IN RISCATTO PER MOLTI
In quel tempo, 35. si avvicinarono a Gesù Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli:
«Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo».
Il brano evangelico di questa domenica presenta Gesù che sta andando verso Gerusalemme con i discepoli. Annuncia per la terza volta che lo attende la passione e la morte, ma i discepoli non capiscono la portata delle sue parole, anzi Giacomo e Giovanni manifestano la loro preoccupazione di avere il primo posto accanto a lui nella gloria. Sono concentrati sul desiderio di potere, sulla ricerca del prestigio, sulla retribuzione a causa della loro scelta di seguire Cristo.
È penetrata anche in coloro che stanno accanto a Gesù l’ideologia dominante, il sogno di carriera, la bramosia del guadagno, l’arrivismo per avere il primo posto e diventare importante agli occhi degli altri. Dobbiamo stare tutti in guardia perché la ricerca del tornaconto personale non ci allontani da Gesù e dal Suo Vangelo.
“I figli di Zebedeo”: sono chiamati anche “figli del tuono” per il loro carattere focoso.
“Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo”: i discepoli impongono al Maestro le loro esigenze. L’espressione è piuttosto arrogante e sembra scaturire dalla pretesa di ottenere qualche privilegio dal loro essere stati scelti da Gesù a condividere momenti particolari della sua vita: la guarigione della figlia di Giairo, la trasfigurazione e, in seguito, la preghiera nel Getsemani… Il tono della domanda richiama la promessa di Erode alla figlia di Erodiade: “Il re disse alla ragazza: “Chiedimi quello che vuoi e te lo darò”” (Marco 6,22).
Rischiamo di essere anche noi come Giacomo e Giovanni quando pretendiamo che Dio faccia quello che vogliamo noi. Nella preghiera dobbiamo chiedere la grazia di volere quello che vuole Lui. Egli è il solo che sa qual è il nostro vero bene!
- Egli disse loro: «Che cosa volete che io faccia per voi?».
Gesù risponde alla maniera ebraica: non dà direttamente la risposta, ma sonda il terreno per capire le intenzioni dei discepoli che lo interpellano.
Similmente si rivolgerà anche al cieco Bartimeo: “Cosa vuoi che io faccia per te?”.
I due discepoli dimostrano di essere spinti dall’egoismo più che dall’amore per il prossimo, dalla ricerca di se stessi più che da quella di Dio soltanto.
- Gli risposero: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra».
Questo versetto è stato interpretato in due modi: a) i discepoli Giacomo e Giovanni volevano essere i primi collaboratori di Gesù nel momento dell’instaurazione del suo Regno, diventare, cioè dei primi ministri del re; b) chiedono di avere i primi posti al momento del giudizio delle nazioni alla fine dei tempi, forse colpiti dalla trasfigurazione di Gesù alla quale avevano assistito.
Al di là delle due possibili interpretazioni, di sicuro cercano la gloria facile, senza dover passare attraverso la croce e la passione. Cercano il posto sicuro che permetta una posizione di prestigio, una tranquillità economica che assicuri loro il futuro. Gesù offre l’insicurezza, la precarietà, l’umiliazione, il sacrificio di sé insieme con la vita eterna che inizia, già ora, nella comunione con Lui.
“Nella tua gloria”: il termine “gloria” in ebraico significa “peso” ed è sinonimo di Dio, che ci ricolma del “peso” del suo amore. I discepoli chiedono la gloria umana, mentre la gloria di Gesù è il suo innalzamento sulla croce, segno del più grande amore possibile: il Creatore che dà la vita per la creatura.
“Uno alla tua destra e l’altro alla sinistra”: i discepoli chiedono i primi posti di onore che venivano riservati ai ministri del re. Sul Golgota, invece, alla sinistra e alla destra di Gesù, ci saranno due malfattori inchiodati alle loro croci. I discepoli l’hanno abbandonato, ad eccezione di Giovanni.
- Gesù disse loro: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?».
I discepoli non capiscono, ma sono chiamati a compiere un cammino di apertura alla grazia.
Calice: Dio offre al singolo un calice che deve essere svuotato. L’immagine del calice è utilizzata come simmbolo del destino, che può essere buono o cattivo. È collegato al sacrificio e alla passione del martire, quindi di Gesù, che soffre al posto dei peccatori.
Battesimo: ha significato simile a quello del calice e indica l’inondazione e le avversità che rischiano di travolgere la persona. Gesù viene immerso nel dolore della passione e della croce.
Calice e battesimo insieme indicano la morte e la sofferenza che Gesù sta per affrontare. Chi vuole seguire Gesù deve passare per la passione e la morte. Non c’è carrierismo nel Regno di Dio, ma solo partecipazione alle sofferenze di Cristo per la salvezza del mondo. Gesù, pertanto, libera i suoi discepoli da tutti i possibili sogni di gloria. La gioia nasce dall’offerta di sé fatta per amore.
- Gli risposero: «Lo possiamo». E Gesù disse loro: «Il calice che io bevo, anche voi lo berrete, e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati.
“Lo possiamo”: Giacomo e Giovanni dimostrano presunzione e baldanza nella loro risposta a Gesù. Non ammettono la loro finitezza. Entrambi, tuttavia, saranno fedeli fino in fondo a Gesù. Marco lo sapeva bene quando scriveva il suo Vangelo, perché secondo gli Atti degli Apostoli, Giacomo era già stato ucciso per la fede e Giovanni stava subendo persecuzione.
- Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato».
Non tocca a Gesù distribuire promozioni per coloro che lo seguono. Non dobbiamo seguire Cristo allo scopo di ricevere ricompense. Dobbiamo offrire la vita per puro amore. Il nostro distintivo di discepoli è la sequela fino alla croce.
- Gli altri dieci, avendo sentito, cominciarono a indignarsi con Giacomo e
Giacomo e Giovanni vengono redarguiti dai loro compagni, perché osano palesare le loro ambizioni, ma sotto sotto c’era anche nei loro compagni il desiderio di emergere.
Cristo ha il coraggio di soffrire e di morire per noi che abbiamo il cuore pieno di tendenze cattive. Con il suo sacrificio ci toglie il cuore di pietra e ci dona il cuore di carne.
- Allora Gesù li chiamò a sé e disse loro: “Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le
Gesù fa avvicinare a sé i discepoli, nell’atteggiamento di una persona che deve dire qualche cosa di molto importante. Il vero sovrano che governa il mondo è Dio, non i capi dei popoli, che, in realtà, sono dei tiranni, come, ad esempio, Nerone di cui i destinatari del vangelo di Marco conoscevano bene i soprusi e il terrore che incuteva con le sue pazzie.
Impariamo a non asservirci degli altri per primeggiare, a non voler esercitare il potere su di loro. Se anche fossimo insigniti di un ruolo di prestigio, ricordiamoci che è finalizzato a un servizio alla comunità e non certo per ottenere privilegi e onori, che sono passeggeri, come bolle di sapone.
- Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, 44. e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti.
All’interno delle comunità di Marco vi erano tensioni tra i convertiti provenienti da classi agiate e gli schiavi che avevano abbracciato la fede. Il messaggio invita a servire i fratelli con spirito di totale dedizione, senza riserve e senza considerarsi migliori degli altri.
Chiediamo a Dio la grandezza d’animo di piegarci alle cose umili e al servizio nascosto, gratuito. Il nostro primeggiare sarà nel bene, nel dono, nell’esempio di una vita offerta per amore. Questa è la vera libertà del cristiano, che Cristo ci ha insegnato per primo.
- Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».
In questa frase Gesù fa la sintesi della sua vita e della sua missione. È il più grande di tutti eppure si è fatto il più piccolo, il servitore di tutti, il redentore di tutti. Lui paga al posto di tutti. Lui libera ogni uomo del passato, del presente, del futuro. Il suo unico sacrificio libera ogni uomo dal peccato. La morte non prevarrà e non dirà l’ultima parola.
Lui si fa servo perché non abbiamo paura di Dio. Gesù offre spontaneamente la sua vita, non attende che gli venga tolta, diversamente dal servo sofferente del cantico di Isaia (53,10-12), che subisce l’uccisione.
“Riscatto” viene dal greco lytron. Indica la somma di denaro che veniva versata per riscattare una persona divenuta schiava per debiti, oppure fatta prigioniera di guerra. Gesù con la sua vita paga lui in persona al posto di molti che sono prigionieri del peccato e della morte.
“Molti”: indica l’insieme di tutte le genti della terra (cfr. 1Timoteo 2,6). È un termine che nell’ebraismo vuol dire “moltitudini, tutti” e richiama il profeta Isaia 53,10-12.
Chiediamo la grazia di seguire Cristo, il nostro Signore e Maestro, anche quando comporta soffrire insieme con lui e partecipare alla sua redenzione, superando la smania di potere, di superiorità, di carriera. L’ambizione di raggiungere i primi posti ci impedisce di servire con amore i fratelli che abbiamo accanto. La regola del Regno di Dio è l’amore che si fa servizio, donazione, offerta della propria vita.
Leghiamoci ai fianchi il grembiule del servizio: saremo così identificati con il nostro Signore che si è fatto primo mettendosi all’ultimo posto, facendosi servo: donato, annientato, risorto e glorioso.
Suor Emanuela Biasiolo delle Piccole Suore della Sacra Famiglia