Commento al Vangelo del 19 dicembre 2010 – Paolo Curtaz

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Quarta domenica di avvento, anno di Matteo

Is 62,1-5; At 13,16-17.22-25; Mt 1,1-25

Giuseppe, lo sfortunato

Accoglie il Natale chi tiene sveglia dentro di sé la speranza di essere preso dal Signore.
Profeti come Giovanni ci invitano a prepararci ad accogliere un Dio che incendia.
Come Maria, la nostra vita può diventare la porta d’ingresso di Dio nel mondo.
No, non siamo qui a far finta che poi Gesù nasce. È nato il Signore, è morto ed è risorto.
Lo proclamiamo Signore e Dio della Storia. Anche se, come Giovanni il Profeta, possiamo essere attraversati dal dubbio più devastante: sei davvero tu o dobbiamo aspettarne un altro?
Ecco la sfida dell’avvento, di questo avvento: fare spazio in noi affinché la luce di Dio possa risplendere.
Come è successo al più sfortunato dei santi, Giuseppe.

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podcast a breve

Giuseppe, sposo sfortunato
Lo so, sono irriverente. Portate pazienza. Ma, alla fine della storia, Giuseppe è un poveraccio a cui Dio ha soffiato la ragazza. E ci viene proposto, nell’ultima domenica di avvento, come modello.
Molti di voi mi hanno scritto, in settimana, identificandosi col profeta dubbioso: se il più grande uomo mai nato ha avuto dei dubbi, può succedere anche a me di averne.
Oggi la liturgia osa di più: il patrono della Chiesa, il padre di Gesù, lo sposo di Maria è stato un uomo che ha dovuto cambiare radicalmente la sua vita, uno che si è trovato nei guai fino al collo.
E non ne è mai più uscito.
Non è detto che l’incontro con Dio ti spiani la vita a suon di angioletti danzanti.
Chiedetelo a Giuseppe.
Notti insonni
Matteo ci racconta stringatamente della nascita di Gesù, ma dal punto di vista di Giuseppe. È essenziale, perché si rivolge a degli ebrei, parlare del maschio di casa. Dalla discendenza di Davide doveva provenire il Messia, e Giuseppe proviene da quella discendenza. Solo che rispetto ai maschi che ascoltavano, ha avuto un percorso decisamente particolare.
Maria e Giuseppe sono fidanzati, hanno un regolare contratto di matrimonio stipulato dai rispettivi genitori. Maria è giovanissima, Giuseppe non lo sappiamo.
Se vi piace restare fedeli al Vangelo, non sappiamo molto di lui. Presumiamo che fosse un bravo e onesto ragazzo del paese, nulla di più.
Ma potete anche osare, facendo vostra una antica tradizione che vuole Giuseppe un vedovo che decide di prendere con sé Maria. Stretto, ma ci sta.
Quello che Matteo vuole dirci, però, è decisamente più semplice: l’unico a sapere che quel bambino non era suo è proprio Giuseppe.
Osiamo immaginare la sua notte insonne di maschio ferito?
La disperazione, la rabbia, il desiderio di vendetta?
Vendetta a portata di mano, e benedetta dalle leggi che gli uomini attribuiscono a Dio, spesso: lapidazione. Una donna adultera va lapidata, non ci sono storie.
Giuseppe, per essere devoto e ligio alla Legge di Dio deve far uccidere la sua futura sposa.
Alcuni studiosi sostengono che tale pratica non era più in voga in quel tempo, ma l’onta e il disonore sì.
E Giuseppe, per essere devoto e ligio alla Legge vera di Dio che porta nel cuore, decide di mentire.
Pio bugiardo
Dirà al rabbino di non volere più sposare Maria, che si è stancato di lei.
Maria tornerà mestamente alla casa dei suoi, nessuno la vorrà più come sposa, ma, almeno, avrà salva la vita e l’onore.
È giusto, Giuseppe, perché non giudica secondo le apparenze, perché non brandisce la Legge di Dio come una clava. È giusto, perché lascia prevalere la misericordia e l’amore alla vendetta, al suo orgoglio ferito.
È giusto, Giuseppe.
Averne.
Sogni
La decisione è presa. Ora arriva un po’ di sonno, mentre l’ultima stella della sera scompare. Il sonno è agitato, confuso. E Giuseppe sogna. Sogna di angeli rassicuranti, di spiegazioni misteriose, di un figlio che è di Dio ma che avrà il nome del falegname.
A Maria Dio chiede un corpo, a Giuseppe di portare la croce di allevare un figlio non suo.
Come i tanti padri che tirano la carretta ogni giorno, senza far pesare in famiglia la situazione finanziaria traballante, ingoiando rospi, lasciando da parte loro stessi.
Ora capisce il sogno, perché ha scelto di non seguire l’odio che portava nel cuore.
È libero, Giuseppe.
Giusto e sognatore.
Come gli uomini e le donne che, in mezzo all’oceano di nulla che sta sommergendo la nostra civiltà occidentale, osano ancora sognare e sperare.
Averne.
Countdown
Aveva certamente dei progetti, il buon Giuseppe: un laboratorio più grande, una casa spaziosa, dei figli cui insegnare l’uso della pialla e dello scalpello. Non aveva grandi pretese, questo figlio di Israele, un piccolo sogno da vivere con una piccola sposa. Ma Dio ha bisogno della sua  mitezza e della sua forza, sarà padre di un figlio non suo, amerà una donna silenziosamente, come chi prende in casa l’Assoluto di Dio.
Giuseppe accetta, si mette da parte, rinuncia al suo sogno per realizzare il sogno di Dio e dell’umanità.
Giuseppe è il patrono silenzioso di chi aveva dei progetti ed ha accettato che la vita glieli sconvolgesse.
Dio ha bisogno di uomini così. Di credenti così.
Pochi giorni al Natale, Giuseppe, dal silenzio in cui è rimasto, custode e tutore della santa famiglia, veglia su di noi e ci chiede di imitare la sua grandezza.
Averne.