Commento al Vangelo del 18 marzo 2012 – don Mauro Pozzi

Il commento al Vangelo della domenica a cura di don Mauro Pozzi parroco della Parrocchia S. Giovanni Battista, Novara.

PECCATO E REDENZIONE

Nell’Antico Testamento tutto è sempre riferito a Dio, ogni evento è frutto della sua volontà. Il popolo ignora gli ammonimenti del Signore e si attira la condanna. Sembra dunque che Dio abbia giudicato e punito il suo popolo, in realtà l’esilio è la conseguenza delle scelte che esso ha compiuto. Questo si applica anche alla nostra vita: siamo liberi e attraverso le nostre scelte decidiamo se essere o meno salvati. Si tratta di una salvezza gratuita, ma non imposta. Gesù cerca di far capire questo a Nicodemo. Egli, fariseo come San Paolo, era una delle autorità del tempio. Lo incontriamo tre volte nel vangelo di Giovanni e questa è la prima. Egli benché affascinato da Gesù, aveva paura di manifestare il suo interesse per il Nazareno, perché temeva il giudizio dei suoi pari; così va dal Maestro di notte, per non essere visto. Gesù lo accoglie e il colloquio è molto convincente per il fariseo, tanto che questi cercherà in una occasione di difendere il Maestro davanti ai sommi sacerdoti che ne volevano l’arresto e, quando Gesù sarà deposto dalla croce, egli offrirà oli profumati e molto preziosi per la sua sepoltura. Gesù fa riferimento al libro dei Numeri (21, 4-9) dove è narrato che gli ebrei sono guariti dal morso di serpi velenose dall’immagine di un serpente di bronzo innalzata da Mosè. Per essere guariti bisognava guardare quel serpente. Almeno alzare lo sguardo. La salvezza che viene da Gesù è gratuita. Il Padre vuole salvare tutti e cerca in ogni modo di farlo. Non condanna il mondo, ma gli offre la possibilità della vita eterna. La condizione è una sola: credere nel Figlio, cioè alzare lo sguardo su colui che, innalzato sulla croce, diventa il serpente di bronzo che salva dalla morte. Questo significa impegnare la propria libertà, uscire allo scoperto non nascondersi nelle tenebre. Gesù con molta delicatezza mette Nicodemo davanti alla sua responsabilità. A lui che è venuto al buio per paura, parla della luce che non si deve temere. Chi commette il male agisce nell’ombra, nasconde il suoi intenti con sotterfugi e inganni. Nicodemo viene richiamato alla necessità di uscire allo scoperto perché Gesù è la Luce. Il giudizio cui il mondo è sottoposto è in realtà un autogidizio, perché è conseguenza di una libera scelta. È un invito a tutti noi a impegnare la nostra libertà, ad accogliere la luce senza nasconderci e senza fare compromessi. Possiamo guardare al Crocifisso ed essere testimoni coraggiosi della salvezza che gratuitamente egli ci dona.

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Gv 3,14-21 In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le su

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