Il commento al Vangelo di venerdì 19 aprile 2019 è curato dalle sorelle Clarisse di Borgo Valsugana, Trento.
Dal legno della Croce è venuta la gioia in tutto il mondo
Oggi la liturgia inizia, avvolta nel silenzio, con l’unico gesto meno inadeguato a ciò che celebriamo: il celebrante si inginocchia o si prostra dinanzi alla croce, anticipando il gesto di adorazione che ognuno di noi farà suo nel cuore di questa azione liturgica. Davanti alla forma crocifissa dell’amore, mistero d’amore che ci supera infinitamente, non c’è gesto più rispondente ai sentimenti che riempiono il nostro cuore. «È l’esperienza decisiva: toccare con mano come il Signore sia superiore alla nostra misura. Allora è tempo d’inginocchiarsi e adorare» (R. Guardini). Inginocchiandoci, a contatto con la terra, con quella stessa polvere di cui siamo fatti, facciamo esperienza sensibile della nostra piccolezza, dei nostri limiti, della nostra impotenza nei confronti del male in noi e fuori di noi. Ma non siamo solo inginocchiati a terra, siamo anche inginocchiati dinanzi alla croce di Cristo. E da quella croce, da quel corpo dato per noi e in cui risiede tutta la pienezza della divinità (cf. Col 2,9), dell’amore, della vita eterna, scende copioso su di noi il sangue umano-divino che ci lava, ci purifica, ci libera, ci redime. Non c’è più nessuna barriera, neanche il nostro peccato, fra noi e l’Amore.
La liturgia odierna offre alla nostra contemplazione e adorazione questo luogo di salvezza, ai piedi della croce, che ci è stato donato nel sacrificio d’amore di Cristo e da cui più niente e nessuno può separarci. Resi nuovi nel sangue di Cristo (cf. Ap 7,14), ora possiamo alzarci e stare in piedi perché la nostra piccolezza è sostenuta dall’amore infinito di Dio. Ci rialziamo, perciò, col cuore trafitto di gioia, la gioia promessa da Gesù, la gioia che nessuno può togliere (cf. Gv 16,22), perché «non c’è nessuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù» (Rm 8,1). Solo salvezza e amore, da accogliere e vivere con cuore libero, lieto e grato.
Prima lettura
Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi
Nella persona e nel destino del servo del Signore Isaia profetizza senza possibilità di equivoci che la manifestazione di Dio, la sua vicinanza agli uomini non si dispiegano nei segni della grandezza, ma in quelli dell’umiltà. Veramente il nostro Dio è un Dio misterioso, nascosto (cf. Is 45,15)! La nostra reazione più istintiva è lo stupore, la meraviglia, a volte l’incredulità. Ma non è che Dio voglia confonderci, vuole salvarci. E la sua salvezza giunge dal suo servo «disprezzato e reietto dagli uomini» (v. 3). Dio non ci salva prevaricandoci con il suo essere Dio, ma con il suo essere Dio umile, assumendo su di sé le conseguenze del nostro male, della nostra violenza. La nostra parte è convertirci alla sua umiltà.
Seconda lettura
È stato messo alla prova in ogni cosa come noi, escluso il peccato
L’autore della lettera agli Ebrei ci esorta a una fiducia piena nei confronti di Dio e porta come prova che possiamo fidarci il fatto che Dio ha abbracciato e sperimentato in prima persona tutte le nostre debolezze. Abbiamo la sicurezza che qualsiasi difficoltà, sbaglio, fallimento o grave colpa pesino sul nostro cuore egli può comprenderle non per sentito dire, ma perché ha provato nella sua carne che cosa significhino le nostre prove e le conseguenze dei nostri peccati. Di un Dio così ci possiamo fidare pienamente.
Vangelo
Se cercate me, lasciate che questi se ne vadano
Fin dalla sua scena d’apertura la passione di Gesù ci consegna la certezza che la nostra vita è posta definitivamente al riparo da ogni male, perché ormai il male non ha più l’ultima parola sulla nostra vita. La parola definitiva è, invece, quella di Gesù al momento del suo arresto nel giardino del Getsemani: «Lasciate che questi se ne vadano» (18,8). Una parola che nel corso della passione si trasforma in consegna di sé totale. Gesù beve fino in fondo tutto il calice delle nostre passioni e paga in questo modo una volta per sempre il prezzo della nostra libertà dal male e dalla morte. Sì, Gesù ci ha liberati, e perché restassimo liberi ci ha donato tutto: consegnando lo spirito (cf. 19,30), ha portato a compimento la promessa della perenne presenza divina con noi e in noi (cf. Gv 14,16). Ora abbiamo la garanzia che neppure la morte sarà l’ultima parola sulla nostra vita.
Messale festivo 2019 delle Edizioni Messaggero Padova
Il Messale delle domeniche e feste 2019 è pensato per aiutare a partecipare attivamente alla liturgia, servendosi anche delle accurate introduzioni alle singole feste. Contiene tutti i testi liturgici del Messale e del Lezionario delle domeniche e feste, dal primo gennaio fino all’ultima domenica di dicembre 2019, con un ampio approfondimento liturgico-pastorale per chi vuole preparare o continuare a casa la riflessione sulla Parola.
Introduzioni alle celebrazioni, presentazioni e commenti alle letture del Vangelo sono curate delle suore clarisse del Monastero San Damiano di Borgo Valsugana (TN) * preghiere dei fedeli a cura della Comunità di Bose