Commento al Vangelo del 19 dicembre 2010 – don Mauro Pozzi

Il commento al Vangelo della domenica a cura di don Mauro Pozzi parrocco della Parrocchia S. Giovanni Battista, Novara.

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GIUSEPPE

La tradizione raffigura Giuseppe come un uomo anziano, perché quando Gesù è adulto sembra essere già morto. Ama moltissimo la sua fidanzata Maria, tanto che, quando viene a sapere che è incinta, mette da parte il suo amor proprio e pensa di licenziarla in segreto senza fare uno scandalo. Le apparenze gli dicono che la ragazza lo ha tradito e chiedere una clamorosa soddisfazione sembra del tutto legittimo, ma lui non pensa a meschine rivalse, quanto al futuro di Maria. L’apparizione in sogno dell’angelo migliora solo apparentemente le cose. Infatti, anche se il tradimento non ha avuto luogo, i suoi progetti circa la sua famiglia futura sono certamente sconvolti. Suo malgrado è chiamato ad accettare di essere il padre putativo di un bambino che comunque non è suo. Tuttavia, ogni papà sa che un figlio non si sceglie, ma nasce con le sue doti e la sua personalità e, anche se può somigliare fisicamente ai genitori, è una persona a sé. Per questo Giuseppe si fida di Dio e si mette a disposizione: il suo sì vale quanto quello di Maria. Diventa così il modello di ogni paternità. Il compito di un padre, e soprattutto di un padre spirituale, è quello di guidare il proprio figlio fino a quando è pronto a camminare da solo per poi lasciarlo andare verso il suo futuro, senza legarlo a sé. Giuseppe accompagna Gesù nella sua crescita, lo protegge, gli dà il buon esempio, gli insegna il suo mestiere, lo tiene accanto a sé con amore e premura, fintanto che la sua presenza è utile. L’ultima volta che incontriamo Giuseppe nel vangelo è quando, insieme a Maria, ritrova il fanciullo Gesù nel tempio che disputa coi dottori. La mamma, che dopo tre giorni di ricerca è al colmo della preoccupazione, gli chiede il perché di quel comportamento. Il giovane risponde in modo disarmante: perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio? Ora che ha piena coscienza di chi è suo Padre, il suo percorso è compiuto e lo è anche il compito di Giuseppe, così la sua figura silenziosamente esce di scena. La grandissima umiltà e la totale dedizione al progetto di Dio fanno di lui una figura gigantesca nella storia della salvezza. È degno della gloria riservata ai più grandi santi. Ecco perché Gesù dice che perdere la propria vita significa salvarla: affidarsi a Dio e accettare il suo progetto è l’unico modo per essere davvero grandi.

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