Il ramo tenero
Paura e custodia
Nelle ultime domeniche dellโanno liturgico la Chiesa invita i credenti a innalzare/approfondire lo sguardo dal proprio impegno nel vivo della storia per contemplare, almeno alla fine dellโanno, la fine/il Fine felice del cammino dellโumanitร , della storia e del creato. Chi sa dove va a finire vive sereno i suoi giorni, senza lโangoscia del totalmente sconosciuto e incerto.
Le tematiche escatologiche, riguardanti le realtร ultime e definitive possono sembrare lontane della sensibilitร moderna, ma possono invece giocare un ruolo di rasserenamento di una societร in cui lโangoscia esistenziale รจ mascherata, edulcorata o drogata da immersioni totalizzanti in realtร lavorative, di successo, di apparenza, del carpe diem edonistico, di rassegnazione ai giorni tristi, di isolamenti nel proprio particulare ecc.
Gli sconvolgimenti ambientali dovuti ai cambiamenti climatici stanno perรฒ convincendo molti a percepire lโunitarietร del tutto, la globalizzazione/comunione allโinterno della casa comune del mondo e della natura (il creato, per i credenti). Gli sconvolgimenti โ dovuti al comportamento tragicamente sbagliato e omicida/suicida dellโuomo nei confronti della natura โ spaventano e fanno pensare.
Lโemersione sempre piรน imponente di sovranismi malati di egoismo autoreferenziale, di dittature e persone โfortiโ che pensano di poter risolvere i problemi delle loro nazioni con chiusure cieche degli spazi di convivenza, la pervasivitร del controllo informatico dei dati personali, la pericolositร delle campagne di fake news create ad arte, le guerre elettroniche e gli attacchi degli hacker informatici fanno percepire la precarietร della convivenza pacifica e della possibilitร di unโesistenza umana serena nella solidarietร e nellโaccettazione reciproca degli altri esseri umani.
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Nel campo ecclesiale si รจ compreso che con la paura non si convince nessuno, al giorno dโoggi. Ma รจ innegabile che la situazione attuale puรฒ indurre molti a riflettere, a cercare in un messaggio sovraumano e in una convivenza governata dallโamore, dal perdono e dalla veridicitร dei rapporti un conforto e una custodia non evanescenti o ingannevoli.
La cultura odierna, almeno nei mondi cosiddetti โsviluppatiโ รจ avvezza al linguaggio apocalittico-catastrofico (mutamenti climatici, film horror e catastrofici ecc.).
Le letture di questa domenica possono essere unโoccasione per chiarire lโapocalittica salvifica della parola di Dio. Quello apocalittico non รจ un genere letterario facilmente decodificabile in modo corretto e particolarmente attraente nel campo della fede, ma contiene risorse interpretative della realtร non esprimibili forse con altre categorie.
Daniele: incoraggiamento e resistenza
Il libro di Daniele (โIl mio giudice รจ Dioโ) non รจ un libro profetico ma di natura apocalittica, rivelatoria. Riflette sulla storia e il suo risolvimento finale. Si avvale di espedienti letterari quali la finzione e le immagini allegoriche. Frutto di accrescimenti progressivi, il libro fu redatto definitivamente nel II secolo a.C. durante il periodo dellโoppressione feroce attuata da Antioco IV nei confronti dei giudei.
Con lโespediente della pseudepigrafia โ fenomeno legittimo, approvato culturalmente allโepoca e alieno da intenti falsari โ, venne attribuito al personaggio Daniele. Esso era venuto crescendo nel post-esilio come figura emblematica di sapienza e di capacitร interpretativa delle vene profonde degli avvenimenti.
Il libro intende incoraggiare la resistenza del popolo ebraico facendo intravedere, oltre la crosta ingannevole della supremazia opprimente delle superpotenze che si sono avvicendate nei secoli, lโunico potere capace di sconfiggere il male con la vittoria definitiva nella storia e soprattutto oltre la storia.
Nella letteratura apocalittica รจ presente un personaggio che รจ portato in cielo, dove riceve da un angelus interpres la rivelazione dei veri destini del mondo al di lร delle vicende storiche visibili al momento.
Composto in aramaico (2,4โ7,28, eccetto 3,24-90 in greco), ebraico (1,1โ2,3; 8,1โ12,) e greco (3, 24-90; 13,1โ14,41), il libro di Daniele vuole avere unโapertura universale, con unโampia schiera di destinatari. La sua struttura letteraria รจ discussa, e la divisione degli interpreti originata, fra lโaltro, dal ruolo da attribuire al c. 7, vero snodo del libro. Esso ha relazioni con i capitoli precedenti (racconti) e prepara quelli successivi (visioni).
Seguendo il commentario di L. Alonso Schรถkel, possiamo strutturare lโinsieme in questo modo: Dn 1 Daniele alla corte di Babilonia; Dn 2โ7 racconti (con struttura chiastica: Dn 2 sogno dei quattro regni; Dn 3 atti dei martiri; Dn 4โ5 giudizio sui re; Dn 6 atti dei martiri; Dn 7 sogno dei quattro re); Dn 8โ12 visioni (raccontate in prima persona; il montone e il capro; settanta settimane, la visione terribile; Dn 13โ14 racconti (testi deuterocanonici in greco; Dn 13 Daniele e Susanna; Dn 14,1-22 Daniele e i sacerdoti di Bel; Dn 14,23-32 Daniele e il drago.
La saggezza di Daniele si manifesta questa volta non nellโinterpretazione dei sogni ma nellโamministrazione della giustizia. Si dimostra, in modo ironico, che lโosservanza della Legge salva il giusto e provoca il fallimento dei nemici.
Visioni
In Dn 8โ12, che contiene tre visioni, prevale nettamente la connotazione apocalittica del libro. ยซVi domina la prospettiva storica della persecuzione di Antioco IV: รจ cominciata la grande tribolazione, ma seguirร la liberazione totale, attraverso il giudizio e la risurrezione dei mortiยป (Alonso Schรถkel).
In Dn 8 si descrive il potere crescente di Antioco V e la sua disfatta miracolosa.
In Dn 9 si parla del destino di Gerusalemme, la cui salvezza viene annunciata nella profezia delle settanta settimane.
In Dn 10โ12, visione molto prolissa, si descrivono le lotte continue tra i tolomei (successori di Tolomeo I Sotere, 323-285, diadoco di Alessandro Magno che si insediรฒ ad Alessandria dโEgitto) e i seleucidi (successori di Seleuco I Nicatore, 305/4-281, diadoco di Alessandro Magno che si insediรฒ ad Antiochia sullโOronte, fondata da lui nel 300), con i conseguenti danni per il popolo giudaico e la vittoria finale di quelli ยซche sono scritti nel libroยป.
Le visioni di Dn 8โ12 ยซrisultano curiosamente assai meno nazionaliste: aspettano la sconfitta di Antioco V ben piรน che la fondazione del โregno dei santiโ. Dโaltra parte, questi capitoli contengono due affermazioni teologiche di grande valore: la fede nella risurrezione (12,2) e il valore del martirio (11,33.35; 12,10)ยป (Alonso Schรถkel).
Si risveglieranno
Come nelle escatologie classiche, la sconfitta del nemico รจ solo il penultimo atto, quello che precede lโinstaurazione definitiva del regno di Dio (cf. Gl 3โ4; Ez 38โ39; Is 24โ27.66). La nuova era sarร illuminata dai dolori del parto, che annunciano la vita e la salvezza.
Lโelemento nuovo, perรฒ, รจ costituito dalla risurrezione dei morti per il giudizio finale. ร un tema annunciato piรน o meno implicitamente in Is 53, Ez 37 e Is 26,14-29. Seguiamo ancora Alonso Schรถkel nelle sue conclusioni esegetico-teologiche.
Il libro di Daniele apporta un superamento decisivo della tradizione trasmessa, annunciando tuttavia per ora solo una risurrezione non generale, ma personale e differenziata. Per lโautore originale si tratta del popolo giudaico, ma per il finto Daniele la soluzione รจ dubbia: solo i morti nellโultima persecuzione, o tutti i morti della storia? La risurrezione precede il giudizio di separazione.
In Ez 37 la risurrezione coincideva con la liberazione del popolo e il rientro in patria. Ez 20,35-38 introduceva perรฒ un giudizio intermedio nel deserto: i ribelli saranno esclusi, i fedeli entreranno nella terra. Se lโuscita da Babilonia significa uscire da un sepolcro, si ha una risurrezione per vivere in patria e unโaltra per morire nel deserto.
Il libro di Daniele allarga la portata dellโimmagine. Si tratta di una vera risurrezione di morti. Essa perรฒ non รจ in vista di entrare nella patria geografica, ma di essere incorporati al nuovo regno che Dio instaura.
Il libro di Daniele apporta inoltre un ulteriore contributo. Egli distingue ยซun gruppo di privilegiato tra i salvati: non si tratta di guerrieri (Maccabei e seguaci) e neppure dei martiri (Eleazaro e altri), ma di un gruppo di maestri che predicano con frutto la conversioneยป. Ai profeti e ai predicatori deuteronomici succedono ora in questo compito i โmaestri/saggi/maลkilรฎmโ della stirpe sapienziale.
In Dn 12 parla ancora, dopo Gabriele del c. 8 (8,16) e del c. 9 (9,21-22), uno con sembianze dโuomo (10,10.12.16.18.20). Egli annuncia che il tempo finale sarร un tempo di โrestringimento/tempi difficili/แนฃฤrฤhโ (CEI: โangosciaโ), un โimbutoโ esistenziale decisivo e mai visto prima.
Ogni popolo ha il proprio angelo che vigila su di esso. Israele ha โMichele/Chi come Dio?/Mรฎkฤโฤlโ, che nei testi biblici dellโAT e del NT รจ sempre visto come il soccorritore โmilitareโ decisivo nel combattimento contro il male/il Drago/il diavolo (cf. Dn 10,13.21; Gd 9; Ap 12,7). Michele, โche in piedi sopra/che si occupa di/hฤโลmฤd โalโ Israele, โsi alzerร /yaโฤmลdโ per esercitare con efficacia il compito espresso dal suo nome stesso.
Lโesito del suo aiuto nel combattimento finale col male รจ โla salvezza del tuo popolo/yimmฤlฤแนญ โammekฤโ. La radice mlแนญ, nella coniugazione passiva niphal, rimanda al significato di ยซsfuggire, uscire indenne, scampare, liberarsi, trovare scampo, mettersi in salvo, mettere al sicuro, salvare la pelle, rifugiarsi, ricorrereยป (Alonso Schรถkel, Dizionario di Ebraico biblico).
Vita eterna o ignominia
Gli iscritti nel libro della vita (cf. Es 32,32; Sal 69,29; Is 4,3; Ml 3,16; Fil 3,14.20; Ap 3,5; 20,5-1; in senso negativo Ap 17,8) usciranno indenni dal combattimento finale. Coloro che โdormono nella polvere/yeลกฤnรช โadmat-โฤpฤrโ โsi desteranno/yฤqรฎแนฃรป dal sonno (della morte e si rialzeranno) dalla polvereโ.
La risurrezione รจ personalizzata e differenziata. Ci sarร una risurrezione per la โvita eterna/แธฅฤyyรช โรดlฤmโ e una โper la vergogna e per lโinfamia eterna/laแธฅฤrฤpรดt ledirโรดn โรดlฤmโ. Per la vita eterna si alzeranno โcoloro che hanno convertito molti/maแนฃdรฎqรช hฤrabbรฎmโ, coloro cioรจ che hanno portato molti allo stato di giustizia, di buon rapporto con lโalleato YHWH.
Lโinstaurazione del nuovo regno non รจ una realtร automatica, ma richiede la necessaria collaborazione umana, sovrana e indipendente. I cittadini del nuovo regno dovranno praticare la giustizia ed essere giusti. Cosรฌ chiedevano giร altri testi: ยซDagli angoli estremi della terra abbiamo udito il canto: โGloria al giustoโยป; ยซAprite le porte: entri una nazione giusta, che si mantiene fedeleยป (Is 26,2).
Dn 12,2 supera la visione di Is 65,20 (ยซNon ci sarร piรน un bimbo che viva solo pochi giorni, nรฉ un vecchio che dei suoi giorni non giunga alla pienezza, poichรฉ il piรน giovane morirร a cento anni e chi non raggiunge i cento anni sarร considerato maledettoยป), ma puรฒ fondarsi su Is 25,8: ยซEliminerร la morte per sempre. Il Signore Dio asciugherร le lacrime su ogni volto, lโignominia del suo popolo farร scomparire da tutta la terra, poichรฉ il Signore ha parlatoยป. Per comparire a giudizio, gli uomini devono alzarsi e presentarsi (Sap 4,20; 5,1).
ยซLโignominia puรฒ essere una coscienza di disfatta che verrร sperimentata senza fine, o coscienza di disfatta definitiva e irreversibile: indefinita o definitiva. Si puรฒ obiettare: se il fallimento non si farร sentire per sempre, perchรฉ tale resurrezione? Essa si fonda sul motivo che nella mentalitร israelitica il morto non รจ capace di simile coscienzaยป (Alonso Schรถkel). Il nostro testo non contrappone vita gloriosa/vita eterna ignominiosa, ma vita eterna/ignominia eterna.
Non pare che a quel tempo i giudei pensassero a un Antioco V in un carcere perpetuo e redivivo; credevano piuttosto a un suo fallimento definitivo (cf. 1Mac 6; 2Mac 9). Il secondo libro dei Maccabei esprime perรฒ la sua credenza nella risurrezione dei martiri e la consapevolezza dellโunitร tra il popolo di Israele e alcuni dei suoi membri (Geremia, Onia ecc., cf. 2Mac 13).
Le apocalissi posteriori svilupperanno lโidea della vita ultraterrena degli uni e degli altri nei loro rispettivi luoghi. Composti prima della nascita di Gesรน, si servono di un linguaggio che tornerร anche negli scritti del NT. Salmi Salomone 3,16; 14,9 riporta delle espressioni sobrie, mentre 1En103,7ss afferma: ยซSapete che si faranno scendere le loro anime agli inferi e che esse diverranno misere e la loro afflizione (sarร ) grande? E (che) il vostro spirito, in tenebra, in rete e in fiamma ardente entrerร nella grade condanna e (che) la grande condanna sarร per tutte le generazioni in eterno? Guai a voi perchรฉ non avrete pace!ยป; alla fine del libro, 1En 108,5ss afferma invece: ยซE interrogai uno degli angeli santi che stava con me e gli dissi: โChe cosโรจ quella (cosa) brillante dato che non รจ cielo, ma fiamma di fuoco, che brucia sola, e voce di grido, pianto, lamenti e grande sofferenza?โ. Ed egli mi rispose: โ(In) quel luogo che tu vedi colร sono gettati gli spiriti dei peccatori e degli empi e di coloro che fanno il male e di quelli che pervertono tutto quello che Iddio, per bocca di profeti, ha detto che doveva esser fattoยป (tr. L. Fusella).
Le ultime realtร : quando e come?
Dopo la sequenza delle cinque controversie gerosolimitane ambientate nellโarea templare (Mc 11,27โ12,44) e prima del racconto della passione e risurrezione di Gesรน (Mc 14,1โ16,8.9-20), Marco riporta nel c. 13 un lungo discorso sulle realtร ultime, il discorso escatologico. Esso rimanda a un momento in cui sarร distrutta lโistituzione templare e sarร superata anche la morte di Gesรน.
Gesรน esce dal tempio e si siede sul monte degli Ulivi, da dove domina sia la cittร che il tempio. Giร Zc 14,1-2 menzionava il monte degli Ulivi in un contesto escatologico.
Dopo lโintroduzione (va. 1-4), nella quale Gesรน annuncia la distruzione dellโambiente templare e quattro discepoli gli domandano quando (pote) avverrร questo e quale sarร il segno (to sฤmeion) che lo annuncia, il discorso prosegue con la risposta di Gesรน, riguardante la fine di tutte le vicende storiche.
A differenza di Luca, Marco non distingue chiaramente lโimmagine della distruzione di Gerusalemme dalla fine delle vicende umane, ma le mescola in un modo inestricabile.
Il discorso escatologico รจ strutturabile in tre momenti (cf. il commentario di B. Standaert), con una disposizione molto amata da Marco: A B Aโ C D.
Primo momento A. vv. 5-6 messa in guardia dai falsi profeti; B. vv. 7-13 โQuando sentireteโฆโ; vv. 14-20 โQuando vedreteโฆโ; Aโ vv. 21-23 messa in guardia dai falsi profeti.
Secondo momento: C. vv. 24-25.26-27 la fine (il cosmico e il personale); a) vv. 28-29 parabola della pianta di fico (immagine della natura, cosmico); v. 30 questa generazione non passerร prima che la fine venga.
Terzo momento D. v. 31 cielo e terra passeranno (cosmico), le mie parole non passeranno (personale); v. 32 quanto al giorno e allโora, nessuno lo sa, eccetto il Padre; aโ) vv. 33-37 parabola dellโuomo partito e che puรฒ ritornare a qualsiasi ora (immagine personale).
Dopo una prima messa in guardia dai seduttori messianici (vv. 5-6), vengono ricordati lโinizio dei dolori (vv. 7-8), le prove necessarie della comunitร (vv. 9-13), gli ultimi avvenimenti prima della fine (vv. 14-20) a cui segue la seconda messa in guardia dai falsi messia (vv. 21-23).
I versetti centrali del discorso descrivono la fine cosmica e la venuta vittoriosa del Figlio dellโuomo (vv. 24-27) e riportano la parabola dellโalbero di fico che illustra la prossimitร imminente della fine (vv. 28-29) e tre pronunciamenti paradossali (vv. 30.31.32).
Verrร il Figlio dellโuomo sulle nubi del cielo
Dopo la tribolazione descritta nei vv. 19-20, che allude alla distruzione di Gerusalemme strettamente congiunta alla fine di tutte le realtร storiche, il mondo sarร totalmente trasformato.
La teologia apocalittica vede la storia incamminata verso una risoluzione finale positiva che, grazie alla vittoria del bene sul male โ attraverso un giudizio e una condanna definitivi inflitti da YHWH/il Padre al male e ai malvagi โ, attuerร un rovesciamento di sorti di cui beneficerร la comunitร dei giusti, che vedranno la vita, la vittoria, la luce e la pace.
Le immagini apocalittiche degli sconvolgimenti cosmici sono parte essenziale dellโarmamentario letterario di cui lโapocalittica si avvale per indicare la trasformazione profonda delle realtร attuali. A questo fine si attinge a piene mani dai testi dellโAT. Qui si citano espressamente o implicitamente Is 13,10; 34,4; Ez 32,7-8; Gl 2,10; 3,4; 4,15. Testi simili si trovano in 1En 102,2 e Ap 6,12.
Gesรน parla della venuta definitiva del Figlio dellโuomo sulle nubi del cielo.
La figura del Figlio dellโuomo, che oscilla tra una individuazione personale e una collettiva (il popolo dei santi, Dn 7,24) godeva di unโimmensa popolaritร nel pensiero teologico e ideologico immediatamente precedente o coevo a Gesรน. Vittorioso sul male grazie a una guerra definitiva, senza prigionieri, e ad un giudizio senza pietร per i malvagi, il Figlio dellโuomo avrebbe instaurato il suo regno di pace. Personaggio posto al livello divino da Dn 7,12, ha caratteri insieme umani e divini.
Gesรน si appropria di questo titolo molto popolare e onorato, abbinandolo perรฒ a una modalitร operativa โdeboleโ, sofferente, crocifissa. Una novitร straordinaria.
Secondo le parole di Gesรน, il Figlio dellโuomo verrร sulle nubi. Dn 7,12 aramaico ha: โim/conโ e la traduzione greca LXX riportata dai migliori codici e accettata come oggi normativa ha โmeta/conโ; la recensione origeniana e la traduzione di Teodozione hanno โepi/sopraโ (cf. Mt 24,30; 26,64), che presupporrebbe un originale aramaico โal; il testo di Mc 13,26 ha โen/conโ, che puรฒ essere interpretato come un en + dativus sociativus indicante le circostanze concomitanti (ad es. in Lc 14,31 un capo militare si fa incontro con [unโarmata di] diecimila [uomini]; cf. BDR ยง 198,1) e quindi raggiunge il significato di โcon/gr. metaโ che presuppone lโaramaico originale โim. Anche se non รจ โsopra/epiโ le nuvole, venendo โcon/en = metaโ le nuvole, il Figlio dellโuomo rivela in Mc 13,26 unโidentitร insieme umana e sovrumana (Dn 7,13 ยซโฆ ecco venire con le nubi del cielo uno simile/ke a un figlio dโuomoยป). Gli uomini lo vedranno venire infatti con grande potenza e gloria.
Il Figlio dellโuomo manderร i suoi messaggeri/angeli per radunare (episynagล, cf. Zc 2,10; Dt 30,4; Mc 1,32 e 48 volte nella LXX) i suoi eletti dai quattro venti (cf. Zc 2,10), dallโestremitร della terra fino allโestremitร del cielo. Molti i chiamati, ma tutti eletti? (cf. Mt 22,11-14).
Il ramo tenero:certezza e incertezza paradossale
Con lโesempio parabolico della pianta di fico โ manca in esso una vera e propria storia โ, Gesรน invita a leggere i segni dei tempi. Le trasformazioni del mondo, anche violente, sono sempre il segno del Regno che viene, lโannuncio della volontร del Figlio dellโuomo di radunare e salvare gli uomini. La venuta รจ certa, la sua cadenza temporale perรฒ e conosciuta solo dal Padre. Certo il fatto, incerto il tempo.
La generazione nella quale avvengono le trasformazioni decisive non puรฒ avere quindi una determinazione temporale precisa, ma โquesta generazioneโ esprime il fatto che ogni generazione deve sentirsi come se ad essa fosse rivolto direttamente lโinvito alla vigilanza e alla trasformazione.
Le parole di Gesรน non passeranno mai e la comunitร dei suoi discepoli vive serena il diventare tenero dei rami della storia. Chi รจ con Gesรน sperimenta giร le primizie del Regno e non avrร paura degli avvenimenti, anche tremendi, che lo richiamano a crescere nella comunione umana e a scegliere una scala valoriale che valga la pena di essere seguita come decisiva per avere fin dโora una vita buona e beata, โdolceโ.
I rami del fico sono teneri e traditori, ma il frutto รจ dolce/nฤรฎm e gustoso/แนญรดb.
I due canestri di fichi intravisti da Geremia sono pieni uno di frutti buoni, lโaltro di cattivi: ยซโฆ i fichi buoni sono molto buoni (แนญลbรดtmeโลd), quelli cattivi sono molto cattivi (rฤโรดtmeโลd), tanto che non si possono mangiare per la loro cattiveria (mฤrลaโ, tralasciato da CEI)ยป (Ger 24,3; cf. 24,1-10).
ยซEcco come รจ bello (แนญรดb) e comโรจ dolce (nฤรฎm) che i fratelli vivano insiemeยป (Sal 133,1).
Lโalbero della Chiesa รจ tenero ma affidabile, la sua vita dolce e amabile.
Commento a cura di padre Roberto Mela scj โ Fonte del commento: Settimana News
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LEGGI IL BRANO DEL VANGELO
XXXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO โ Anno B
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- Colore liturgico: Verde
- Dn 12, 1-3; Sal.15; Eb 10, 11-14. 18; Mc 13, 24-32
Mc 13, 24-32
Dal Vangelo secondo Marco
24In quei giorni, dopo quella tribolazione,
il sole si oscurerร ,
la luna non darร piรน la sua luce,
25le stelle cadranno dal cielo
e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte.
26Allora vedranno il Figlio dellโuomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. 27Egli manderร gli angeli e radunerร i suoi eletti dai quattro venti, dallโestremitร della terra fino allโestremitร del cielo.
28Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che lโestate รจ vicina. 29Cosรฌ anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli รจ vicino, รจ alle porte.
30In veritร io vi dico: non passerร questa generazione prima che tutto questo avvenga. 31Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.
32Quanto perรฒ a quel giorno o a quellโora, nessuno lo sa, nรฉ gli angeli nel cielo nรฉ il Figlio, eccetto il Padre.
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.
- 18 โ 24 Novembre 2018
- Tempo Ordinario XXXIII
- Colore Verde
- Lezionario: Ciclo B
- Anno: II
- Salterio: sett. 1
Fonte: LaSacraBibbia.net
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