Questi versetti aprono ai discorsi di addio di Gesù. Giuda ha appena lasciato il cenacolo. Da questo momento il percorso terreno di Gesù volge alla sua conclusione con la glorificazione della croce:
«Ora il Figlio dell’Uomo è stato glorificato…. anche Dio lo glorificherà» (v.31-32).
Qui passato e futuro si uniscono in un tempo che riconduce, riassumendo in sé il senso della missione, all’eternità e a quella mirabile reciproca condivisione di intenti tra il Figlio e il Padre che si esprime e trova il suo culmine proprio in quella glorificazione che, nella croce, il Figlio riceve dal Padre e al Padre rimanda.
Le parole di Gesù, dunque, preludono già alla Pasqua del Signore, alla sua morte e alla sua resurrezione. Esse pertanto, prefigurano il momento doloroso dell’addio e della sua assenza. Inizia così quello che viene considerato il “testamento spirituale” di Gesù.
Quale l’eredità da lasciare ai suoi discepoli? Quale il senso di tutta la sua missione che nei tre anni trascorsi con loro Egli sente di dovere affidare come Parola nuova affinché possa continuare a vivere attraverso la loro testimonianza? «Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri» (v. 34).
Il “nuovo” in questo comandamento, sta nella definitività di questa parola e in quel “come” che implica una comprensione rinnovata della stessa. Significa credere e comprendere che i discepoli sono stati amati per primi da Gesù, che il suo amore li ha preceduti. Significa avere una “misura”, uno “stile” nell’amore: e questo può essere rintracciato facendo memoria delle sue parole e dei suoi gesti. Non certo per “imitare” in maniera precettistica delle azioni ma, partendo dalla “memoria” di Cristo, iniziare un percorso di rielaborazione e interiorizzazione della sua Parola che impegna tutto l’essere, coinvolgendolo nella ricerca profonda della propria umanità, laddove sono quelle tracce di amore che Dio, per primo, ha seminato in noi.
Sentirsi amati dona uno sguardo nuovo sul mondo e sull’uomo. Allora si sarà in grado di restituire quell’amore che con Cristo ci previene e ci precede.
“Come”, dunque, ha amato Gesù? Gesù ha amato l’uomo ponendosi ai suoi piedi per servirlo e donandosi a lui fino al momento estremo della croce, che è glorificazione perché segno di chi ha amato sapendo che «non c’è amore più grande che dare la vita per gli amici» (cf. Gv 15,13); di chi ha deposto la propria vita per l’umanità intera, per l’amico e per il nemico. La gloria sarà allora andare oltre lo smacco della morte e del dolore per riportare, con la resurrezione, alla vita.
Gesù ha amato facendosi compagno dell’uomo; cercando il peccatore, sollevandolo dal peccato e riportandolo alla vita; preferendo al giudizio il perdono e rimettendolo in cammino, proprio come ha fatto con l’adultera (cfr. Gv 8, 3-11); riportandolo alla sua libertà e invitandolo ad essere egli stesso libertà per l’altro: non come gli scribi e farisei che legano pesanti fardelli e li impongono sulle spalle della gente (Mt 23,4). Coniugando l’amore con quell’ingrediente che è in ogni amore che si possa chiamare tale e, cioè, con il rispetto profondo nei confronti del fratello, accettando, su di noi, il limite della sua libertà.
Tutto questo implica un percorso che si dipana nel tempo della nostra vita e in cui il passato si proietta già nel futuro attraverso i vari passaggi che compiamo nel nostro presente e che ci conducono verso una conversione che, nelle alterne vicende della vita, ci avvicina sempre più al suo modo di amare.
Questo amore diventa la carta d’identità del credente; i cristiani saranno dunque riconoscibili come comunità alla sequela di Cristo se essi scopriranno la gioia del servizio all’uomo; se negli ambiti di vita quotidiana sceglieranno di servire e non prevaricare il fratello, di essere e farsi spazio di accoglienza per lui.
“Amatevi” dunque, gli uni gli altri. Nella quotidianità, in quei piccoli o grandi gesti che compiamo scegliendo di stare con l’altro, donando a lui il nostro tempo, vestendo chi è nudo, visitando chi è malato o in carcere, dando da mangiare all’affamato, da bere all’assetato, accogliendo lo straniero (cfr. Mt 25).
Laddove gli uomini si amano gli uni gli altri, lì è pure l’amore di Dio. Dio viene amato nel fratello.
A cura di Alessandra Colonna Romano
Fonte: Comunità Kairos (Palermo)