marta ne ha condiviso la testimonianza; tanto basta allโ€™evangelista per esprimere la propria fede mediante le parole della donna.

28 Dopo queste parole se ne andรฒ a chiamare di nascosto Maria, sua sorella, dicendo: โ€œIl Maestro รจ qui e richiamaโ€.

Giovanni interrompe bruscamente il dialogo tra Gesรน e Marta, della quale non riporta frasi superflue circa il suo commiato da Gesรน od un eventuale incarico da Lui ricevuto di avvisare Maria del suo arrivo a Betร nia. Sembra quasi che lโ€™evangelista voglia trasmetterci i tratti essenziali del carattere di Marta lasciandoceli intuire piรน che parlandone direttamente. Questa donna รจ di poche ed essenziali parole, ma dinamica e senza fronzoli e sa precedere nei fatti le intenzioni dei suoi interlocutori. Marta chiama la sorella di nascosto, sia per evitare ogni scalpore circa lโ€™arrivo di Gesรน e sia per allontanare Maria dallโ€™ingombrante presenza dei giudei venuti per le condoglianze di circostanza. Pare di arguire che alle due sorelle fosse di conforto la sola presenza di Gesรน e non di tutta quella gente, lรฌ convenuta per semplice convenienza sociale. I giudei erano molto rispettosi e fedeli osservanti delle buone regole riguardanti tanto lโ€™aspetto cultuale quanto quello puramente sociale della loro vita quotidiana, al punto da essere persino petulanti.

Il Maestro ti chiama. Piรน che a Maria, questo avvertimento sembra rivolto ai lettori, invitati a comportarsi come Maria, la cui fede in Gesรน si traduce in una grande capacitร  di mettersi in ascolto delle sue parole, che sono โ€œparole di vita eternaโ€ (6,68). A coloro che credono in Lui, Gesรน parla in modo diverso rispetto a quello che gli รจ consentito fare con i lontani e gli increduli, per i quali il contenuto del messaggio cristiano รจ un inciampo (scandalo) alle loro scelte di vita.

29 Quella, udito ciรฒ, si alzรฒ in fretta e andรฒ da lui.

La contemplativa Maria non รจ da meno dellโ€™energica e volitiva sorella Marta. La sola notizia dellโ€™arrivo di Gesรน la fa scattare in piedi e correre dal Maestro, dal quale non si aspetta solo parole di conforto e dโ€™incoraggiamento, come richiederebbero le circostanze, bensรฌ parole capaci di scaldarle il cuore e di aprirle la mente alle profonditร  dellโ€™Amore di Dio, che sa consolare gli afflitti e sostenere i disperati dโ€™ogni genere (cf. Sal 107). La fretta, che anima la riflessiva e quieta Maria, riflette lโ€™urgenza della chiamata di Dio, che รจ presente โ€œoraโ€ nel nostro bisogno e che sollecita โ€œsubitoโ€ la nostra adesione al suo progetto dโ€™amore e di salvezza, non tollerando tentennamenti nรฉ ripensamenti (cf. Ap 3,16) di sorta. Incapace di vedere oltre il tempo finito e contingente della propria esistenza, spesso incerto e dubbioso della reale esistenza dellโ€™eternitร , lโ€™uomo fa fatica a sintonizzarsi sul tempo di Dio, per il quale il tempo umano รจ assai ristretto (Sal 39,6-7; 62,10; 90,9-10; 94,11). Lโ€™infinita pazienza e misericordia di Dio si ferma di fronte alla libera volontร  dellโ€™uomo, che con pervicacia si oppone allโ€™urgenza della salvezza.

30 Gesรน non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora lร  dove Marta gli era andato incontro. 31 Allora i giudei che erano in casa con lei a consolarla, quando videro Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono pensando: โ€œVa al sepolcro per piangere lร โ€.

Sapendo che, secondo lโ€™usanza, la casa di Marta e Maria potrebbe essere piena di gente convenuta per le condoglianze rituali, Gesรน evita di andarvi ed attende Maria per parlare a cuore a cuore e lontano da orecchi indiscreti. Il linguaggio, che Gesรน suole usare con chi crede in Lui, รจ sempre diverso da quello utilizzato con la folla ostile ed incredula: a questa parla in parabole e per allusioni, agli altri parla in modo esplicito anche se non sempre viene compreso. Gesรน sa che, a tempo opportuno, lo Spirito farร  ricordare e comprendere a quanti credono in Lui le parole che ha loro detto.

Le mosse di Maria non sfuggono agli attenti giudei, che non sospettando la presenza di Gesรน nei dintorni, la seguono presumendo che stia recandosi al sepolcro per piangere il fratello defunto. Il loro arrivo impedisce il colloquio privato ed intimo fra Maria e Gesรน. La presenza dei giudei, in ogni caso, crea la giusta atmosfera di lutto e di lamenti che rende comprensibile il โ€œfremitoโ€ di Gesรน (11,33). I giudei, accorsi per confortare Maria, hanno la sorpresa di vedere Gesรน e giร  sono pronti a muovergli delle critiche gratuite (11,37) ma, loro malgrado, dovranno essere i testimoni di un prodigio inaudito, a motivo del quale i capi religiosi della nazione giudaica decreteranno la morte di Gesรน (11,50).

32  Maria, dunque, quando giunse dovโ€™era Gesรน, vistolo si gettรฒ ai suoi piedi dicendo:
โ€œSignore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!โ€.

Maria ripete alla lettera le parole di sua sorella Marta ed anche in questo caso non bisogna scorgervi alcuna traccia di rimprovero. Il gesto di cadere ai piedi di Gesรน potrebbe molto semplicemente esprimere il gran dolore di Maria, ma anche indicare la sua adorazione del Maestro, ritenuto con buona ragione capace di evitare la morte del fratello, qualora Egli fosse stato presente durante la malattia di Lazzaro. La fiducia di Maria e di Marta nelle proprietร  taumaturgiche dellโ€™amico รจ grande, ma le due donne non hanno ancora compreso a fondo la vera natura di Gesรน, anche se nel profondo della loro anima hanno giร  intuito che non รจ un uomo come gli altri. Facendo risorgere Lazzaro, Gesรน prepara le due donne ed i suoi discepoli ad assorbire il terribile impatto dello scandalo della sua morte sulla croce.

33 Gesรน allora quando la vide piangere e piangere anche i giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente, si turbรฒ e disse: 34 โ€œDove lโ€™avete posto?โ€. Gli dissero: โ€œSignore, vieni a vedere!โ€.

Il breve incontro con Maria ha, da un punto di vista letterario, un valore poco rilevante in sรฉ, ma serve come scena intermedia per introdurre il pathos della seconda fase della narrazione, centrata su due gruppi di personaggi: Gesรน e Lazzaro da una parte, i giudei dallโ€™altra. La partecipazione di Lazzaro allo svolgimento degli avvenimenti รจ del tutto passiva, ma la sua resurrezione dal sepolcro diventa il vero fulcro della crisi tra Gesรน ed i giudei. Nonostante lโ€™evidenza dei fatti, i giudei assumono un atteggiamento di radicale rifiuto della veritร  e Gesรน finisce i suoi giorni terreni su una croce. Il pianto sincero di Maria ed il pianto ipocrita di circostanza dei giudei provocano in Gesรน una reazione emotiva sconcertante. La โ€œprofonda commozioneโ€, manifestata da Gesรน al cospetto di quei lamenti ed associata al โ€œturbamentoโ€ interiore, ha suscitato svariati commenti, non tutti concordi: per Origene50 e Giovanni Crisostomo51 Gesรน ha voluto reprimere un sentimento di dolore che lโ€™aveva assalito come nellโ€™ora del Getsรฉmani; per Cirillo Alessandrino,52 invece e per Ammonio53 Gesรน ha represso nella forza dello Spirito Santo un istinto della sua natura umana o carnale; per Teodoro di Eraclea54 e per s. Agostino dโ€™Ippona,55 Gesรน ha invece volontariamente suscitato questo moto affettivo, tipicamente umano, per manifestare il suo dolore per la morte dellโ€™amico.

I verbi greci, usati dallโ€™evangelista per esprimere la reazione psicologica di Gesรน, lasciano perplessi: il verbo embrimร sthai (tradotto, in italiano, col verbo โ€œcommuoversiโ€) significa propriamente โ€œsbuffareโ€ ed esprime unโ€™eccitazione irata, non la commozione, il dolore o la partecipazione al dolore altrui. Nel racconto originario, il verbo potrebbe aver significato un investire irosamente coloro che stavano facendo il cordoglio di circostanza (cf. Mc 1,43; 14,5; Mt 9,30), anche se lโ€™evangelista ha fatto unโ€™aggiunta ulteriore per imprimere al verbo il significato di un fremito interiore, usando il sostantivo โ€œnello spiritoโ€ (in greco, tรฒ pnรจumati) che nella versione italiana รจ stato reso con lโ€™avverbio โ€œprofondamenteโ€.

Lo spirito (13,21) o anima (12,27) di Gesรน รจ eccitata e turbata e, per esprimere questo sentimento, lโ€™evangelista usa il verbo greco tarร ssein, che propriamente significa โ€œagitare, rimescolareโ€ e che, applicato a Gesรน, esprime lo smarrimento di fronte alla morte imminente (12,27) o lo sgomento per il tradimento perpetrato da uno dei Dodici (13,21). Ma qual รจ il motivo di questโ€™irato fremito interiore di Gesรน? Secondo lโ€™evangelista lo adira la fede insufficiente dei presenti, come si puรฒ dedurre dal commento malizioso dei giudei, che rimproverano Gesรน, capace di guarire un cieco nato, di non essere stato in grado di salvare il suo amico, ma, cosรฌ facendo, i giudei denunciano un sostanziale rifiuto a credere

  • 50 Origene, fr. 84; GCS IV,549.
  • 51 S. Giovanni Crisostomo, PG 59,350.
  • 52 Cirillo Alessandrino, PG 74, 53A.
  • 53 Ammonio, fr. 379, Reuss p. 291.
  • 54 Teodoro di Eraclea, fr. 155, Reuss p. 105.
  • 55 S. Agostino, CC 428 s.

anche di fronte allโ€™evidenza. รˆ meno probabile che allโ€™origine della reazione irata di Gesรน vi sia lo sdegno contro la potenza della morte, dietro alla quale รจ riconoscibile satana, il distruttore della vita nemico di Dio. Per Giovanni, in definitiva, i veri rappresentanti dellโ€™incredulitร  radicale sono proprio i giudei, che si distinguono solo per i loro lamenti e non ritengono possibile che Gesรน possa venire in aiuto allโ€™uomo in una situazione come quellโ€™attuale.

Dove lโ€™avete posto (โ€œseppellitoโ€)? Gesรน vuole che tutti i presenti siano testimoni, volenti o nolenti, del prodigio che sta per compiere e si fa accompagnare sul luogo della sepoltura di Lazzaro. Alcuni Padri della Chiesa hanno colto, in questa domanda di Gesรน, una potenziale obiezione alla sua scienza divina e, pertanto, hanno interpretato in questo modo la domanda del Signore: โ€œCome uno che non ama vantarsi egli disse ciรฒ e finse di non sapere, per la bassezza dellโ€™umana natura; egli che pure in quanto Dio sa tutto, [cosรฌ parlรฒ] per portare molti uomini sul luogoโ€.56 Giovanni non si fa scrupoli del genere, poichรฉ dal suo vangelo giร  emerge lโ€™ovvia constatazione che Gesรน sa sempre quello che deve fare e che domina da padrone assoluto qualsiasi situazione, anche la propria morte.

Signore, vieni a vedere. Si tratta di una locuzione tipicamente semitica (cf. 1,39), che esprime la necessitร  di attivare tutte le proprie facoltร  psicologiche (volontร , decisione, intelligenza) per verificare e comprendere una situazione di fatto. Gesรน viene, in altre parole, invitato dai giudei a controllare di persona la realtร  dei fatti e prendere atto anche della propria impotenza di fronte ad un cadavere in avanzata fase di decomposizione: solo Dio potrebbe far tornare in vita il povero Lazzaro! Gesรน li accontenta subito.

35 Gesรน scoppiรฒ in pianto. 36 Dissero allora i giudei: โ€œVedi come lo amava!โ€. 37 Ma alcuni di loro dissero: โ€œCostui che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sรฌ che questi non morisse?โ€.

Lโ€™evangelista usa due verbi greci differenti per descrivere il pianto di lamento di Maria e dei giudei (klร io) e quello di Gesรน (dakrรนo). Nel primo verbo si puรฒ intuire il desolato sconforto della creatura umana di fronte alla tragica realtร  della morte, che come un colpo di spugna spazza via unโ€™intera esistenza destinandola allโ€™oblio ed allโ€™inconsistenza di un aldilร  ricco dโ€™incognite; nel secondo verbo si possono coglier diverse sfumature psicologiche, sia nei giudei, convinti che Gesรน pianga la morte di un amico assai caro ed amato, sia in Gesรน, rattristato per le tenebre dellโ€™ignoranza e dellโ€™incredulitร  che avvolgono lโ€™uomo e per lโ€™oscuritร  del destino mortale, da lui stesso condiviso. In altri passi del Nuovo

56 Ammonio fr. 380, Reuss p. 291; cf. anche Cirillo Alessandrino, PG 74,53.

Testamento (Eb 5,7; At 20,19; Ap 7,17; 21,4) le lacrime adombrano il clima dโ€™oppressione e di persecuzione che sempre ed inevitabilmente accompagna la vita del cristiano, il quale deve confrontarsi e scontrarsi con un mondo ostile al progetto salvifico di Dio.

Lโ€™evangelista non passa sotto silenzio lโ€™orrore del sepolcro, ma suggerisce di superarlo mediante la fede (cf. 11, 25.39-40). La grandezza del prodigioso segno, operato da Gesรน, puรฒ essere riconosciuta solo se non si minimizza la durezza e la cruda realtร  della morte fisica. Le lacrime di Gesรน, segno di uno smarrimento momentaneo ed umanamente comprensibile, precedono di poco la calma e la quieta sicurezza che Egli trova nella preghiera rivolta al Padre (11,41; cf. anche 12,27s) e, in questo senso, il Gesรน giovanneo รจ indissolubilmente legato al destino degli uomini ed aperto alle loro miserie. In Gesรน, Dio ha provato nel suo cuore e sulla propria pelle ogni sfumatura della complessa psicologia dellโ€™uomo, โ€œeccetto il peccatoโ€ (Eb 4,15) ed attraverso la croce, subita dal Figlio, ha sopportato il dolore ed ha conosciuto lโ€™orrore della morte fisica. Attraverso il segno della resurrezione di Lazzaro, Dio ha voluto dare consistenza alle speranze dellโ€™uomo di una vita senza fine dopo la morte del corpo.

Vedi come lo amava! I giudei, che spiegano il pianto di Gesรน con lโ€™amore che Egli nutriva per lโ€™amico, si dimostrano superficiali alla stregua della folla che, udita la voce proveniente dal cielo per rendere testimonianza a Gesรน (cf. 12,29), la scambia per un tuono. รˆ lungi dalla mentalitร  dei giudei che Gesรน possa proporsi come colui che puรฒ eliminare lโ€™oscuritร  della morte. Essi possono anche nutrire della simpatia per il Maestro venuto dalla Galilea, ma la fede in Lui sembra al di fuori della loro portata. A qualcuno dei presenti torna alla mente il prodigio compiuto da Gesรน sullโ€™uomo nato cieco, ma il ricordo non รจ propriamente positivo, visto il rimprovero che segue: ha guarito un cieco nato, ma non ha impedito la morte di un proprio amico. Si tratta di una critica ingiusta e gratuita, che spiega il gesto di reazione di Gesรน, che freme dโ€™ira nel suo intimo di fronte ad una malafede cosรฌ palese e preconcetta. Il richiamo alla guarigione del cieco nato permette allโ€™evangelista di sottoporre ai lettori il collegamento teologico tra questo segno e la resurrezione di Lazzaro. I due grandi miracoli vanno considerati nel loro insieme, perchรฉ rivelano Gesรน come luce e vita degli uomini.

38 Intanto Gesรน, ancora profondamente commosso, si recรฒ al sepolcro; era una grotta e contro vi era posta una pietra.

La rinnovata emozione di Gesรน, che nel suo intimo freme di sdegno per lโ€™incredulitร  dei giudei, si riferisce evidentemente al loro malizioso commento: โ€œโ€ฆ non poteva anche far sรฌ che questi non morisse?โ€. Nonostante il fremito interiore, Gesรน non si scompone, cosรฌ come non aveva reagito apertamente di fronte ai piagnistei di circostanza dei visitatori (11,33). Senza dire una parola, Gesรน si reca al sepolcro, nel quale รจ sepolto Lazzaro. Lโ€™evangelista ci rivela i particolari del luogo della sepoltura del defunto: si tratta di una grotta, cioรจ una cavitร  scavata nella viva roccia, la cui apertura รจ ostruita da una pietra di grosse dimensioni, fatta scorrere grazie ad unโ€™apposita scanalatura opportunamente confezionata nel terreno antistante la grotta. Questo tipo di sepolcro รจ differente da quello in cui sarร  deposto piรน tardi il corpo di Gesรน, ad accesso orizzontale e piรน frequentemente usato dalla tradizione giudaica.

39 Disse Gesรน: โ€œTogliete la pietra!โ€. Gli rispose Marta, la sorella del morto: โ€œSignore, giร  manda cattivo odore, poichรฉ รจ di quattro giorniโ€.

Lโ€™ordine di Gesรน รจ perentorio e non ammette repliche, anche se Marta si fa interprete della perplessitร  dei presenti facendo notare, tra le righe, che ci si dovrร  turare il naso. Il lezzo emanato da un cadavere in decomposizione รจ nauseabondo e provoca ribrezzo e voltastomaco, oltre a rendere impura lโ€™aria respirata dagli astanti. Nemmeno le bende intrise dโ€™aromi, usate per avvolgere i cadaveri, hanno il potere di trattenere il cattivo odore che si sprigiona da un corpo in preda alla putrefazione. Lโ€™ulteriore sottolineatura di una morte datata quattro giorni contribuisce a rendere piรน clamoroso il prodigio che sta per compiersi, perchรฉ sottintende la definitiva separazione dellโ€™anima dal corpo mortale.

In senso allegorico, la morte del corpo, di cui il fetore รจ il segno piรน repellente, รจ simbolo della morte di unโ€™anima che si รจ allontanata definitivamente da Dio, il quale avverte il cattivo odore della malvagitร , del peccato, dellโ€™orgoglio, della presunzione e della superbia che scaturiscono dal cuore di quanti hanno deciso di consegnarsi nelle mani del principe della morte eterna.

40 Le disse Gesรน: โ€œNon ti ho detto che, se credi, vedrai la gloria di Dio?โ€.

Nellโ€™immediato, la gloria di Dio รจ visibile attraverso la resurrezione del defunto Lazzaro, ma Gesรน orienta lo sguardo del credente verso orizzonti piรน ampi ed affascinanti, perchรฉ nella resurrezione di un morto si puรฒ scorgere il potere di Gesรน di dare la vita vera, che sopravvive alla morte e che dura per lโ€™eternitร . Per questo motivo anche lโ€™espressione โ€œvedrai la gloria di Dioโ€ รจ volutamente ampia ed indeterminata. Attraverso la malattia e la morte di Lazzaro si svela la gloria di Dio, che traspare attraverso lโ€™azione salvifica del Figlio (cf. 11, 4). Tutti i segni o miracoli compiuti da Gesรน rendono visibile la gloria di Dio e di Gesรน stesso (cf. 2,11), ma solo i credenti riescono a vederla (cf. 1,14).

41 Tolsero dunque la pietra. Gesรน allora alzรฒ gli occhi e disse: โ€œPadre, ti ringrazio che mi hai ascoltato. 42 Io sapevo che sempre mi dai ascolto, ma lโ€™ho detto per la gente che mi sta attorno, perchรฉ credano che tu mi hai mandatoโ€.

Secondo il modo di sentire giudaico, gli avvenimenti straordinari potevano accadere per intervento diretto di Dio onnipotente, grazie allโ€™intercessione di uomini devoti e pii, mentre la cultura religiosa greco-ellenistica attribuiva agli uomini divini il potere sovrumano di compiere prodigi, senza il concorso necessario di una qualsivoglia divinitร . La preghiera, che Gesรน rivolge al Padre, non รจ dettata da un bisogno umano puro e semplice (cf. 12,27s; 17,1-25) ma scaturisce dalla totale sottomissione del Figlio al Padre (cf. 14,28.31). Poichรฉ il Figlio vive in piena unitร  col Padre, del quale conosce e compie la volontร  con assoluta fedeltร , la sua preghiera รจ sempre certa di essere esaudita. Lโ€™intima unione di Gesรน col Padre viene espressa dal gesto compiuto da Gesรน, che leva gli occhi al cielo o in alto (17,1); colui che รจ disceso dal cielo rimane costantemente collegato con il cielo, vale a dire col Padre suo (cf. 1,51). Questo modo di rivolgersi a Dio in preghiera, levando gli occhi verso lโ€™alto, non era del tutto estraneo al mondo religioso ebraico, che intendeva esprimere cosรฌ un sentimento di fiduciosa implorazione (cf. Sal 123,1; Lam 3,41), ma se per i Sinottici lo sguardo di Gesรน verso il cielo aveva in sรฉ qualcosa di speciale (cf. Mc 6,41pp), per Giovanni tale gesto era una peculiare espressione della sua dignitร  di Figlio; si comprende pertanto come la preghiera di Gesรน si trasformi necessariamente in ringraziamento.

Gesรน รจ sicuro di essere esaudito dal Padre perchรฉ sa di compiere sempre ciรฒ che il Padre gli chiede di fare (cf. 8,29) in virtรน di quel continuo flusso dโ€™amore, che unisce lโ€™uno allโ€™altro in modo indissolubile. La relazione personale unica, che intercorre tra Gesรน ed il Padre, รจ racchiusa in questo circolo virtuoso: uno chiede e lโ€™altro esaudisce, in modo assolutamente reciproco. Anche coloro che credono in Gesรน possono accedere alla dinamica virtuosa del dono reciproco con Dio, poichรฉ รจ stato loro assicurato il pieno esaudimento delle richieste fatte al Padre nel nome di Gesรน (14,13; 15,7.16; 16,23s).

Gesรน non formula per sรฉ la preghiera rivolta al Padre, ma per la gente che gli sta attorno, affinchรฉ comprenda il miracolo come testimonianza del Padre per la missione del Figlio. I presenti devono essere indotti a credere, cosรฌ come devono essere esortati alla fede i lettori del testo evangelico.

Nella propria coscienza umana Gesรน ha elaborato la consapevolezza che, per salvarsi, gli uomini devono credere con convinzione nella sua missione di salvezza, progettata e decisa dal Padre in totale conformitร  col volere del Figlio.

43 E detto questo, gridรฒ a gran voce: โ€œLazzaro, vieni fuori!โ€. 44 Il morto uscรฌ, con i piedi e le mani avvolti in bende e il volto coperto da un sudario. Gesรน disse loro: โ€œScioglietelo e lasciatelo andareโ€.

Il grido di Gesรน esprime la potenza della voce di Dio o del suo angelo, che nel giorno del giudizio finale risveglia nelle loro tombe tutti i morti della terra, riportandoli alla vita (cf. 1Tess 4,16) e chiamando ciascuno per nome. In quellโ€™ordine imperioso, rivolto al defunto

Lazzaro, si rendono manifeste la maestร  ed il potere soprannaturale del Figlio di Dio, origine e vertice di tutta la creazione, โ€œlโ€™Alfa e lโ€™Omega, il Primo e lโ€™Ultimo, il principio e la fineโ€ (Ap 22,13) dโ€™ogni cosa che si trova โ€œnei cieli, sulla terra e sotto terraโ€ (Fil 2,10). Colui, grazie al quale โ€œtutto รจ stato fatto e senza il quale niente รจ stato fatto di tutto ciรฒ che esisteโ€ (1,3), ha il dominio completo sulla natura e tutto รจ stato messo in suo potere, compresa la morte (cf 1Cor 15,25-26), che รจ la negazione assoluta della vita sia del corpo sia dello spirito. Il tono del racconto, narrato dallโ€™evangelista, รจ chiaramente di stampo apocalittico, poichรฉ in esso viene adombrata la resurrezione finale di tutto il genere umano, ma dal punto di vista prettamente stilistico lโ€™avvenimento miracoloso รจ descritto in modo molto realistico, anche se sโ€™intuisce una situazione ambientale surreale. Il defunto esce dalla tomba da solo, con mani e piedi avvolti nelle bende e col volto coperto dal sudario. Si possono immaginare le reazioni emotive dei presenti alla vista di quello spettacolo sconvolgente: paura, stupore, inquietudine, sbalordimento, gioia, angoscia, ammirazione, incredulitร . Qualcuno รจ convinto veramente di trovarsi di fronte ad un prodigio inaudito, qualcun altro insinua maliziosamente che รจ tutto un trucco e che รจ stata montata una grossolana messinscena. Molti degli astanti credono (11,45), mentre altri restano convinti di aver assistito ad una truffa e si precipitano a riferire la cosa ai loro capi (11,46). Gesรน non si cura delle reazioni della gente, ma ordina semplicemente di liberare Lazzaro dalle bende che lo tengono legato e di lasciarlo andare. Il ritorno alla vita di tutti i giorni รจ la prova migliore dellโ€™avvenuto miracolo.

Lโ€™episodio della resurrezione di Lazzaro suscita alcune riflessioni sul concetto di โ€œvitaโ€ elaborato e proposto dal quarto evangelista:

  1. Gesรน Cristo รจ di volta in volta definito pane di vita (6,35.48), luce della vita (8,12) e vita in senso assoluto (11,25; 14,6) perchรฉ รจ stato inviato dal Padre per dare la vita al mondo (6,33); Gesรน รจ il principio stesso della vita, vale a dire il suo punto di partenza.
  2. Nella propria persona ed attraverso le parole che ha pronunciato od i miracoli che ha compiuto, Gesรน ha incarnato, rivelato e comunicato la vita di Dio, dovuta a quanti accolgono la sua rivelazione e credono in Lui. Per costoro la vita consiste nella liberazione dal dominio della morte (5,24) e nel superamento dei confini angosciosi della morte (8,51; 11,26; 12,25) giร  nel tempo dellโ€™esistenza presente, non solo in una prospettiva futura.
  3. Il dono e la promessa della vita sono la risposta positiva di Dio allโ€™interrogativo dellโ€™uomo sul senso della propria esistenza e sul contenuto della vera salvezza. La vita รจ โ€œla luce degli uominiโ€ (1,4), la chiarificazione del senso del loro cammino sulla terra, altrimenti oscuro e tragico (8,12). Il concetto di vita contribuisce ad esprimere meglio il significato della salvezza, che solo con la fede si riesce a comprendere pienamente come nuova e definitiva esistenza in Dio. Di tale esistenza lโ€™uomo รจ assolutamente debitore nei confronti di Dio.
  4. La vita, che lโ€™uomo riceve attraverso Cristo, non รจ una dotazione materiale nรฉ una forza magica, ma una realtร  divina, una piena partecipazione alla vita di Dio, che รจ origine dโ€™ogni vita (5,26; 1Gv 1,2). Il possesso della vita da parte del credente, frutto del dono del Padre attraverso il Figlio (1Gv 5,11), opera la comunione col Padre e col Figlio (1Gv 1,3; 2,23s; 5,12).
  5. Anche i sacramenti hanno la loro importanza nel processo di comunicazione della vita ai credenti, perchรฉ sono segni efficaci che uniscono i credenti a Cristo e, per mezzo suo, al Padre (Gv 3,5; 6,53-57; 1Gv 5,7s). La vita donata a chi (nel battesimo) รจ generato da Dio รจ, per sua natura, permanente (Gv 6,27; 1Gv 2,27; 3,9) e deve condurre ad una relazione viva e cosciente con Cristo e con Dio, ad una permanenza nellโ€™amore (Gv 14,21.23; 15,9). Per rimanere in Cristo ed avere la vita eterna รจ indispensabile lโ€™eucaristia (6,56).
  6. La  vita  divina  donata  al  cristiano  diventa  dovere  morale  e  chiede  di  essere confermata nellโ€™amore fraterno (1Gv 4,20s).

Giovanni distingue nettamente tra la vita biologica (bรฌos), con relativo aspetto psichico, intellettivo e volitivo (psykhรฉ), che caratterizza la parte terrena e caduca dellโ€™esistenza umana e la vita eterna (zoรจ), verso la quale ogni uomo tende in virtรน di una vocazione comune allโ€™eternitร  connessa con lโ€™atto creatore di Dio, che ha fatto lโ€™uomo โ€œa propria immagine e somiglianzaโ€ (Gen 1,26-27). Secondo la teologia giovannea, la vita proviene da Dio e giunge agli uomini attraverso Gesรน Cristo (cf. 3,16; 5,26; 6,57), ma lโ€™uomo coltiva naturalmente, quasi geneticamente, dentro il proprio essere lโ€™ansiosa ricerca della salvezza, identificata con un genere dโ€™esistenza necessariamente diversa da quella sperimentata sulla terra come provvisoria e fugace (cf, 4,13s; 6,27; 7,38; 8,12; 17,3).

Grazie a Gesรน Cristo, lโ€™uomo puรฒ comprendere che la meta della sua esistenza รจ la vita in Dio e che puรฒ giungervi โ€œconoscendoโ€ il Padre attraverso il Figlio: โ€œQuesta รจ la vita eterna: che conoscano te, lโ€™unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesรน Cristoโ€ (17,3). Il mandato di Dio a Gesรน significa vita per gli uomini, ai quali รจ offerta lโ€™eternitร  come un dono prezioso da accogliere consapevolmente e con impegno personale.

Il risalto che viene dato al ruolo di Gesรน Cristo nel trasmettere la vita di Dio agli uomini, rende implicitamente evidente la non disponibilitร  a buon mercato di questo tipo di vita.

Solo ed abbandonato a se stesso, lโ€™uomo non riesce a liberarsi dei propri limiti creaturali (3,31), dalla schiavitรน dei suoi desideri (8,34-36) e dallโ€™attrazione verso ciรฒ che รจ passeggero (6,26.35); solo la fede in Colui che รจ portatore di vita puรฒ vincere la cecitร  spirituale dellโ€™uomo e schiudergli la via per ottenere lโ€™agognata pienezza di vita. Senza la mediazione del Figlio di Dio, lโ€™uomo non รจ in grado di raggiungere, da solo, la vita eterna, che รจ pienezza dโ€™amore e di conoscenza di Dio.

La vita eterna, donata da Cristo a chi crede in Lui e nella sua missione, non รจ solo una promessa per il futuro, ma รจ una realtร  che si realizza nel presente dellโ€™esistenza terrena, nella quale ogni credente puรฒ realizzare lโ€™attesa della vita futura mediante rapporti dโ€™amore e di servizio a vantaggio dei suoi simili. La vita, donata allโ€™uomo nella fede, va ben oltre la morte del corpo materiale, che naturalmente provoca timore ed angoscia ma che, grazie alla Rivelazione, denuncia la propria provvisorietร  ed inconsistenza di fronte alla promessa nella quale Dio stesso si รจ impegnato resuscitando il proprio Figlio, โ€œprimizia di coloro che sono mortiโ€ (1Cor 1,20). Per ottenere la vita eterna, cioรจ per vivere eternamente in Dio e con Dio, lโ€™uomo non puรฒ pensare al singolare; chi aspira alla salvezza deve spogliarsi dโ€™ogni angusto e meschino individualismo e collocarsi nella prospettiva di una salvezza collettiva, in comunione coi suoi fratelli e compagni di viaggio.

Il passaporto per entrare nella vita eterna, in comunione reciproca con Dio, รจ lโ€™amore a due dimensioni: verso Dio e verso il prossimo (cf. 15,7-10).

Il miracolo della resurrezione di Lazzaro fa precipitare gli eventi. Messi sullโ€™avviso da alcuni giudei, testimoni del prodigio compiuto da Gesรน a Betร nia (11,46), i sommi sacerdoti ed i farisei decidono di riunire il sinedrio (11,47), il tribunale religioso ed amministrativo della nazione giudaica e discutono sul da farsi. รˆ grande la preoccupazione che i romani possano intervenire con la forza delle armi per reprimere una possibile rivolta popolare capeggiata da Gesรน (11,48), forte delle sue qualitร  taumaturgiche, ma il sommo sacerdote Caifa offre la giusta soluzione al caso-Gesรน: meglio la morte di un uomo solo che la rovina di unโ€™intera nazione (11,49-50). La motivazione politica della condanna a morte di Gesรน, pronunciata dal sinedrio per istigazione di Caifa, sโ€™intreccia inesorabilmente col progetto salvifico di Dio, che attraverso la morte del Figlio vuole riscattare lโ€™intera umanitร  dal peccato e sottrarla alla perdizione eterna. Nonostante le intenzioni malvagie ed il calcolo politico dei capi della nazione giudaica, il sommo sacerdote Caifa pronuncia unโ€™involontaria profezia (11,51): la morte di Gesรน avrร  lo scopo di โ€œriunire insieme i figli di Dio che erano dispersiโ€ (11,52).

Nellโ€™attesa che giunga la sua โ€œoraโ€, Gesรน si ritira presso la cittร  di Efraim e per un poโ€™ non si fa piรน vedere nei pressi di Gerusalemme (11,54-57), dove tutti sono in attesa di vederlo, gli uni per festeggiarlo e gli altri per fargli la festa (nel senso di ucciderloโ€ฆ).

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