Commento a cura di Damiano Antonio Rossi con la collaborazione delle Suore Adoratrici Perpetue del S.S. Sacramento di Vigevano.
Lazzaro, vieni fuori! (Gv 11, 1-45)
Ritenere, come fanno alcuni, che i discepoli avessero fatto un patto con Lazzaro affinchรฉ simulasse la sua morte, in modo che Gesรน potesse resuscitarlo da una morte presunta e cosรฌ diventare famoso, oppure che Gesรน stesso fosse dโaccordo con questa truffa o che lโavesse Egli stesso architettata per trarre in inganno i suoi connazionali e ottenerne un qualche vantaggio politico o religioso, รจ frutto della perversa fantasia degli scettici ad oltranza. La prima parte di Gv 11 si legge come il racconto proprio di un testimone oculare ed auricolare, trovatosi con Gesรน nella regione situata a Est del fiume Giordano e meravigliato del fatto che il Maestro si fosse trattenuto per ben due giorni in quei luoghi, nonostante fosse stato avvisato delle gravi condizioni di salute dellโamico Lazzaro (11,6).
Solo un testimone diretto poteva riferire i detti efficaci di Gesรน riguardanti le ore della giornata (11,9) o lโapparente assurditร della sua pretesa di essere โla resurrezione e la vitaโ (11,25) e di poter garantire addirittura la vita eterna a chi crede in Lui (ibid.); ancora, solo un testimone diretto, che piรน volte aveva percorso quella strada, poteva sapere che la distanza che separava il villaggio di Betania da Gerusalemme era di โdue migliaโ scarse
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(11,18) e poteva riferire le ansie di Tommaso e degli altri discepoli, consapevoli che Gesรน e loro stessi rischiavano la vita, una volta messo piede nella Cittร Santa (11,8.12-16).
Se lโevangelista si propone come scrittore e testimone attendibile nella prima parte del racconto, perchรฉ ritenerlo inattendibile e fantasioso quando narra lโaccaduto della resurrezione di Lazzaro, riferendo per di piรน particolari poco adatti alla solennitร del momento, come il pianto di Gesรน, addolorato per la morte dellโamico (11,35)? Si puรฒ anche ragionevolmente affermare che ciรฒ che la narrazione sottace รจ impressionante quanto ciรฒ che dice. Non viene riportata alcuna parola di Lazzaro e nulla viene riferito della sua esperienza nellโaltro mondo durante quei โquattro giorniโ. Un narratore poco affidabile si sarebbe dilungato nellโamplificare a dismisura la portata di un miracolo di per sรฉ straordinario ed inaudito. La sobrietร dellโevangelista รจ la migliore credenziale della sua affidabilitร come testimone e narratore.
La resurrezione di Lazzaro rappresenta, per lโevangelista, il culmine dei โsegniโ operati da Gesรน di Nazareth, del quale riporta una parola dโauto-rivelazione (11,25ss) che costituisce la chiave di lettura dellโintero episodio. Lโimportanza dellโaccaduto, dal punto di vista cristologico e soteriologico, รจ brevemente trattata allโinizio e nel punto culminante del racconto (11,4.40). Insieme alla guarigione del cieco nato, questo miracolo esprime appieno lโidea cristologica che guida ed ispira il IV Vangelo: Gesรน รจ la luce e la vita del mondo (cf. 1,4). Lโevangelista ha inserito lโepisodio della resurrezione di Lazzaro proprio al culmine del drammatico scontro tra la fede e lโincredulitร ed il โsegnoโ rappresenterebbe, per i giudei, la decisiva spinta a credere nel ruolo messianico di Gesรน ed in effetti, dopo il miracolo, molti scelgono di avere fede in Lui (11,45). Preoccupati per la piega assunta dagli avvenimenti (cf. 11,48; 12, 9), i capi giudei decidono di passare al contrattacco e di prendere ufficialmente, durante una seduta del sinedrio, la decisione di mettere a morte Gesรน: meglio la morte di un uomo solo che la rovina di un popolo intero (11,50)!
Non รจ un caso che, proprio nel momento in cui il Figlio di Dio manifesta la sua potenza vitale nel modo piรน sublime, gli uomini che rifiutano di credere in Lui siano ferocemente determinati a farlo scomparire dalla faccia della terra, prendendo tutte le misure necessarie per raggiungere il loro scopo omicida. Il cammino della croce รจ giร tracciato, ma, contrariamente a quanto pensano gli uomini, esso rientra nei piani di Dio addirittura dallโeternitร , perchรฉ lโesaltazione di Gesรน sulla croce coincide misteriosamente con la glorificazione di Dio stesso nel Figlio suo unigenito. Il โsegnoโ di Lazzaro richiamato alla vita dopo โquattro giorniโ, quando ormai il suo spirito vitale ha abbandonato per sempre il corpo mortale ed รจ sceso nello sheรฒl, addita giร questa glorificazione finale (11,4) e lโinvolontaria profezia del sommo sacerdote Caifa (11,51ss) dimostra che il complotto degli uomini รจ necessariamente al servizio dei piani di Dio.
Vari commentatori, in passato, si sono chiesti come mai lโepisodio della resurrezione di Lazzaro, cosรฌ straordinario ed unico nel suo genere, non sia stato riportato anche dai Sinottici. Alcuni hanno avanzato lโipotesi che, allโepoca in cui furono scritti i Vangeli sinottici, Lazzaro fosse ancora vivente; da un lato, gli evangelisti non avevano voluto esporlo ad inutili pericoli da parte delle autoritร giudaiche e romane narrando il prodigio di cui era stato il fortunato protagonista e, dallโaltro, Lazzaro stesso poteva essere il testimone piรน autorevole e credibile del beneficio ricevuto, grazie al quale era assai noto presso le comunitร cristiane di quel tempo. Seguendo la logica di questo ragionamento, allโepoca in cui fu composto il IV Vangelo Lazzaro era di nuovo deceduto, quindi erano venuti a mancare i presupposti per una possibile azione di ritorsione nei suoi confronti. Non รจ da escludere che tutti gli evangelisti abbiano selezionato solo alcuni tra i tanti miracoli attribuiti a Gesรน con lo specifico intento di utilizzarli in funzione della personale interpretazione teologica dei fatti narrati.
11,1 Era allora malato un certo Lazzaro di Betร nia, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella. 2 Maria era quella che aveva cosparso di olio profumato il Signore e gli aveva asciugato i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. 3 Le sorelle mandarono dunque a dirgli: โSignore, ecco, il tuo amico รจ malatoโ.
La lunga storia della resurrezione di Lazzaro inizia con molta semplicitร . Il luogo, in cui si รจ verificato lo straordinario prodigio, รจ un villaggio che dista circa 3 km da Gerusalemme (corrispondenti alla misura di 15 stadi o di 2 miglia, secondo il modo di misurare le distanze in quel tempo), e si trova sulle pendici orientali del Monte degli Ulivi. La situazione attuale ed il tipo di costruzione del sepolcro di Lazzaro non danno luogo ad obiezioni circa la veridicitร del racconto e della sua ambientazione, anche se non possono ovviamente confermare la storicitร del racconto giovanneo. La tomba di Lazzaro si trova attualmente allโinterno della localitร El-โAzaraje e, in origine, si trovava fuori dellโabitato, che sorgeva un poโ piรน ad occidente, sui fianchi montagnosi del Ras Esh-Shijah. Il nome Lazzaro era assai comune a quel tempo ed il suo significato รจ โDio lโaiutaโ (un nome assai azzeccato, si direbbe!).
Per conferire una connotazione veritiera e storica al racconto, lโevangelista precisa che Lazzaro รจ di Betร nia; se cosรฌ non fosse, gli abitanti del villaggio lo smentirebbero in un attimo, negando di aver mai avuto un concittadino di quel nome beneficato in quel modo da Gesรน di Nazareth. Il racconto, quindi, non รจ frutto di fantasia e di immaginazione! Ad ulteriore conferma di non temere smentite, lโevangelista precisa che Betร nia รจ il villaggio di โMaria e di Marta, sua sorellaโ e che entrambe sono sorelle di Lazzaro; a giudizio dei critici, il v. 2 sembra lโaggiunta del redattore che ha curato la stesura finale del Vangelo giovanneo e che si รจ preoccupato di precisare di quale Maria si tratti, visto che questo nome ricorre molto spesso nel testo evangelico essendo di uso piuttosto comune (basti pensare a Maria, la madre di Gesรน ed a sua sorella Maria [moglie] di Clรฉofa, madre di Giacomo il minore e di Ioses [Mc 15,40], noti anche come โfratelliโ del Signore nel senso di cugini di primo grado; oppure a Maria di Magdala). Tale aggiunta esplicativa (definita, in termine tecnico, โglossaโ) serve a chiarire lโidentitร dei personaggi in questione e ad anticipare, in qualche modo, lโepisodio dellโunzione di Betร nia (cf. Gv 12,3ss), gesto per il quale Maria sarร criticata da Giuda Iscariota ma lodata da Gesรน, che in quel gesto vedrร lโannuncio profetico della sua morte e sepoltura.
Il messaggio, che le sorelle fanno pervenire a Gesรน, nasconde una tacita preghiera; esse vogliono indurre lโillustre amico ad accorrere al capezzale del fratello ammalato col chiaro intento di farlo guarire prontamente. In poche righe il vocabolo โmalatoโ (in greco, asthenรฒn) ricorre per ben tre volte, quasi a voler sottolineare lโestrema gravitร delle condizioni di Lazzaro, che di lรฌ a poco, infatti, morirร . Gesรน, perรฒ, sembra non scomporsi piรน di tanto davanti alla notizia della โgrave malattiaโ dellโamico e tergiversa, causando lo stupore dei suoi stessi discepoli.
4 Allโudire questo, Gesรน disse: โQuesta malattia non รจ per la morte, ma per la gloria di Dio, perchรฉ per essa il Figlio di Dio venga glorificatoโ. 5 Gesรน voleva molto bene a Marta, a sua sorella e a Lazzaro.
La risposta di Gesรน intende elevare lโavvenimento umano, naturale sia pure nella sua drammaticitร , al piano delle intenzioni particolari di Dio. La malattia e la morte fanno parte dellโesperienza umana comune e, spesso, si รจ indotti ad imputare a Dio la causalitร di entrambe anche se, secondo il testo biblico, alla radice della sofferenza e dellโangosciosa ineluttabilitร della morte sta il peccato originale commesso dai progenitori a nome e per conto dellโintera umanitร (cf. Gen 3,1-19). Il male รจ generato dal male. Anche il testo evangelico sembra collocarsi su questa linea di pensiero, con una sottolineatura di speranza sino ad allora sconosciuta: se Dio colpisce il peccato col male e la morte, non lo fa come gesto di vendetta nรฉ per annientare le sue creature, ma cosรฌ ha deciso per donare speranza a coloro che scelgono liberamente di aprirsi alla fede nel Figlio suo. Nel momento stesso in cui Dio ha giustamente castigato lโuomo per il suo gesto di ribellione e di superbia, gli ha aperto le porte della speranza (Gen 3,15) orientando lโattesa della liberazione dal peccato e dal male sul suo Unto, su Gesรน Cristo. Pur concludendosi con la morte naturale, la malattia di Lazzaro non รจ finalizzata allโoscuritร del dissolvimento del corpo e dello spirito, ma alla gioiosa attesa della resurrezione, di cui Gesรน รจ il frutto ed il protagonista piรน atteso, essendo Egli โresuscitato dai morti, primizia di coloro che sono mortiโ (1Cor 15,20). Davanti alla malattia mortale dellโamico Lazzaro, Gesรน รจ consapevole che il Padre sta operando per mezzo suo al fine di affermare la propria sovranitร assoluta sulla vita e sulla morte e che lโimminente prodigio della resurrezione di un uomo morto da quattro giorni รจ orientato alla sola gloria di Dio Padre, cui, perรฒ, รจ strettamente correlata la gloria del Figlio stesso, che รจ โuno col Padreโ (Gv 10,30).
La โglorificazioneโ reciproca del Padre e del Figlio รจ il leitmotiv della cristologia di Giovanni. Quando giunge la sua โoraโ, Gesรน glorifica il Padre affrontando la propria immolazione volontaria con un atteggiamento di assoluta obbedienza (Gv 10,17s) a Colui che lo ha inviato presso gli uomini come vittima sacrificale e come prezzo per il riscatto di ogni uomo peccatore (Rm 4,25; 5,8-11), ma, al tempo stesso, Egli viene glorificato dal Padre (Gv 13,31s; 17,1) nel preciso momento in cui viene โinnalzatoโ sulla croce (8,28), attirando su di sรฉ lo sguardo di tutti gli uomini (Zc 12,10; Gv 19,37) disposti a credere in Lui e nella sua opera di redenzione. Nelle parole che preannunciano il segno della resurrezione di Lazzaro (โquesta malattia non รจ per la morte, ma per la gloria di Dioโฆโ) sono implicite anche la morte di Gesรน e la sua resurrezione. Il Figlio di Dio annuncia la propria resurrezione mediante il richiamo alla vita dellโamico defunto e, paradossalmente, compiendo questo straordinario prodigio Gesรน decreta anche la propria morte (cf. Gv 11,47-53), grazie alla quale, perรฒ, il Padre manifesta la propria gloria richiamando il Figlio nella celeste comunione di vita in cui Egli si trovava prima di scendere sulla terra (cf. 17,5) e conferendogli il potere di trasmettere la vita a tutti i credenti (cf. 17,2).
Dopo questa breve ma significativa interpretazione degli avvenimenti che stanno per accadere, Giovanni ritorna al suo racconto per rimarcare il forte vincolo di amicizia che lega Gesรน ai fratelli di Betร nia. Per esprimere il sentimento di amore che Gesรน prova nei loro confronti, lโevangelista usa il termine agร pe il quale, pur non escludendo unโinclinazione affettiva naturale ed una spontanea e reciproca simpatia, pone lโaccento soprattutto sullโaffinitร spirituale di questi personaggi (cf. anche Gv 13,23; 19,26). Marta e Maria sanno che Gesรน le โamaโ, il che le rende forti nella fede in quellโamico speciale, capace di compiere segni fuori della portata di qualsiasi essere umano (11,21.32) perchรฉ รจ ormai chiaro a tutti che Gesรน โviene da Dioโ (cf. 9,30-33).
6 Quandโebbe dunque sentito che era malato, si trattenne due giorni nel luogo dove si trovava.
La malattia di Lazzaro รจ il preludio della sua morte e di quella di Gesรน (11,13.14), cosรฌ come il prodigio della resurrezione del primo รจ anticipazione di quella, ben piรน importante ai fini della salvezza dellโuomo, del secondo. Si puรฒ ben comprendere quale valore lโevangelista intende attribuire alla collocazione della storia di Lazzaro nel tracciare la via di Gesรน: รจ lโultimo tratto di strada che egli deve percorrere prima di affrontare la sua fatidica e cruciale โoraโ, quella della sua passione e morte redentrice. Sul cammino verso la morte, che ormai va profilandosi allโorizzonte quale evento ineluttabile e tragico, splende come una promessa la resurrezione dellโamico Lazzaro, quasi a voler significare che la morte non รจ la fine di tutto, ma รจ piuttosto la premessa necessaria per lโingresso nella vita nuova e piena โda risortiโ in Cristo Signore, colui che per primo รจ risorto da morte, โprimizia di coloro che sono mortiโ (1Cor 15,20).
Lโannotazione che Gesรน voleva molto bene a Lazzaro ed alle sue sorelle (11,5) stride con la decisione del Maestro di fermarsi ancora โdue giorni nel luogo dove si trovavaโ, vale a dire nella localitร โdove prima Giovanni [Battista] battezzavaโ (10,40), ad oriente del fiume Giordano. Il comportamento dellโuomo Gesรน รจ spesso sconcertante e controcorrente, ma รจ giustificato dalla sua obbedienza assoluta e fedele alla volontร del Padre; le sue reazioni, umanamente sorprendenti (cf. 11,15), diventano comprensibili solo se correlate allโincarico che Dio ha affidato al Figlio suo prediletto. A causa della sua natura fragile, limitata e corrotta, lโuomo non รจ in grado di penetrare e di comprendere la sapienza di Dio (cf. Gb 28), che misteriosamente, ma infallibilmente, lo guida verso la salvezza, ma in Gesรน รจ allโopera lo stesso Spirito di Dio che conosce, Lui soltanto, i segreti di Dio (1Cor 2,11).
7 Poi disse ai discepoli: โAndiamo di nuovo in Giudea!โ. 8 I discepoli gli dissero: โRabbรฌ, poco fa i giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?โ.
Solo dopo che sono trascorsi i due giorni Gesรน invita i suoi a tornare in Giudea ed a recarsi a Betร nia dallโamico Lazzaro. Usciti di scena fin dalle prime battute dellโepisodio della guarigione del cieco nato (cf. 9,2), i discepoli ricompaiono nel racconto evangelico e si rendono nuovamente protagonisti di uno scambio di battute con Gesรน, il quale spiega loro il senso del suo desiderio di recarsi in Giudea. La vera meta del Maestro รจ Gerusalemme, la cittร santa nella quale deve compiersi il suo destino umano ed i discepoli vengono da Lui coinvolti nel progetto di salvezza stabilito dal Padre fin dallโeternitร . Per il momento si deve giungere solo a pochi chilometri di distanza dalla capitale, ma persino i sassi sanno che per Gesรน non tira una buona aria, non solo a Gerusalemme ma persino nellโintera regione di Giudea, dove lโinfluenza delle autoritร giudaiche รจ in grado di far sentire il proprio peso politico anche sul potere locale romano (cf. 4,7; 7,1). I discepoli si rendono immediatamente conto che il loro rabbรฌ sta cacciandosi in un brutto guaio e si ricordano assai bene del tentativo fatto dai giudei di lapidarlo (10,39) in occasione della festa della Dedicazione del Tempio, nellโinverno appena trascorso (10,22). Dotati di comune buon senso, i discepoli sanno che per Gesรน non ci sarebbe scampo se dovesse cadere nelle mani dei suoi nemici dichiarati, pronti a tutto pur di mettere a tacere per sempre quella bocca cosรฌ scomoda!
9 Gesรน rispose: โNon sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perchรฉ vede la luce di questo mondo; 10 ma se invece uno cammina di notte, inciampa, perchรฉ gli manca la luceโ.
Comโera giร accaduto in occasione della guarigione del cieco nato, anche in questo caso Gesรน si sottopone alla legge del tempo, che il Padre ha fissato per Lui e che lโevangelista Giovanni circoscrive entro due coordinate storiche e psicologiche: Gesรน deve operare โfinchรฉ รจ giornoโ (cf. 9,4) perchรฉ sa che, prima dellโora stabilitร dal Padre suo, i suoi nemici non possono fargli del male (cf. 7,30; 8,20). La risposta, che Gesรน dร ai suoi discepoli, confermerebbe tale ipotesi. Gesรน รจ pienamente inserito nellโambiente culturale del suo tempo. Gli ebrei consideravano il โgiornoโ come il tempo del lavoro e dellโefficienza psico-fisica, cui poneva fine la โnotteโ che, a quei tempi, rendeva assai precarie, se non impossibili, le condizioni del lavoro per la quasi totale mancanza di luce, garantita solo dalle torce, dalle lampade ad olio eโฆ dalla luna. La notte era il tempo del riposo per i piรน, dello studio per pochi altri, ma anche delle malefatte per ladri, assassini e cospiratori di vario genere. Al tramonto del sole, gli agglomerati urbani dotati di cinte murarie chiudevano le porte dโaccesso alla cittร per non correre il rischio di subire incursioni notturne e saccheggi per opera di briganti e dโeserciti nemici. Chi si trovava allโinterno delle mura poteva ritenersi al sicuro, ma in un certo qual modo era anche prigioniero ed esposto al pericolo dโeventuali regolamenti di conti e, per ovvi motivi, chi si trovava fuori delle mura non poteva fruire di protezione alcuna. La stessa ripartizione della giornata in dodici ore di luce e dodici di buio corrisponde allโusanza ebraica, che non teneva conto della reale durata del periodo di luce che varia da stagione a stagione, attribuendo un valore relativo alla misurazione cronologica del tempo.
Lโalternanza della luce e del buio permette allโautore del IV Vangelo di esprimere, in modo simbolico, la vicenda storico-salvifica di Gesรน di Nazareth: la notte alluderebbe alla passione e morte di Cristo, mentre la luce ricorderebbe la sua resurrezione gloriosa.
Secondo unโaltra chiave di lettura, il buio indicherebbe il cammino di Gesรน verso la propria morte di croce mentre la luce esprimerebbe lโilluminazione interiore che lo rende consapevole del proprio destino, ma alcuni commentatori scorgono nel detto di Gesรน un ammonimento rivolto ai suoi stessi discepoli, interpretando il verbo โinciampareโ (in greco, proskรฒptein) in senso figurato. Chi non cammina illuminato da Gesรน-luce, rischia di cadere spiritualmente e di perdere la salvezza; per questo gli uomini, che presumono di salvarsi da soli, sono come ciechi che camminano al buio rischiando di rompersi lโosso del collo! Gesรน stesso รจ la luce interiore che illumina e guida lโuomo che decide di fidarsi di Lui, mentre chi lo rifiuta non puรฒ attendersi altre luci altrettanto adeguate ad illuminare le sue scelte esistenziali. Chi sceglie di non credere in Gesรน, si priva dellโunica luce in grado di guidarlo alla salvezza ed alla piena comunione con Dio, che โรจ luce ed in lui non ci sono tenebreโ (1Gv 1,5).
11 Cosรฌ parlรฒ e poi soggiunse loro: โIl nostro amico Lazzaro sโรจ addormentato; ma io vado a svegliarloโ.
Dopo la riflessione sul viaggio a Gerusalemme, la cittร santa nella quale sta per compiersi il destino umano di Gesรน, strettamente intrecciato col futuro di salvezza dโogni uomo, il dialogo tra Gesรน ed i suoi discepoli ritorna nuovamente alla situazione concreta, contingente. La realtร materiale trova il suo senso compiuto se rimane collegata alle esigenze superiori dello spirito e, viceversa, il mondo spirituale puรฒ affermare la sua supremazia su quello materiale nel momento in cui viene riconosciuto come compimento di questโultimo. Gesรน afferma candidamente che lโamico Lazzaro si รจ addormentato, alludendo perรฒ alla sua morte, di cui rileva il carattere provvisorio e relativo annunciando semplicemente che intende andare a svegliarlo. Di fronte alla morte eterna dello spirito, la dissoluzione fisica del corpo รจ paragonabile alla dolcezza dellโaddormentamento quieto e sereno di chi ha faticato durante la giornata e si merita il giusto riposo ristoratore. Gesรน suggerisce un diverso modo di rapportarsi con la tragica realtร della morte, intendendola come il passaggio alla vita vera e definitiva in Dio, ma i discepoli fraintendono il significato delle parole del Maestro, denotando la loro scarsa propensione al ragionamento speculativo e la sostanziale incapacitร , tipica di coloro che sono abituati a misurarsi con la concretezza della realtร quotidiana, di cogliere il senso trascendente della vita.
12 Gli dissero allora i discepoli: โSignore, se sโรจ addormentato, guarirร โ. 13 Gesรน parlava della morte di lui, essi invece pensarono che si riferisse al riposo del sonno.
Il ragionamento dei discepoli non fa una grinza, almeno dal loro punto di vista e, soprattutto, dimostra una certa elasticitร mentale da parte loro, perchรฉ hanno ovviamente intuito che Lazzaro non รจ semplicemente โaddormentatoโ ma soltanto โammalatoโ, anche se in modo non grave, giacchรฉ ne danno per scontata la guarigione. Saldamente ancorati al comune buon senso, i discepoli fanno fatica a tenere il passo di Gesรน, che li sollecita con pazienza amorevole ad interpretare correttamente il significato delle sue parole.
Lโesplicita dichiarazione del Maestro, โIo vado a svegliarloโ (11,11), avrebbe dovuto far scattare nella loro mente il ricordo di altri miracoli di resurrezione compiuti da Gesรน ed interpretati da Lui stesso come โrisvegliโ dal sonno della morte (cf. Mc5,35-42 pp), ma i discepoli dimostrano di avere i riflessi piuttosto lenti e tardano a comprendere le intenzioni del loro rabbรฌ.
14 Allora Gesรน disse loro apertamente: โLazzaro รจ morto 15 e io sono contento per voi di non essere stato lร , perchรฉ voi crediate. Orsรน, andiamo da lui!โ.
A questo punto, a Gesรน non rimane altro da fare che dichiarare esplicitamente come stanno le cose e sgombrare il campo da ogni possibile equivoco. Lazzaro รจ morto e, cosa veramente stupefacente, Egli non ha fatto nulla per guarirlo dalla malattia mortale perseguendo un fine ben preciso: suscitare la fede dei discepoli nel Figlio di Dio e, per questo motivo, รจ lieto di non essersi trovato a Betร nia a tempo opportuno e di poter mostrare, con certezza, lโorigine divina della sua missione tra gli uomini (cf. 16,30). Egli sa giร in anticipo ciรฒ che sta per fare, ma i discepoli ancora non se ne rendono conto; richiamando in vita Lazzaro, Gesรน prepara i suoi discepoli ad affrontare lo scandalo dellโimminente passione e morte di croce, consapevole che lโorrore del patibolo subito dal loro Maestro li farร fuggire tutti, rendendo uno di loro un traditore ed un altro un rinnegato. Il rafforzamento della fede dei discepoli รจ una cura costante di Gesรน, che piรน volte anticipa loro la propria sorte affinchรฉ non cessino di credere quando tutto sarร compiuto (cf. 13,19; 14,29; 16,4). La fede, che sta tanto a cuore a Gesรน, non riguarda i suoi poteri taumaturgici, che raggiungono il culmine dellโincredibile con la resurrezione di un morto, sepolto ormai da ben quattro giorni, bensรฌ la sua identificazione con lโUnto del Signore, col Figlio di Dio. Attraverso la resurrezione di Lazzaro, i discepoli sono sollecitati a riconoscere in Gesรน colui che vince la morte e che dร la vita al mondo, specie quando Egli stesso sarร , come Lazzaro, chiuso nel sepolcro da โtre giorniโ (cf. Lc 24,21).
16 Allora Tommaso, chiamato Dรฌdimo, disse ai condiscepoli: โAndiamo anche noi a morire con lui!โ.
Tommaso, detto โil gemelloโ (ovvero dรฌdimo) รจ lโesemplificazione del discepolo scettico e prudente anche di fronte allโevidenza, se non addirittura tardo di comprendonio, tanto che la sua incredulitร davanti alla testimonianza resa dai confratelli, che dichiarano di aver visto Gesรน risorto e la sua stessa professione di fede nella divinitร del Risorto (โSignore mio e Dio mio!) sono considerate un valido motivo per credere nella resurrezione e nella divinitร di Gesรน per gli uomini dโogni tempo (cf. Gv 20,24-29). Nonostante la lentezza nel professare la propria fede in Gesรน, Tommaso si riscatta per la fedeltร al Maestro anche a costo della propria vita, esempio di una fede semplice che sa mantenersi ed affermarsi anche nei momenti piรน oscuri della vita. La fede non รจ sempre facile e neppure scontata, specie quando gli eventi del vivere quotidiano spingono i credenti ad interrogarsi sui contenuti e sui โvantaggiโ o โrischiโ della propria fede. Non sempre lโuomo vuole o sa rischiare le proprie certezze scommettendo su un Dio che vede e sente nelle profonditร della propria coscienza.
17 Venne dunque Gesรน e trovรฒ Lazzaro che era giร da quattro giorni nel sepolcro.
Piรน che descrivere, queste poche e semplici parole lasciano capire il clima emotivamente drammatico vissuto dalla famiglia del defunto, il cui decesso doveva essere avvenuto poco dopo la partenza del messaggero inviato a Gesรน dalle sorelle di Lazzaro. La sottolineatura che costui si trovasse nel sepolcro โgiร da quattro giorniโ non avrebbe lโovvio intento di indicare il periodo trascorso dallโevento luttuoso, bensรฌ di escludere qualsiasi dubbio sulla realtร del decesso. Secondo la concezione giudaica, lโanima del morto ritornava nella tomba per tre giorni, per poi entrare definitivamente nello sheรฒl, il regno dei morti, vagandovi come unโombra per lโeternitร mentre il corpo andava incontro alla definitiva ed inarrestabile corruzione e decomposizione. La fede nella resurrezione dei morti era di poco anteriore alla venuta di Cristo e non era condivisa da tutti i giudei; creduta dai farisei, ma respinta dai sadducei, la resurrezione era stata โvistaโ dal profeta Ezechiele durante una visione profetica (Ez 37,1-14) e successivamente affermata e data per certa dallโautore del secondo libro dei Maccabei (cf. 2Mac,7,9.14.23.29), non accolto nel canone ebraico per essere stato scritto in lingua greca, quindi non ritenuto ispirato da Dio.
Resuscitando lโamico Lazzaro, la cui anima giร vagava definitivamente nello sheรฒl, Gesรน conferma la realtร escatologica della resurrezione dei morti, che, in definitiva, viene prospettata come lโaffermazione della gloria di Dio sullโorrore della corruzione. Creato ad immagine e somiglianza di Dio (Gen 1,26-27), lโuomo non puรฒ essere destinato alla definitiva distruzione del suo essere; attraverso la resurrezione di Cristo ogni uomo ha la certezza che anche il suo corpo verrร recuperato alla gloria della visione eterna del suo Creatore, attraverso la resurrezione finale.
18 Betร nia distava da Gerusalemme meno di due miglia 19 e molti giudei erano venuti da Marta e Maria per consolarle per il loro fratello.
Allโevangelista interessa far notare come tra i testimoni della resurrezione di Lazzaro vi erano molti giudei, considerati come gli avversari di Gesรน e, quindi, attendibili nel rendere testimonianza dellโaccaduto. La distanza tra Gerusalemme ed il villaggio di Betร nia, circa 3 km, consentiva ai piรน di recarsi a piedi dalla famiglia di Lazzaro per porgere le loro condoglianze alle sorelle del defunto. Il fatto che in โmoltiโ si fossero recati a Betร nia per assolvere il dovere della partecipazione al lutto per la morte di Lazzaro, fa supporre che questo personaggio fosse piuttosto noto nella vicina Gerusalemme. Il consolare gli afflitti era, presso i giudei, una delle opere di misericordia piรน apprezzate che nessun devoto giudeo trascurava di compiere, non solo prima della sepoltura del defunto ma anche nei sette giorni successivi alla tumulazione, per far sentire ai familiari afflitti per la perdita del loro congiunto la solidarietร del clan familiare e degli amici di famiglia. Questa condoglianza non deve essere scambiata con la lamentazione ad alta voce fatta sul defunto subito dopo la morte (cf. Mc 5,38s e pp), usanza comune anche ad altre culture (le prรฉfiche erano donne pagate per fare le lamentazioni nelle case dei defunti anche presso il mondo greco e romano).
20 Marta, dunque, come seppe che veniva Gesรน, gli andรฒ incontro; Maria invece stava seduta in casa. 21 Marta disse a Gesรน: โSignore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!
Le due sorelle di Lazzaro sono molto differenti tra loro. Mentre Maria รจ il prototipo della persona contemplativa (cf. Lc 10,38-42), quieta e riflessiva, capace di stare al suo posto e di porsi in ascolto, Marta รจ esemplare nel sapersi mettere a servizio degli altri con dedizione ed efficienza, senza perdersi in ciance inutili. Lโattivismo di Marta รจ ben organizzato, finalizzato al benessere dellโospite ed รจ privo dโinvadenza. Quando Gesรน si recava presso la famiglia degli amici di Betร nia, si trovava a proprio agio e riusciva a recuperare le energie fisiche e psicologiche immergendosi in un clima familiare che, con tutta probabilitร , aveva molti punti in comune con la sua stessa famiglia: amore, rispetto, operositร , silenzio, raccoglimento, capacitร di ascoltare.
Conformemente al proprio carattere, volitivo ed intraprendente, Marta si reca per prima incontro al Maestro, mentre Maria rimane in casa, โsedutaโ, in atteggiamento di umile ascolto delle parole che Gesรน le dirร a breve, pronta a farle proprie come una โvera discepolaโ del rabbรฌ tanto amato. Le prime parole rivolte da Marta a Gesรน suonano quasi come un sommesso rimprovero per unโattesa andata delusa: โse ti fossi affrettato a venire quiโฆ non avresti lasciato morire il tuo amicoโฆโ. In realtร , Marta fa una semplice constatazione di merito; ella sa benissimo che Gesรน รจ dotato di poteri sovrumani e lo conosce come uomo generoso e buono, capace di compiere miracoli incredibili perchรฉ รจ un vero uomo di Dio, un profeta. Senza dubbio, Gesรน non avrebbe permesso alla malattia di portarsi via un amico ospitale e sempre disponibile come Lazzaro e lo avrebbe certamente guarito. In questa dolorosa circostanza, le parole di Marta esprimono, quindi, una fede semplice e sincera ed unโamorevole fiducia nei confronti dellโamico Gesรน, che mai e poi mai avrebbe permesso che dolore ed angoscia entrassero in quella casa!
22 Ma anche ora so che qualunque cosa chiederai a Dio, egli te la concederร โ.
Queste parole non fanno che confermare lโincrollabile fede di Marta in Gesรน, al quale attribuisce il grande potere di intercedere presso Dio a favore degli uomini piรน sfortunati e deboli (cf. 9,31). Lโevangelista sta preparando, come un abile regista, lโadatto clima di fede nel quale deve avvenire il prodigio inaudito della resurrezione di Lazzaro. Dalle parole di Marta sembrerebbe che, da parte sua, ci sia lโattesa di un miracolo di resurrezione, anche se il fratello รจ ormai in decomposizione, ma probabilmente la donna intende solo affermare la propria fiducia in Gesรน e nel suo rapporto privilegiato con Dio e non intende โforzargliโ la mano pretendendo lโimpossibile. I fatti dimostreranno che Marta si sbaglia, perchรฉ in Gesรน opera Colui che puรฒ tutto ed al quale โnulla รจ impossibileโ (Lc 1,37; Gen 18,14; Ger 32,27). Marta รจ una donna pronta alla fede (โanche ora soโฆโ) e, in forma volutamente generica ed indeterminata (โqualunque cosa chiederaiโฆโ), accenna ad una speranza ed esprime una preghiera che lascia aperte tutte le possibilitร (โDioโฆ te la concederร โ).
Come nella muta preghiera di Maria, che alle nozze di Cana aveva chiesto al figlio Gesรน di intervenire in aiuto di chi si trovava in uno stato di necessitร (2,3), lโevangelista fa intravedere lโidea di un miracolo senza farla esplicitamente esprimere dalla stessa Marta, che con molta delicatezza lascia a Gesรน la libertร di decidere cosa sia meglio per lei e per la sua famiglia provata dal dolore.
23 Gesรน le disse: โTuo fratello risusciterร โ. 24 Gli rispose Marta: โSo che risusciterร nellโultimo giornoโ.
La risposta di Gesรน รจ volutamente ambigua (cf. 11,11) poichรฉ parla della resurrezione sia in senso generico, facendo riferimento alla fede giudaica nella resurrezione finale, escatologica, sia in senso specifico, alludendo alla propria volontร di resuscitare subito Lazzaro, senza aspettare la fine dei tempi. Marta si attiene alla prima interpretazione, condividendo la fede, assai diffusa tra il popolo ebraico, nella resurrezione escatologica che, al tempo di Gesรน, era sostenuta dai farisei ed avversata dai sadducei (cf. Mc 12,18-27 pp). La professione di fede giudaica, resa da Marta, richiama con forza lโattenzione sullโultimo giorno, la fine dei tempi. Il ricordo di questo giorno, che solo Giovanni definisce โultimoโ (cf. 6,39.40.44.54; 12,48), consente allโevangelista di contrapporre lโattesa futura giudaica allโattualitร della salvezza, che per i cristiani si รจ compiuta ed รจ divenuta certezza in Gesรน Cristo, il Salvatore ultimo e definitivo dellโumanitร , il Signore dei cieli e della terra. [Per molti esegeti, Giovanni ha inteso smantellare polemicamente, a favore dellโattualitร della salvezza (praesentia salutis), tutta lโescatologia drammatica e futura sostenuta prima di lui da altri pensatori cristiani dei primi tempi della Chiesa].
25 Gesรน le disse: โIo sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrร ; 26 chiunque vive e crede in me, non morrร in eterno. Credi tu questo?โ.
Lโespressione Io sono (la resurrezione e la vita) ha un tono particolarmente possente e solenne. Se si parla di resurrezione, Marta non deve guardare ad un futuro lontano e dai vaghi contorni, perchรฉ la resurrezione รจ vicina a lei ed รจ presente in carne ed ossa nella persona misteriosa, ma reale e concreta, di Gesรน di Nazareth, che incarna per i credenti lโora della resurrezione attuale ed escatologica insieme. Gesรน attesta di essere colui al quale รจ stata attribuita la potenza, riservata a Dio solo, di vivificare (cf. 5,21), cioรจ di dare la vita (e far tornare in vita) e tale potenza รจ intimamente sua (cf. 5,26), come ha giร ampiamente dimostrato mediante i grandi segni compiuti sugli infermi (cf. 4,50-53). La vita e la morte ruotano attorno alla fede nel Figlio di Dio, nella cui persona รจ racchiuso il giudizio finale, presente giร nellโoggi storico: chi crede ha la vita eterna, che non puรฒ essere distrutta dalla morte fisica, mentre chi consapevolmente non crede o rifiuta di credere si consegna alla morte definitiva. Marta deve essere convinta che Gesรน lโaiuterร allโistante e le mostrerร la gloria di Dio (cf. 11,40) e, al tempo stesso, รจ invitata da Gesรน ad essere un esempio di fede per tutti i credenti: credi tu questo? Dalla risposta di Marta dipende non solo la propria vita eterna, ma anche quella di tanti altri credenti futuri e Marta indica la via, sullโesempio di Maria, la madre di Gesรน.
La vita fisica, ritornata in una salma in putrefazione, non รจ che un pallido riflesso della vera vita che Gesรน risveglia nel credente ed il potente grido con cui Gesรน fa uscire Lazzaro dal sepolcro (11,43) non รจ che una debole eco di quel grido con cui Egli, lโInviato di Dio, chiama tutti gli uomini, che credono in Lui, alla vita di Dio (cf. 5,24s). Rivolgendosi a Marta per avere da lei una proclamazione di fede (โcredi tu questo?โ), Gesรน interpella indirettamente ogni singolo uomo e sollecita una risposta decisa, affermativa o negativa, non giร tentennante ed indecisa (cf. Mt 5,37; 2Cor 1,17-19; Gc 5,12) e su tale risposta si gioca il destino di ciascuno di fronte a Dio, giusto giudice, lโunico che puรฒ leggere nel profondo del cuore dโogni essere umano e comprenderne le scelte di fede e di vita.
Io sono la resurrezione e la vita. Tale abbinamento รจ fondamentale per comprendere il vero significato dellโaffermazione successiva, costruita con un distico di grande efficacia espressiva:
- โchi crede in me, anche se muore vivrร
- โchiunque vive e crede in me, non morrร in eternoโ.
In questo parallelismo sinonimico, artificio letterario che consente di ribadire un concetto esprimendolo con affermazioni equivalenti, la fede occupa la prima parte di ciascun emistรฌco e costituisce la necessaria premessa alla vita, che nel secondo emistรฌco viene proposta nella sua forma assoluta, come negazione della morte definitiva (non morrร in eterno). Ogni volta, lโesistenza terrena costituisce il punto di partenza per giungere alla vera vita. Infatti, nel primo emistรฌco, la vita dellโuomo viene proposta come realtร relativa e finita (anche se muore), riscattata perรฒ da una scelta di fede (chi crede in me) e da una promessa certa e sicura (vivrร ). Nel secondo emistรฌco, il vivere quotidiano di ogni essere umano รจ strettamente collegato al mondo superiore dello spirito, di cui la fede rappresenta il mezzo piรน efficace (chiunque vive e crede in me) per superare lโopprimente limite della vita terrena (non morrร ), che acquista un senso compiuto solo se proiettata nellโeternitร (in eterno). La fede costituisce, quindi, lโinevitabile punto dโincontro tra la vita terrena e quella eterna dello spirito ed รจ posta dallโevangelista in forte rilievo come esigenza incondizionata. Nelle parole di Gesรน si coglie la contrapposizione tra la vita terrena, naturale e quella dello spirito e si intuisce come la fede sia considerata indispensabile per superare la frontiera della morte corporale. Grazie a Gesรน, la vita terrena acquista una nuova dimensione perchรฉ chi crede in Lui, datore di vita e di salvezza, riceve la garanzia dellโimmortalitร .
Credi tu questo? Gesรน non si limita a chiedere a Marta se ha fede nella sua persona, ma le chiede se crede a ciรฒ che le sta dicendo. Le parole hanno lโeffetto di creare un legame fra chi parla e chi ascolta, ma la parola di Gesรน, che รจ lโeterna Parola di Dio incarnata, crea un vincolo di comunione e di amore indissolubile con il credente che lโascolta e lโaccoglie nella profonditร della propria anima. Non basta aderire agli enunciati della dottrina cristiana per dirsi ed essere veramente cristiani, ma occorre fare entrare nella propria vita (che รจ intelligenza, volontร , sentimento, relazione, azione) ogni parola pronunciata da Gesรน, facendo propria lโaffermazione di Pietro: โSignore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eternaโ (6,68). Attraverso Gesรน e grazie alla sua parola viene concesso ad ogni credente il dono della vita.
27 Gli rispose: โSรฌ, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che deve venire nel mondoโ.
Marta pronuncia una professione di fede in piena regola, anche se, forse, non comprende totalmente la portata di ciรฒ che va affermando. La sua risposta affermativa ed assai impegnativa alla domanda di Gesรน non vuol dire che essa abbia afferrato completamente il significato delle sue parole, ma il โsรฌโ con cui accoglie le parole di Gesรน, riconoscendolo come lโunto di Dio, predetto dai profeti e destinato a portare la salvezza ad Israele, le apre il cuore e la mente al mistero, come pocโanzi aveva fatto Pietro dopo il discorso di rivelazione sul pane di vita, pronunciato da Gesรน nella sinagoga di Cafร rnao e parso ai piรน assai duro e difficile da comprendere (6,60.63.68). Lโatteggiamento di Marta รจ esemplare, rispecchiando una fede sicura, capace di resistere anche contro ogni evidenza contraria ed รจ questa disponibilitร a credere che lโevangelista vuole suggerire ai membri della sua comunitร . Il giusto atteggiamento dโogni vero credente prevede di non pretendere, a qualsiasi costo, di penetrare il mistero di Dio con il lume della ragione, ma di affidarsi a Gesรน, grazie al quale lโaiuto di Dio non potrร mai venire meno. La professione di fede di Marta, cosรฌ come quella pronunciata da Pietro (6,68-69), รจ una fede nel Messia in pieno senso cristiano e riprende, sostanzialmente, le stesse parole usate dallโevangelista nella conclusione originale del suo Vangelo (20,31) per esprimere la propria fede, supportata dalla testimonianza diretta, nel Figlio di Dio incarnato, morto e risorto per la salvezza degli uomini: โโฆ perchรฉ crediate che Gesรน รจ il Cristo, il Figlio di Dio eโฆ credendo, abbiate la vita nel suo nomeโ.
Riconoscendo in Gesรน โil Messiaโ, Marta sostiene implicitamente che lโattesa giudaica per il Liberatore dโIsraele si รจ compiuta nel rabbรฌ di Galilea, che lโonora della sua amicizia, ma definendolo anche โFiglio di Dioโ ella si spinge piรน in lร dei suoi connazionali nella comprensione del messianismo voluto da Dio e rivelato attraverso le parole della Sacra Scrittura. La messianicitร di Gesรน, infatti, non si limita al mero aspetto politico e non interessa il solo popolo ebraico, ma ha un significato squisitamente spirituale ed una dimensione universale giร intuiti dai profeti, ma male interpretati dagli stessi rabbini, studiosi ed interpreti autorevoli della Parola di Dio.
Le varie professioni di fede di Natanaele (1,49), di Pietro (6,69) e di Marta (11,27) sono state formulate direttamente per la comunitร cristiana di Giovanni e trasposte dai tempi di Gesรน a quelli dellโevangelista, nรฉ vale la pena di chiedersi se simili dichiarazioni, espresse a favore di Gesรน, siano storicamente possibili. ร certo, perรฒ, che la fede dei cristiani della fine del I secolo d.C. era profondamente collegata alla figura storica di Gesรน di Nazareth e garantita dallโesperienza diretta del Risorto da parte degli apostoli e di pochi altri discepoli. Cosรฌ, non cโรจ da sorprendersi se Marta pronuncia parole che sono attribuibili, quasi certamente, allโevangelista Giovanni: โโฆ che deve venire nel mondoโ. Tale locuzione ha la funzione di caratterizzare la figura di Gesรน, che รจ al tempo stesso il Messia ed il Figlio di Dio, il portatore della salvezza inviato da Dio stesso e poco importa che Giovanni lโabbia messa sulla bocca di Marta rispettando o no il dato storico puro e semplice. Giovanni รจ stato uno dei testimoni della resurrezione e Marta ne ha condiviso la testimonianza; tanto basta allโevangelista per esprimere la propria fede mediante le parole della donna.
28 Dopo queste parole se ne andรฒ a chiamare di nascosto Maria, sua sorella, dicendo: โIl Maestro รจ qui e richiamaโ.
Giovanni interrompe bruscamente il dialogo tra Gesรน e Marta, della quale non riporta frasi superflue circa il suo commiato da Gesรน od un eventuale incarico da Lui ricevuto di avvisare Maria del suo arrivo a Betร nia. Sembra quasi che lโevangelista voglia trasmetterci i tratti essenziali del carattere di Marta lasciandoceli intuire piรน che parlandone direttamente. Questa donna รจ di poche ed essenziali parole, ma dinamica e senza fronzoli e sa precedere nei fatti le intenzioni dei suoi interlocutori. Marta chiama la sorella di nascosto, sia per evitare ogni scalpore circa lโarrivo di Gesรน e sia per allontanare Maria dallโingombrante presenza dei giudei venuti per le condoglianze di circostanza. Pare di arguire che alle due sorelle fosse di conforto la sola presenza di Gesรน e non di tutta quella gente, lรฌ convenuta per semplice convenienza sociale. I giudei erano molto rispettosi e fedeli osservanti delle buone regole riguardanti tanto lโaspetto cultuale quanto quello puramente sociale della loro vita quotidiana, al punto da essere persino petulanti.
Il Maestro ti chiama. Piรน che a Maria, questo avvertimento sembra rivolto ai lettori, invitati a comportarsi come Maria, la cui fede in Gesรน si traduce in una grande capacitร di mettersi in ascolto delle sue parole, che sono โparole di vita eternaโ (6,68). A coloro che credono in Lui, Gesรน parla in modo diverso rispetto a quello che gli รจ consentito fare con i lontani e gli increduli, per i quali il contenuto del messaggio cristiano รจ un inciampo (scandalo) alle loro scelte di vita.
29 Quella, udito ciรฒ, si alzรฒ in fretta e andรฒ da lui.
La contemplativa Maria non รจ da meno dellโenergica e volitiva sorella Marta. La sola notizia dellโarrivo di Gesรน la fa scattare in piedi e correre dal Maestro, dal quale non si aspetta solo parole di conforto e dโincoraggiamento, come richiederebbero le circostanze, bensรฌ parole capaci di scaldarle il cuore e di aprirle la mente alle profonditร dellโAmore di Dio, che sa consolare gli afflitti e sostenere i disperati dโogni genere (cf. Sal 107). La fretta, che anima la riflessiva e quieta Maria, riflette lโurgenza della chiamata di Dio, che รจ presente โoraโ nel nostro bisogno e che sollecita โsubitoโ la nostra adesione al suo progetto dโamore e di salvezza, non tollerando tentennamenti nรฉ ripensamenti (cf. Ap 3,16) di sorta. Incapace di vedere oltre il tempo finito e contingente della propria esistenza, spesso incerto e dubbioso della reale esistenza dellโeternitร , lโuomo fa fatica a sintonizzarsi sul tempo di Dio, per il quale il tempo umano รจ assai ristretto (Sal 39,6-7; 62,10; 90,9-10; 94,11). Lโinfinita pazienza e misericordia di Dio si ferma di fronte alla libera volontร dellโuomo, che con pervicacia si oppone allโurgenza della salvezza.
30 Gesรน non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora lร dove Marta gli era andato incontro. 31 Allora i giudei che erano in casa con lei a consolarla, quando videro Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono pensando: โVa al sepolcro per piangere lร โ.
Sapendo che, secondo lโusanza, la casa di Marta e Maria potrebbe essere piena di gente convenuta per le condoglianze rituali, Gesรน evita di andarvi ed attende Maria per parlare a cuore a cuore e lontano da orecchi indiscreti. Il linguaggio, che Gesรน suole usare con chi crede in Lui, รจ sempre diverso da quello utilizzato con la folla ostile ed incredula: a questa parla in parabole e per allusioni, agli altri parla in modo esplicito anche se non sempre viene compreso. Gesรน sa che, a tempo opportuno, lo Spirito farร ricordare e comprendere a quanti credono in Lui le parole che ha loro detto.
Le mosse di Maria non sfuggono agli attenti giudei, che non sospettando la presenza di Gesรน nei dintorni, la seguono presumendo che stia recandosi al sepolcro per piangere il fratello defunto. Il loro arrivo impedisce il colloquio privato ed intimo fra Maria e Gesรน. La presenza dei giudei, in ogni caso, crea la giusta atmosfera di lutto e di lamenti che rende comprensibile il โfremitoโ di Gesรน (11,33). I giudei, accorsi per confortare Maria, hanno la sorpresa di vedere Gesรน e giร sono pronti a muovergli delle critiche gratuite (11,37) ma, loro malgrado, dovranno essere i testimoni di un prodigio inaudito, a motivo del quale i capi religiosi della nazione giudaica decreteranno la morte di Gesรน (11,50).
32 Maria, dunque, quando giunse dovโera Gesรน, vistolo si gettรฒ ai suoi piedi dicendo:
โSignore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!โ.
Maria ripete alla lettera le parole di sua sorella Marta ed anche in questo caso non bisogna scorgervi alcuna traccia di rimprovero. Il gesto di cadere ai piedi di Gesรน potrebbe molto semplicemente esprimere il gran dolore di Maria, ma anche indicare la sua adorazione del Maestro, ritenuto con buona ragione capace di evitare la morte del fratello, qualora Egli fosse stato presente durante la malattia di Lazzaro. La fiducia di Maria e di Marta nelle proprietร taumaturgiche dellโamico รจ grande, ma le due donne non hanno ancora compreso a fondo la vera natura di Gesรน, anche se nel profondo della loro anima hanno giร intuito che non รจ un uomo come gli altri. Facendo risorgere Lazzaro, Gesรน prepara le due donne ed i suoi discepoli ad assorbire il terribile impatto dello scandalo della sua morte sulla croce.
33 Gesรน allora quando la vide piangere e piangere anche i giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente, si turbรฒ e disse: 34 โDove lโavete posto?โ. Gli dissero: โSignore, vieni a vedere!โ.
Il breve incontro con Maria ha, da un punto di vista letterario, un valore poco rilevante in sรฉ, ma serve come scena intermedia per introdurre il pathos della seconda fase della narrazione, centrata su due gruppi di personaggi: Gesรน e Lazzaro da una parte, i giudei dallโaltra. La partecipazione di Lazzaro allo svolgimento degli avvenimenti รจ del tutto passiva, ma la sua resurrezione dal sepolcro diventa il vero fulcro della crisi tra Gesรน ed i giudei. Nonostante lโevidenza dei fatti, i giudei assumono un atteggiamento di radicale rifiuto della veritร e Gesรน finisce i suoi giorni terreni su una croce. Il pianto sincero di Maria ed il pianto ipocrita di circostanza dei giudei provocano in Gesรน una reazione emotiva sconcertante. La โprofonda commozioneโ, manifestata da Gesรน al cospetto di quei lamenti ed associata al โturbamentoโ interiore, ha suscitato svariati commenti, non tutti concordi: per Origene50 e Giovanni Crisostomo51 Gesรน ha voluto reprimere un sentimento di dolore che lโaveva assalito come nellโora del Getsรฉmani; per Cirillo Alessandrino,52 invece e per Ammonio53 Gesรน ha represso nella forza dello Spirito Santo un istinto della sua natura umana o carnale; per Teodoro di Eraclea54 e per s. Agostino dโIppona,55 Gesรน ha invece volontariamente suscitato questo moto affettivo, tipicamente umano, per manifestare il suo dolore per la morte dellโamico.
I verbi greci, usati dallโevangelista per esprimere la reazione psicologica di Gesรน, lasciano perplessi: il verbo embrimร sthai (tradotto, in italiano, col verbo โcommuoversiโ) significa propriamente โsbuffareโ ed esprime unโeccitazione irata, non la commozione, il dolore o la partecipazione al dolore altrui. Nel racconto originario, il verbo potrebbe aver significato un investire irosamente coloro che stavano facendo il cordoglio di circostanza (cf. Mc 1,43; 14,5; Mt 9,30), anche se lโevangelista ha fatto unโaggiunta ulteriore per imprimere al verbo il significato di un fremito interiore, usando il sostantivo โnello spiritoโ (in greco, tรฒ pnรจumati) che nella versione italiana รจ stato reso con lโavverbio โprofondamenteโ.
Lo spirito (13,21) o anima (12,27) di Gesรน รจ eccitata e turbata e, per esprimere questo sentimento, lโevangelista usa il verbo greco tarร ssein, che propriamente significa โagitare, rimescolareโ e che, applicato a Gesรน, esprime lo smarrimento di fronte alla morte imminente (12,27) o lo sgomento per il tradimento perpetrato da uno dei Dodici (13,21). Ma qual รจ il motivo di questโirato fremito interiore di Gesรน? Secondo lโevangelista lo adira la fede insufficiente dei presenti, come si puรฒ dedurre dal commento malizioso dei giudei, che rimproverano Gesรน, capace di guarire un cieco nato, di non essere stato in grado di salvare il suo amico, ma, cosรฌ facendo, i giudei denunciano un sostanziale rifiuto a credere
- 50 Origene, fr. 84; GCS IV,549.
- 51 S. Giovanni Crisostomo, PG 59,350.
- 52 Cirillo Alessandrino, PG 74, 53A.
- 53 Ammonio, fr. 379, Reuss p. 291.
- 54 Teodoro di Eraclea, fr. 155, Reuss p. 105.
- 55 S. Agostino, CC 428 s.
anche di fronte allโevidenza. ร meno probabile che allโorigine della reazione irata di Gesรน vi sia lo sdegno contro la potenza della morte, dietro alla quale รจ riconoscibile satana, il distruttore della vita nemico di Dio. Per Giovanni, in definitiva, i veri rappresentanti dellโincredulitร radicale sono proprio i giudei, che si distinguono solo per i loro lamenti e non ritengono possibile che Gesรน possa venire in aiuto allโuomo in una situazione come quellโattuale.
Dove lโavete posto (โseppellitoโ)? Gesรน vuole che tutti i presenti siano testimoni, volenti o nolenti, del prodigio che sta per compiere e si fa accompagnare sul luogo della sepoltura di Lazzaro. Alcuni Padri della Chiesa hanno colto, in questa domanda di Gesรน, una potenziale obiezione alla sua scienza divina e, pertanto, hanno interpretato in questo modo la domanda del Signore: โCome uno che non ama vantarsi egli disse ciรฒ e finse di non sapere, per la bassezza dellโumana natura; egli che pure in quanto Dio sa tutto, [cosรฌ parlรฒ] per portare molti uomini sul luogoโ.56 Giovanni non si fa scrupoli del genere, poichรฉ dal suo vangelo giร emerge lโovvia constatazione che Gesรน sa sempre quello che deve fare e che domina da padrone assoluto qualsiasi situazione, anche la propria morte.
Signore, vieni a vedere. Si tratta di una locuzione tipicamente semitica (cf. 1,39), che esprime la necessitร di attivare tutte le proprie facoltร psicologiche (volontร , decisione, intelligenza) per verificare e comprendere una situazione di fatto. Gesรน viene, in altre parole, invitato dai giudei a controllare di persona la realtร dei fatti e prendere atto anche della propria impotenza di fronte ad un cadavere in avanzata fase di decomposizione: solo Dio potrebbe far tornare in vita il povero Lazzaro! Gesรน li accontenta subito.
35 Gesรน scoppiรฒ in pianto. 36 Dissero allora i giudei: โVedi come lo amava!โ. 37 Ma alcuni di loro dissero: โCostui che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sรฌ che questi non morisse?โ.
Lโevangelista usa due verbi greci differenti per descrivere il pianto di lamento di Maria e dei giudei (klร io) e quello di Gesรน (dakrรนo). Nel primo verbo si puรฒ intuire il desolato sconforto della creatura umana di fronte alla tragica realtร della morte, che come un colpo di spugna spazza via unโintera esistenza destinandola allโoblio ed allโinconsistenza di un aldilร ricco dโincognite; nel secondo verbo si possono coglier diverse sfumature psicologiche, sia nei giudei, convinti che Gesรน pianga la morte di un amico assai caro ed amato, sia in Gesรน, rattristato per le tenebre dellโignoranza e dellโincredulitร che avvolgono lโuomo e per lโoscuritร del destino mortale, da lui stesso condiviso. In altri passi del Nuovo
56 Ammonio fr. 380, Reuss p. 291; cf. anche Cirillo Alessandrino, PG 74,53.
Testamento (Eb 5,7; At 20,19; Ap 7,17; 21,4) le lacrime adombrano il clima dโoppressione e di persecuzione che sempre ed inevitabilmente accompagna la vita del cristiano, il quale deve confrontarsi e scontrarsi con un mondo ostile al progetto salvifico di Dio.
Lโevangelista non passa sotto silenzio lโorrore del sepolcro, ma suggerisce di superarlo mediante la fede (cf. 11, 25.39-40). La grandezza del prodigioso segno, operato da Gesรน, puรฒ essere riconosciuta solo se non si minimizza la durezza e la cruda realtร della morte fisica. Le lacrime di Gesรน, segno di uno smarrimento momentaneo ed umanamente comprensibile, precedono di poco la calma e la quieta sicurezza che Egli trova nella preghiera rivolta al Padre (11,41; cf. anche 12,27s) e, in questo senso, il Gesรน giovanneo รจ indissolubilmente legato al destino degli uomini ed aperto alle loro miserie. In Gesรน, Dio ha provato nel suo cuore e sulla propria pelle ogni sfumatura della complessa psicologia dellโuomo, โeccetto il peccatoโ (Eb 4,15) ed attraverso la croce, subita dal Figlio, ha sopportato il dolore ed ha conosciuto lโorrore della morte fisica. Attraverso il segno della resurrezione di Lazzaro, Dio ha voluto dare consistenza alle speranze dellโuomo di una vita senza fine dopo la morte del corpo.
Vedi come lo amava! I giudei, che spiegano il pianto di Gesรน con lโamore che Egli nutriva per lโamico, si dimostrano superficiali alla stregua della folla che, udita la voce proveniente dal cielo per rendere testimonianza a Gesรน (cf. 12,29), la scambia per un tuono. ร lungi dalla mentalitร dei giudei che Gesรน possa proporsi come colui che puรฒ eliminare lโoscuritร della morte. Essi possono anche nutrire della simpatia per il Maestro venuto dalla Galilea, ma la fede in Lui sembra al di fuori della loro portata. A qualcuno dei presenti torna alla mente il prodigio compiuto da Gesรน sullโuomo nato cieco, ma il ricordo non รจ propriamente positivo, visto il rimprovero che segue: ha guarito un cieco nato, ma non ha impedito la morte di un proprio amico. Si tratta di una critica ingiusta e gratuita, che spiega il gesto di reazione di Gesรน, che freme dโira nel suo intimo di fronte ad una malafede cosรฌ palese e preconcetta. Il richiamo alla guarigione del cieco nato permette allโevangelista di sottoporre ai lettori il collegamento teologico tra questo segno e la resurrezione di Lazzaro. I due grandi miracoli vanno considerati nel loro insieme, perchรฉ rivelano Gesรน come luce e vita degli uomini.
38 Intanto Gesรน, ancora profondamente commosso, si recรฒ al sepolcro; era una grotta e contro vi era posta una pietra.
La rinnovata emozione di Gesรน, che nel suo intimo freme di sdegno per lโincredulitร dei giudei, si riferisce evidentemente al loro malizioso commento: โโฆ non poteva anche far sรฌ che questi non morisse?โ. Nonostante il fremito interiore, Gesรน non si scompone, cosรฌ come non aveva reagito apertamente di fronte ai piagnistei di circostanza dei visitatori (11,33). Senza dire una parola, Gesรน si reca al sepolcro, nel quale รจ sepolto Lazzaro. Lโevangelista ci rivela i particolari del luogo della sepoltura del defunto: si tratta di una grotta, cioรจ una cavitร scavata nella viva roccia, la cui apertura รจ ostruita da una pietra di grosse dimensioni, fatta scorrere grazie ad unโapposita scanalatura opportunamente confezionata nel terreno antistante la grotta. Questo tipo di sepolcro รจ differente da quello in cui sarร deposto piรน tardi il corpo di Gesรน, ad accesso orizzontale e piรน frequentemente usato dalla tradizione giudaica.
39 Disse Gesรน: โTogliete la pietra!โ. Gli rispose Marta, la sorella del morto: โSignore, giร manda cattivo odore, poichรฉ รจ di quattro giorniโ.
Lโordine di Gesรน รจ perentorio e non ammette repliche, anche se Marta si fa interprete della perplessitร dei presenti facendo notare, tra le righe, che ci si dovrร turare il naso. Il lezzo emanato da un cadavere in decomposizione รจ nauseabondo e provoca ribrezzo e voltastomaco, oltre a rendere impura lโaria respirata dagli astanti. Nemmeno le bende intrise dโaromi, usate per avvolgere i cadaveri, hanno il potere di trattenere il cattivo odore che si sprigiona da un corpo in preda alla putrefazione. Lโulteriore sottolineatura di una morte datata quattro giorni contribuisce a rendere piรน clamoroso il prodigio che sta per compiersi, perchรฉ sottintende la definitiva separazione dellโanima dal corpo mortale.
In senso allegorico, la morte del corpo, di cui il fetore รจ il segno piรน repellente, รจ simbolo della morte di unโanima che si รจ allontanata definitivamente da Dio, il quale avverte il cattivo odore della malvagitร , del peccato, dellโorgoglio, della presunzione e della superbia che scaturiscono dal cuore di quanti hanno deciso di consegnarsi nelle mani del principe della morte eterna.
40 Le disse Gesรน: โNon ti ho detto che, se credi, vedrai la gloria di Dio?โ.
Nellโimmediato, la gloria di Dio รจ visibile attraverso la resurrezione del defunto Lazzaro, ma Gesรน orienta lo sguardo del credente verso orizzonti piรน ampi ed affascinanti, perchรฉ nella resurrezione di un morto si puรฒ scorgere il potere di Gesรน di dare la vita vera, che sopravvive alla morte e che dura per lโeternitร . Per questo motivo anche lโespressione โvedrai la gloria di Dioโ รจ volutamente ampia ed indeterminata. Attraverso la malattia e la morte di Lazzaro si svela la gloria di Dio, che traspare attraverso lโazione salvifica del Figlio (cf. 11, 4). Tutti i segni o miracoli compiuti da Gesรน rendono visibile la gloria di Dio e di Gesรน stesso (cf. 2,11), ma solo i credenti riescono a vederla (cf. 1,14).
41 Tolsero dunque la pietra. Gesรน allora alzรฒ gli occhi e disse: โPadre, ti ringrazio che mi hai ascoltato. 42 Io sapevo che sempre mi dai ascolto, ma lโho detto per la gente che mi sta attorno, perchรฉ credano che tu mi hai mandatoโ.
Secondo il modo di sentire giudaico, gli avvenimenti straordinari potevano accadere per intervento diretto di Dio onnipotente, grazie allโintercessione di uomini devoti e pii, mentre la cultura religiosa greco-ellenistica attribuiva agli uomini divini il potere sovrumano di compiere prodigi, senza il concorso necessario di una qualsivoglia divinitร . La preghiera, che Gesรน rivolge al Padre, non รจ dettata da un bisogno umano puro e semplice (cf. 12,27s; 17,1-25) ma scaturisce dalla totale sottomissione del Figlio al Padre (cf. 14,28.31). Poichรฉ il Figlio vive in piena unitร col Padre, del quale conosce e compie la volontร con assoluta fedeltร , la sua preghiera รจ sempre certa di essere esaudita. Lโintima unione di Gesรน col Padre viene espressa dal gesto compiuto da Gesรน, che leva gli occhi al cielo o in alto (17,1); colui che รจ disceso dal cielo rimane costantemente collegato con il cielo, vale a dire col Padre suo (cf. 1,51). Questo modo di rivolgersi a Dio in preghiera, levando gli occhi verso lโalto, non era del tutto estraneo al mondo religioso ebraico, che intendeva esprimere cosรฌ un sentimento di fiduciosa implorazione (cf. Sal 123,1; Lam 3,41), ma se per i Sinottici lo sguardo di Gesรน verso il cielo aveva in sรฉ qualcosa di speciale (cf. Mc 6,41pp), per Giovanni tale gesto era una peculiare espressione della sua dignitร di Figlio; si comprende pertanto come la preghiera di Gesรน si trasformi necessariamente in ringraziamento.
Gesรน รจ sicuro di essere esaudito dal Padre perchรฉ sa di compiere sempre ciรฒ che il Padre gli chiede di fare (cf. 8,29) in virtรน di quel continuo flusso dโamore, che unisce lโuno allโaltro in modo indissolubile. La relazione personale unica, che intercorre tra Gesรน ed il Padre, รจ racchiusa in questo circolo virtuoso: uno chiede e lโaltro esaudisce, in modo assolutamente reciproco. Anche coloro che credono in Gesรน possono accedere alla dinamica virtuosa del dono reciproco con Dio, poichรฉ รจ stato loro assicurato il pieno esaudimento delle richieste fatte al Padre nel nome di Gesรน (14,13; 15,7.16; 16,23s).
Gesรน non formula per sรฉ la preghiera rivolta al Padre, ma per la gente che gli sta attorno, affinchรฉ comprenda il miracolo come testimonianza del Padre per la missione del Figlio. I presenti devono essere indotti a credere, cosรฌ come devono essere esortati alla fede i lettori del testo evangelico.
Nella propria coscienza umana Gesรน ha elaborato la consapevolezza che, per salvarsi, gli uomini devono credere con convinzione nella sua missione di salvezza, progettata e decisa dal Padre in totale conformitร col volere del Figlio.
43 E detto questo, gridรฒ a gran voce: โLazzaro, vieni fuori!โ. 44 Il morto uscรฌ, con i piedi e le mani avvolti in bende e il volto coperto da un sudario. Gesรน disse loro: โScioglietelo e lasciatelo andareโ.
Il grido di Gesรน esprime la potenza della voce di Dio o del suo angelo, che nel giorno del giudizio finale risveglia nelle loro tombe tutti i morti della terra, riportandoli alla vita (cf. 1Tess 4,16) e chiamando ciascuno per nome. In quellโordine imperioso, rivolto al defunto
Lazzaro, si rendono manifeste la maestร ed il potere soprannaturale del Figlio di Dio, origine e vertice di tutta la creazione, โlโAlfa e lโOmega, il Primo e lโUltimo, il principio e la fineโ (Ap 22,13) dโogni cosa che si trova โnei cieli, sulla terra e sotto terraโ (Fil 2,10). Colui, grazie al quale โtutto รจ stato fatto e senza il quale niente รจ stato fatto di tutto ciรฒ che esisteโ (1,3), ha il dominio completo sulla natura e tutto รจ stato messo in suo potere, compresa la morte (cf 1Cor 15,25-26), che รจ la negazione assoluta della vita sia del corpo sia dello spirito. Il tono del racconto, narrato dallโevangelista, รจ chiaramente di stampo apocalittico, poichรฉ in esso viene adombrata la resurrezione finale di tutto il genere umano, ma dal punto di vista prettamente stilistico lโavvenimento miracoloso รจ descritto in modo molto realistico, anche se sโintuisce una situazione ambientale surreale. Il defunto esce dalla tomba da solo, con mani e piedi avvolti nelle bende e col volto coperto dal sudario. Si possono immaginare le reazioni emotive dei presenti alla vista di quello spettacolo sconvolgente: paura, stupore, inquietudine, sbalordimento, gioia, angoscia, ammirazione, incredulitร . Qualcuno รจ convinto veramente di trovarsi di fronte ad un prodigio inaudito, qualcun altro insinua maliziosamente che รจ tutto un trucco e che รจ stata montata una grossolana messinscena. Molti degli astanti credono (11,45), mentre altri restano convinti di aver assistito ad una truffa e si precipitano a riferire la cosa ai loro capi (11,46). Gesรน non si cura delle reazioni della gente, ma ordina semplicemente di liberare Lazzaro dalle bende che lo tengono legato e di lasciarlo andare. Il ritorno alla vita di tutti i giorni รจ la prova migliore dellโavvenuto miracolo.
Lโepisodio della resurrezione di Lazzaro suscita alcune riflessioni sul concetto di โvitaโ elaborato e proposto dal quarto evangelista:
- Gesรน Cristo รจ di volta in volta definito pane di vita (6,35.48), luce della vita (8,12) e vita in senso assoluto (11,25; 14,6) perchรฉ รจ stato inviato dal Padre per dare la vita al mondo (6,33); Gesรน รจ il principio stesso della vita, vale a dire il suo punto di partenza.
- Nella propria persona ed attraverso le parole che ha pronunciato od i miracoli che ha compiuto, Gesรน ha incarnato, rivelato e comunicato la vita di Dio, dovuta a quanti accolgono la sua rivelazione e credono in Lui. Per costoro la vita consiste nella liberazione dal dominio della morte (5,24) e nel superamento dei confini angosciosi della morte (8,51; 11,26; 12,25) giร nel tempo dellโesistenza presente, non solo in una prospettiva futura.
- Il dono e la promessa della vita sono la risposta positiva di Dio allโinterrogativo dellโuomo sul senso della propria esistenza e sul contenuto della vera salvezza. La vita รจ โla luce degli uominiโ (1,4), la chiarificazione del senso del loro cammino sulla terra, altrimenti oscuro e tragico (8,12). Il concetto di vita contribuisce ad esprimere meglio il significato della salvezza, che solo con la fede si riesce a comprendere pienamente come nuova e definitiva esistenza in Dio. Di tale esistenza lโuomo รจ assolutamente debitore nei confronti di Dio.
- La vita, che lโuomo riceve attraverso Cristo, non รจ una dotazione materiale nรฉ una forza magica, ma una realtร divina, una piena partecipazione alla vita di Dio, che รจ origine dโogni vita (5,26; 1Gv 1,2). Il possesso della vita da parte del credente, frutto del dono del Padre attraverso il Figlio (1Gv 5,11), opera la comunione col Padre e col Figlio (1Gv 1,3; 2,23s; 5,12).
- Anche i sacramenti hanno la loro importanza nel processo di comunicazione della vita ai credenti, perchรฉ sono segni efficaci che uniscono i credenti a Cristo e, per mezzo suo, al Padre (Gv 3,5; 6,53-57; 1Gv 5,7s). La vita donata a chi (nel battesimo) รจ generato da Dio รจ, per sua natura, permanente (Gv 6,27; 1Gv 2,27; 3,9) e deve condurre ad una relazione viva e cosciente con Cristo e con Dio, ad una permanenza nellโamore (Gv 14,21.23; 15,9). Per rimanere in Cristo ed avere la vita eterna รจ indispensabile lโeucaristia (6,56).
- La vita divina donata al cristiano diventa dovere morale e chiede di essere confermata nellโamore fraterno (1Gv 4,20s).
Giovanni distingue nettamente tra la vita biologica (bรฌos), con relativo aspetto psichico, intellettivo e volitivo (psykhรฉ), che caratterizza la parte terrena e caduca dellโesistenza umana e la vita eterna (zoรจ), verso la quale ogni uomo tende in virtรน di una vocazione comune allโeternitร connessa con lโatto creatore di Dio, che ha fatto lโuomo โa propria immagine e somiglianzaโ (Gen 1,26-27). Secondo la teologia giovannea, la vita proviene da Dio e giunge agli uomini attraverso Gesรน Cristo (cf. 3,16; 5,26; 6,57), ma lโuomo coltiva naturalmente, quasi geneticamente, dentro il proprio essere lโansiosa ricerca della salvezza, identificata con un genere dโesistenza necessariamente diversa da quella sperimentata sulla terra come provvisoria e fugace (cf, 4,13s; 6,27; 7,38; 8,12; 17,3).
Grazie a Gesรน Cristo, lโuomo puรฒ comprendere che la meta della sua esistenza รจ la vita in Dio e che puรฒ giungervi โconoscendoโ il Padre attraverso il Figlio: โQuesta รจ la vita eterna: che conoscano te, lโunico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesรน Cristoโ (17,3). Il mandato di Dio a Gesรน significa vita per gli uomini, ai quali รจ offerta lโeternitร come un dono prezioso da accogliere consapevolmente e con impegno personale.
Il risalto che viene dato al ruolo di Gesรน Cristo nel trasmettere la vita di Dio agli uomini, rende implicitamente evidente la non disponibilitร a buon mercato di questo tipo di vita.
Solo ed abbandonato a se stesso, lโuomo non riesce a liberarsi dei propri limiti creaturali (3,31), dalla schiavitรน dei suoi desideri (8,34-36) e dallโattrazione verso ciรฒ che รจ passeggero (6,26.35); solo la fede in Colui che รจ portatore di vita puรฒ vincere la cecitร spirituale dellโuomo e schiudergli la via per ottenere lโagognata pienezza di vita. Senza la mediazione del Figlio di Dio, lโuomo non รจ in grado di raggiungere, da solo, la vita eterna, che รจ pienezza dโamore e di conoscenza di Dio.
La vita eterna, donata da Cristo a chi crede in Lui e nella sua missione, non รจ solo una promessa per il futuro, ma รจ una realtร che si realizza nel presente dellโesistenza terrena, nella quale ogni credente puรฒ realizzare lโattesa della vita futura mediante rapporti dโamore e di servizio a vantaggio dei suoi simili. La vita, donata allโuomo nella fede, va ben oltre la morte del corpo materiale, che naturalmente provoca timore ed angoscia ma che, grazie alla Rivelazione, denuncia la propria provvisorietร ed inconsistenza di fronte alla promessa nella quale Dio stesso si รจ impegnato resuscitando il proprio Figlio, โprimizia di coloro che sono mortiโ (1Cor 1,20). Per ottenere la vita eterna, cioรจ per vivere eternamente in Dio e con Dio, lโuomo non puรฒ pensare al singolare; chi aspira alla salvezza deve spogliarsi dโogni angusto e meschino individualismo e collocarsi nella prospettiva di una salvezza collettiva, in comunione coi suoi fratelli e compagni di viaggio.
Il passaporto per entrare nella vita eterna, in comunione reciproca con Dio, รจ lโamore a due dimensioni: verso Dio e verso il prossimo (cf. 15,7-10).
Il miracolo della resurrezione di Lazzaro fa precipitare gli eventi. Messi sullโavviso da alcuni giudei, testimoni del prodigio compiuto da Gesรน a Betร nia (11,46), i sommi sacerdoti ed i farisei decidono di riunire il sinedrio (11,47), il tribunale religioso ed amministrativo della nazione giudaica e discutono sul da farsi. ร grande la preoccupazione che i romani possano intervenire con la forza delle armi per reprimere una possibile rivolta popolare capeggiata da Gesรน (11,48), forte delle sue qualitร taumaturgiche, ma il sommo sacerdote Caifa offre la giusta soluzione al caso-Gesรน: meglio la morte di un uomo solo che la rovina di unโintera nazione (11,49-50). La motivazione politica della condanna a morte di Gesรน, pronunciata dal sinedrio per istigazione di Caifa, sโintreccia inesorabilmente col progetto salvifico di Dio, che attraverso la morte del Figlio vuole riscattare lโintera umanitร dal peccato e sottrarla alla perdizione eterna. Nonostante le intenzioni malvagie ed il calcolo politico dei capi della nazione giudaica, il sommo sacerdote Caifa pronuncia unโinvolontaria profezia (11,51): la morte di Gesรน avrร lo scopo di โriunire insieme i figli di Dio che erano dispersiโ (11,52).
Nellโattesa che giunga la sua โoraโ, Gesรน si ritira presso la cittร di Efraim e per un poโ non si fa piรน vedere nei pressi di Gerusalemme (11,54-57), dove tutti sono in attesa di vederlo, gli uni per festeggiarlo e gli altri per fargli la festa (nel senso di ucciderloโฆ).