Commento al Vangelo del 19 novembre 2017 – don Giovanni Berti – Gioba

Commento al Vangelo a cura di don Giovanni Berti 

Il talento dell’Amore

Quando a Michelangelo venne proposto il lavoro di affrescare la volta della cappella dei papi in Vaticano, la Cappella Sistina, era un giovane e affermato artista il cui talento era riconosciuto ovunque in Italia. E quando dopo vent’anni dipinse il Giudizio Finale sulla parete dell’altare della stessa Cappella, era uno dei massimi artisti riconosciuti e punto di riferimento per quelli più giovani emergenti. Il talento artistico di Michelangelo emerge in tutta la sua grandezza ancora oggi nel rappresentare le Storie della Bibbie e nella rappresentazione di Dio creatore e di Cristo Giudice alla fine della storia. Partendo dalla parabola di Gesù letta questa domenica che parla di talenti dati e fatti fruttare, Michelangelo è davvero un ottimo testimonial del Vangelo. Eppure è proprio nella rappresentazione dipinta da Michelangelo di Gesù Giudice del mondo possiamo essere tratti un po’ in inganno. Quella dipinta da Michelangelo è ovviamente una visione molto legata agli insegnamenti del suo tempo, ma è proprio la pagina del Vangelo di oggi che ci spinge a porre attenzione alla corretta immagine di Dio che dobbiamo coltivare, una immagine di Dio dentro di noi e che poi si traduce in azioni.

Gesù “dipinge” Dio come un padrone che è così generoso con i suoi servi da dare loro parte della sua immensa fortuna. Un talento era una unità di misura in oro corrispondente circa a 30-40 chili. Tutti i servi, anche se in misura diversa, ricevono quindi tantissimo, e se facciamo attenzione ai termini usati Gesù non parla di “prestito” e di restituzione, ma di vero e proprio regalo. L’accento del racconto è quindi prima di tutto sulla generosità del padrone e sulla sollecitudine dei servi a mettere a frutto quel che hanno ricevuto, con un senso di gioia e di impegno che alla fine hanno un risultato ancora più grande. Il padrone, dopo aver constatato l’entusiasmo e l’operosità dei servi, dona loro ancora di più, facendoli entrare nella sua gioia, quasi assimilandoli a se stesso come figli. Ma la provocazione più forte viene dall’ultimo servo. Lui sotterra la sua fortuna, quella che ha ricevuto in dono. Ha paura di non poter restituire al padrone, che però nel consegnare i talenti non ha parlato di restituzione. Vede il suo padrone come un giudice pronto a condannarlo se non sa guadagnare e restituire. Ha una visione così distorta del padrone da chiudersi anche la possibilità di vivere quel che ha ricevuto. Alla fine si trova escluso dalla gioia del padrone e dal vivere come figlio, al contrario dei primi due.

Ecco dunque il talento sprecato e sotterrato dalla paura di non farcela e prima ancora dalla visione distorta verso chi glielo ha dato. Diventa un servo inutile e pigro che spreca non solo il talento ma la sua stessa vita e non diventa mai come un figlio per il padrone.

Gesù ancora una volta in questa parabola vuole provocare la nostra fede a rivedere la nostra visione di Dio Padre e anche di lui stesso. Dio è quel padrone che dona agli uomini tutta la possibilità di essere felici, di amare e vivere la vita in modo pieno. Dio ha donato agli uomini il suo più prezioso talento, che è Gesù, il suo Vangelo, la sua testimonianza. Dio Padre dona il suo Spirito Santo d’amore, che in noi diventa la nostra stessa vita fisica e spirituale e la nostra capacità di amare. Amare e vivere, vivere amando, amare con la vita, questi sono i nostri talenti che non possiamo sotterrare per la paura di non farcela e pensando a Dio come Giudice implacabile e controllore.

“Non amiamo con le parole ma con i fatti” è lo slogan della prima giornata mondiale dei poveri che papa Francesco ha voluto istituire come conseguenza del Giubileo della Misericordia. A volte le parole, tante parole, che usiamo per parlare di amore, solidarietà, altruismo, rischiano di seppellire e raggelare il talento dell’amore che abbiamo dentro e che ci viene da Dio. Gesù che per primo ha amato con i fatti, cioè con la sua vita, mi insegna e mi sprona a impiegare il mio talento d’amore per moltiplicarlo e diventare così ancora più simile da Dio come padre, e non a temere Dio come Giudice e padrone duro e severo.

Come Michelangelo ha impiegato al massimo il suo talento artistico con opere che rendono gloria a Dio e celebrano le capacità umane, così anche io posso rendere la mia vita un capolavoro se non seppellisco il talento di amare che Dio mi ha dato e che mi rende simile a Lui, senza paura.

don Giovanni BertiSalv

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XXXIII Domenica del Tempo Ordinario – Anno A

Mt 25, 14-30
Dal Vangelo secondo  Matteo

14Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati. 15Sul far della sera, gli si avvicinarono i discepoli e gli dissero: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare». 16Ma Gesù disse loro: «Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare». 17Gli risposero: «Qui non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!». 18Ed egli disse: «Portatemeli qui». 19E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull’erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla. 20Tutti mangiarono a sazietà, e portarono via i pezzi avanzati: dodici ceste piene. 21Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini. 22Subito dopo costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, finché non avesse congedato la folla. 23Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo. 24La barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario. 25Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare. 26Vedendolo camminare sul mare, i discepoli furono sconvolti e dissero: «È un fantasma!» e gridarono dalla paura. 27Ma subito Gesù parlò loro dicendo: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!». 28Pietro allora gli rispose: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque». 29Ed egli disse: «Vieni!». Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. 30Ma, vedendo che il vento era forte, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!».

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

  • 19 – 25 Novembre 2017
  • Tempo Ordinario XXXIII
  • Colore Verde
  • Lezionario: Ciclo A
  • Salterio: sett. 1

Fonte: LaSacraBibbia.net

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