Rinnegare se stessi per affermare Lui
“Ogni giorno” camminiamo mossi da un imperativo categorico, l’irrefrenabile esigenza di auto-affermarci. Ma, alla fine, è sempre solitudine e tristezza, il destino di chi, per “salvare la propria vita”, “segue” solo se stesso e le proprie concupiscenze. Il Figlio dell’Uomo, invece, ha un’altro imperativo: “deve“ essere “riprovato”, morire e così “risorgere”. Nell’originale greco, il verbo “riprovare” deriva da un termine che indicava una moneta autentica, e traduce l’ebraico “provare con il crogiuolo”. Gesù, dunque, è dovuto passare per il crogiuolo del Sinedrio, ed è stato ri-provato. Non era Lui la moneta di cui “gli anziani, i sommi sacerdoti e gli scribi” avevano bisogno. Lui è la moneta del Padre, consegnata al mondo per pagare il riscatto di ogni uomo. Così, mentre satana rigettava Cristo, il Padre accoglieva noi. Il sangue e l’acqua colati sul legno della Croce hanno riportato alla luce in noi l’immagine originale di figli nel Figlio. Per questo oggi Gesù ci chiede “se vogliamo andare dietro a Lui” a pagare il riscatto per i peccatori. Lo desideriamo sinceramente? Ecco allora la Quaresima porci dinanzi lo stesso cammino di Gesù: “riprovare noi stessi”. Questo significa, concretamente, rinnegare la giustizia umana che reclama i propri diritti dimenticando il perdono, la pazienza, la tenerezza nei confronti di chi ci è accanto; rinnegare l’accidia che ci distoglie dalla fedeltà alle piccole responsabilità di ogni giorno; rinnegare l’avarizia e la concupiscenza che ci fanno arpionare cose e persone per chiuderle nella cassaforte del possesso; rinnegare ideali e idoli che invadono la nostra volontà per distoglierla dall’adeguarsi a quella di Dio. E, soprattutto, “prendere la croce ogni giorno”. Qual’è oggi la tua croce? Guarda Cristo sulla via del Calvario e capirai. Che cosa oggi ci assomiglia a Lui? Cosa ci pesa, inchioda, asfissia? Ecco, questa è la nostra croce, dove sperimentare di non poter andare oltre e amare sino a tanto; di cadere sotto il peso di quella malattia inguaribile; di soffocare senza lavoro e stipendio; di sanguinare per la morte di tuo padre. Ma proprio qui Cristo ci attende per accoglierci così come siamo, perdonarci e farci sperimentare il potere della sua risurrezione. La Croce non è una condanna: è “il letto d’amore dove ci sposa il Signore” (Inno del IV secolo) e dove è impossibile auto-affermarsi. “A che giova”, infatti, “guadagnare il mondo intero” che è sotto il dominio di satana, se l’anima poi sperimenta la “perdizione”, l’infelicità di chi ha perduto l’amore di Cristo? “Seguiamo” il Signore allora: con Lui “perderemo la vita” che ci ha condotto alla morte, per ricevere in cambio la sua, che non si esaurisce mai e trasforma in gioia anche il dolore più grande.
Fonte
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Il Figlio dell’uomo deve soffrire molto, essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, esser messo a morte e risorgere il terzo giorno» .
E a tutti, diceva: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua.
Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per me, la salverà.
Che giova all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi si perde o rovina se stesso?».
(Dal Vangelo secondo Luca 9, 22-25)
Don Antonello Iapicca
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